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OMELIA XII DOMENICA T. ORD. - ANNO B - (Mc 4,35-41)
Perché avete paura? Non avete ancora fede?
di Giacomo Biffi

Mettiamoci prima di tutto in ascolto di ciò che ha da dirci la parola di Dio che è stata proclamata. La grande protagonista delle letture di questa messa sembra essere la tempesta: la tempesta che ha colpito anche i discepoli di Gesù, fino a gettarli nel terrore di perdere la vita; la tempesta, di cui il Libro di Giobbe ci ha detto che fa sempre parte di un piano di Dio e non sfugge mai al suo controllo; la tempesta che presto o tardi si abbatte su ogni esistenza. La vita dell'uomo può essere paragonata a una navigazione: se ne conosce il porto di partenza, ma, agli occhi corporei, l'approdo è sempre ignoto. L'uomo sa dove e come ha cominciato la sua strada nel mondo, ma a una considerazione puramente naturale non sa dove e come andrà a finire. Solo la conoscenza di fede ci dice che il nostro pellegrinaggio si concluderà nella casa del Padre. Ma anche come sarà il viaggio non ci è dato di sapere in anticipo. Tutti sperano in un mare costantemente tranquillo: il ragazzo che è all'inizio della vita e principia a guardare davanti a sé; la fanciulla che è sbocciata da poco al sole della sua fresca primavera; gli sposi che hanno appena costituito la loro nuova famiglia: tutti sperano in una esistenza serena, lieta, senza tempeste. È una speranza naturale, umana, comprensibile; ed è anche l'augurio che noi formuliamo per tutti. Ma è facile prevedere che le cose comunque non andranno così: prima o poi arriva per tutti il tempo della prova e del mare agitato. Ed è saggezza persuadersene prima: così non si corre il pericolo di smarrirsi e di perdere la fede quando arrivano i guai. Da che mondo è mondo, nessuno ha mai potuto evitare i momenti difficili; all'uomo è dato solo di prepararsi ad affrontarli bene, con animo forte, nella certezza che il Signore, anche quando sembra dormire, non abbandona i suoi e non li lascia travolgere dall'uragano. Ed è proprio l'insegnamento della pagina di Vangelo che abbiamo ascoltato.

LA PROVA DELLA FEDE IN VISTA DI UNA GIOIA PIU' VERA
Riflettiamo soprattutto sul comportamento di Gesù in questo episodio.
Verso sera Gesù dice: Passiamo all'altra riva. È lui che propone la traversata notturna, è lui che li conduce diritti incontro alla tempesta. Se non fosse stato per lui, sarebbero rimasti al sicuro, lontani da ogni pericolo. Il Signore ci conduce per strade sue, che non sono sempre di tutto riposo, che anzi molte volte ci sconcertano. È una guida imprevedibile; ma è la guida vera. Aver fede significa anche affidarsi a lui, senza resistenze interiori, senza tentativi di frammischiare i nostri ai suoi progetti, persuasi che lui più di noi conosce e desidera il nostro vero bene.
E quando la tempesta si scatena, Gesù dorme. I suoi lottano per sopravvivere, sono sull'orlo della disperazione, e Gesù dorme. L'acqua ha invaso la barca, la fine sembra vicina, e Gesù dorme. Il sonno del Signore durante le nostre tempeste è un mistero che va ben meditato. Pare disinteresse, ed è desiderio di provare e di rendere più viva la nostra fede. Sembra indifferenza di fronte alle nostre pene, ed è un modo più alto di manifestare l'amore. L'amore per noi del Signore che dorme, mentre il male spadroneggia sul mondo, è la cosa più difficile da capire ed è la cosa più importante da credere, se non vogliamo far naufragio sul serio, vittime della nostra poca fiducia; se non vogliamo sentire anche noi, quando tutto si sarà acquietato, il rimprovero di Gesù: Perché siete così paurosi? Ma non avete ancora fede?
A un certo momento però Gesù si ridesta, non resta estraneo fino alla fine alla pena e alla difficoltà dei suoi amici. Quando si sveglia si preoccupa di due cose: fa cessare il vento e pacifica il mare, dimostrandosi così il Signore del cielo e della terra, colui che si è voluto sì sottomettere alle tempeste della storia, ma non se ne lascia mai travolgere; e poi cerca di verificare e ravvivare la fede. Raccogliamo qui l'invito, nelle vicende della vita, a credere nella potenza del Figlio di Dio. È sempre lui il più forte, anche quando sembra inerte, debole, quasi arreso e soffocato da tutti i clamori e da tutte le prepotenze che imperversano nel mondo. Che è anche l'invito a fidarci di lui e a ricorrere a lui, come hanno fatto gli apostoli, che pur nel momento più drammatico non hanno esitato a rivolgersi a lui con una parola implorante: Maestro, non ti importa che moriamo? Anche nell'ora dell'ansia e dello smarrimento, dobbiamo riporre in lui ogni nostra speranza, perché noi sappiamo che il Signore non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararcene una più certa e più vera.

Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.

ALTRA OMELIA XII DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Mc 4,35-41)
da Maranathà
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Fonte: Stilli come rugiada il mio dire