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INTERVISTA A DON LINO: ''COSI' HO CACCIATO GLI AGENTI CHE HANNO PROFANATO LA MESSA''
L'irruzione in chiesa, la telefonata del sindaco, il carabiniere sull'altare e la gente mandata fuori... alla fine sono rimasti in 2 (VIDEO INTEGRALE: Il sacrilegio e la riparazione)
di Andrea Zambrano
 

Il video che lo ritrae commuove e dà forza: un prete anziano, don Lino Viola che si fa coraggio e caccia letteralmente il carabiniere salito sull'altare per notificargli la multa da 270 euro per inosservanza del decreto del Governo e farlo parlare col sindaco al telefono. «Io sto dicendo Messa, non adesso», ripete più volte alle forze dell'ordine davanti all'altare, proprio mentre sta iniziando la preghiera di consacrazione: «Non rispondo al sindaco, sto celebrando la Messa». L'agente si allontana e il don, sconvolto, riprende con l'Orate fratres: «Pregate fratelli e sorelle perché questo mio e vostro sacrificio...». [Guarda il video, clicca qui!]
Dovevamo arrivare a questa umiliazione? Ma forse questo servirà a svegliare qualche vescovo che pensa ancora di risolvere tutto con le trattative col Governo. E farà vergognare qualcuno dalle parti di Palazzo Chigi, come il presidente del Consiglio perché se succedono da due mesi queste scene da Cina comunista la responsabilità politica è principalmente di Giuseppe Conte e delle forze politiche che lo sostengono, Pd, Italia Viva e Cinque Stelle che in queste settimane sulle incursioni poliziesche sono state zitte. Scene da un Paese che perseguita i cristiani di cui bisognerà farsi carico.
Però non succede in Cina, ma in provincia di Cremona. A Soncino, una delle zone a più alta intensità da Covid. È qui, nella frazione di Gallignano, chiesa di San Pietro Apostolo che don Lino Viola ha incontrato il suo destino.
Ora i giornali raccontano l'episodio con quel compiacimento folkloristico tipico delle storie da strapaese, ma il breve video diventato virale in queste ore condensa il dramma e la rinascita spirituale di un paese: l'irruzione degli agenti e una Chiesa che non si sottomette, ma mette in campo i suoi uomini migliori: i preti ultraottantenni, quelli definiti anziani, ma a differenza di tanti don Chichì moderni, hanno ancora fede solida, sanno cosa succede sull'altare, e palle d'acciaio e cuore d'oro per nostro Signore.
Troviamo don Lino alle undici di sera, al termine di una giornata passata tra la caserma delle forze dell'ordine e l'ufficio del sindaco.
Don Lino, amareggiato?
Molto. Guardi, in 80 anni e 55 di messa non mi era mai accaduta una cosa del genere. Lo sa che cosa mi hanno detto quando sono andato al comando?
Cosa?
«Ma io non so neanche che cos'è la consacrazione?». Capisce? Allora io ho detto al maresciallo: «Ma come? Mandate nelle chiese degli agenti che non sanno neanche che cos'è una Messa».
Forse lo fanno apposta. Quelli che sanno che cos'è la Messa si ribellerebbero...
Ma non lo so... io sono soltanto molto amareggiato. È dal Giovedì Santo che celebro in queste condizioni, ho celebrato a Pasqua sempre con queste persone: 7 persone in tutto: chi aiuta sull'altare, chi legge, chi canta e suona, chi fa il video.
Ma stavolta le contestano un assembramento...
Assembramento? Eravamo in 13 e lo sa perché?
Perché?
Perché c'erano sei persone in più - dico sei! -, famigliari di persone morte di Coronavirus per le quali si stava celebrando la Messa.
E per la legge non dovevano esserci...
Ma come avrei fatto, santa pazienza, a cacciarle? C'era un parrocchiano che ha appena perso la mamma e non ha potuto neanche farle il funerale. Mi dice con che coraggio lo caccio di chiesa?
No, in effetti, non si può...
E non si può no. Eravamo in 13 in tutto, ora adesso voglio scrivere al prefetto. Nel verbale c'è scritto che si è radunato il popolo. 13 persone sono un popolo? Su una chiesa di 300 metri quadri di cui sette autorizzate, tra l'altro? E tutti con guanti e mascherina, si badi bene. Abbiamo i video che lo provano.
Ci racconti cosa è accaduto.
Allora, io non me la sono sentita di mandarle via. Ho iniziato la Messa, tutti a distanza. Mentre facevo l'omelia entrano due della Protezione civile con le forze dell'ordine. Urlano: «La funzione è sospesa».
E lei?
Sono andato avanti senza rispondere. Poi arriva la domestica.
La domestica?
La domestica, che mi porta il cordless: «È il sindaco», dice. E io le dico di riattaccare perché sto dicendo messa. Poi il sindaco si sarebbe scusato perché dice che non sapeva che stavo dicendo Messa. Ma vabbè.
Ma nel video si vede un carabiniere che sale sul presbiterio...
Appunto, mi porge il telefono col sindaco, poi mi mostra il documento del 25 marzo del Viminale che si figuri, io avevo le mani sulle offerte. E succede quel che succede, gli dico di non interrompere la Messa, dopo un po' di insistenza se ne va.
Roba da Cina...
Mi è venuto un colpo al cuore, ma non è mica finita qui sa?
No?
No. Dopo hanno fatto la "malora" (il pandemonio, ndr). Le dico solo che abbiamo finito la Messa in due. In due l'abbiamo finita. Le sembra una cosa degna? Una profanazione, un pandemonio del genere nella casa del Signore?
Che cosa ha fatto dopo la Messa?
Ho telefonato al sindaco e poi sono andato in caserma. Hanno scritto che c'era presenza di molta gente, ma io voglio andare fin dal Prefetto e voglio chiedergli se 13 persone sono molta gente. Gli farò vedere il video girato dai ragazzi della parrocchia presenti.
Pagherà la multa?
Se la dovrò pagare, la pagherò, ma non è questo il problema.
Qual è?
La profanazione di Nostro Signore. Nessuno può dissacrare così la Messa, nessuno neanche le forze dell'ordine. E ho dovuto dire basta.
E il vescovo che dice?
L'ho chiamato e gli ho detto come stavano le cose.
E lui?
Mah... niente, solo mi ha detto che le porte della chiesa erano aperte. Ma io gli ho risposto che non c'è nessun decreto che imponga di chiudere le porte della chiesa. E poi - scusi - ma la chiesa non è un reparto Covid che deve stare chiuso. La chiesa è abitata non da un morto, ma da un vivo che ha vinto la morte. Cosa si credono questi qua?

Nota di BastaBugie: è clamoroso quello che sta accadendo in diverse parti d'Italia. La caccia alle streghe al grido di "Dagli all'untore!" prosegue indisturbata. Eppure l'articolo 7 della Costituzione Italiana dichiara che lo Stato e la Chiesa Cattolica sono "indipendenti e sovrani", e all'art. 19. stabilisce che "Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume".
In Italia, poi sono in vigore i Patti Lateranensi, aggiornati con gli Accordi di Villa Madama del 1985 - un trattato internazionale tra lo Stato e la Chiesa gerarchicamente parificabile alla Costituzione e sovraordinato alla legge e agli atti amministrativi governativi - che all'art. 2 stabiliscono: "La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica".
Violare il pubblico esercizio del culto è molto grave e deve spingere i vescovi a proteggere i sacerdoti e i fedeli nell'esercizio di un loro diritto naturale: lodare pubblicamente il Dio vivo e vero.

VIDEO INTEGRALE: IL SACRILEGIO E LA RIPARAZIONE
Nel seguente video (durata: 6 minuti) dal titolo "Atto di riparazione per il gesto sacrilego del carabiniere che ha interrotto la Santa Messa" si vede l'irruzione all'omelia, la telefonata del sindaco, il carabiniere sull'altare, ma anche l'atto di riparazione di don Lino al sacrilegio compiuto.


https://www.youtube.com/watch?v=gle3xQCoYlY

LA MESSA INTERROTTA, TRA REATO E ABUSO DI POTERE

L'autore dell'intervista a don Lino, Andrea Zambrano, nell'articolo seguente dal titolo "Messa interrotta, tra reato e abuso di potere: ma il vescovo scarica don Lino" spiega perché l'interruzione della Messa è legittima solo in casi di urgente necessità, ad esempio fermare un omicidio, non per notificare una multa.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 aprile 2020:
Il caso lo ha risolto lo stesso don Lino Viola: «È abuso di potere». Più chiaro di così si muore, eppure il sacerdote che ha stoppato il carabiniere salito sull'altare per interrompere la Messa a Soncino (CR), sta passando lui per furfante della peggior specie. Per alcuni giornali, ad esempio, i quali ribaltano la frittata dicendo che è il prete a non aver ascoltato l'autorità e non invece il carabiniere a interrompere - sacrilegamente - la Messa. Ma anche per il vescovo di Cremona Antonio Napolioni che in una nota stampa lo ha letteralmente scaricato dandogli la responsabilità del misfatto.
E come se non bastasse anche per gli stessi Carabinieri che ieri hanno difeso l'operato dei loro militari.
L'ARMA SI DIFENDE
«I Carabinieri hanno fatto quello che dovevano fare», spiega alla Nuova BQ il Maggiore Lorenzo Carlo Maria Repetto, comandante provinciale dell'Arma a Cremona. «Sono state sanzionate delle persone le quali hanno la facoltà di ricorrere nei modi di legge». Ma il fatto rischia di avere conseguenze e non solo perché don Lino ieri ha espresso la volontà di ricorrere al Prefetto contro il provvedimento. A cominciare dal fatto che un'interruzione della Messa c'è stata e questa potrebbe costituire un reato.
«Discutibile - precisa il Maggiore Repetto - forse che se dovessi impedire un omicidio in chiesa non potrei entrare? È evidente che ci sono circostanze in cui si possono interrompere le Messe».
Per la verità, la questione non è così automatica. La turbatio sacrorum è disciplinata dall'articolo 405 del codice penale e prevede due anni di reclusione per chi turba o impedisce una funzione religiosa alla presenza di un ministro di culto ed è un reato procedibile d'ufficio.
Il punto è stabilire se vi sia stato davvero un turbamento/interruzione e se questo caso rientrasse nei pieni poteri dei carabinieri.
1) MESSA TURBATA
Sul primo punto è evidente che un turbamento sia avvenuto. Il secondo video comparso ieri al momento dell'omelia mostra chiaramente il carabiniere mettersi di fronte al presbiterio e intimare nell'ordine la sospensione della Messa, l'uscita dei fedeli e la ripresa della celebrazione con la sola presidenza del sacerdote e del «chierichetto». Ma don Lino gli ha resistito parlando di «abuso di potere».
A quel punto, all'Orate fratres (dopo l'Offertorio) il carabiniere è salito in presbiterio, ma prima c'era stata anche l'incursione della perpetua con il telefono e il sindaco dall'altra parte. È evidente che un'interruzione c'è stata così come una turbativa, la quale si determina a norma di legge anche con il solo distogliere l'attenzione dei fedeli denigrando la figura del sacerdote.
2) NESSUNA URGENTE NECESSITA'
D'accordo, ma il Maggiore ha giustificato l'intervento dei suoi sottoposti. E qui entra in gioco il secondo tema e cioè se l'irruzione in chiesa fosse giustificata. L'esempio dell'omicidio non può essere preso a modello in questo caso perché questo è un reato mentre, a partire dal 25 marzo, l'eventuale violazione delle prescrizioni del governo è una semplice violazione amministrativa: equiparare le due cose è errato dal punto di vista giuridico, oltre che piuttosto grottesco. Ma c'è di più: l'articolo 5, comma 2 dell'accordo tra Santa Sede e Repubblica Italiana, che modifica le norme del Concordato dice che «salvo casi di urgente necessità, «la forza pubblica non potrà entrare per l'esercizio delle sue funzioni negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all'autorità ecclesiastica».
Si badi bene: qui si parla della sola entrata, per la quale deve essere informato il vescovo. Ma il vescovo non è stato informato.
Un altro elemento che può far cadere il principio dell'urgente necessità è il fatto che il carabiniere volesse passare la telefonata del sindaco a don Lino, che poi il prete ha rifiutato. Che cosa c'entra? Perché i carabinieri dovrebbero avere il compito di favorire la telefonata tra il sindaco e il parroco? Anche fosse urgente la notifica della violazione, sarebbero comunque scattati i 90 giorni di tempo.
LA CHIESA COME IL BINGO?
Ma che il fatto sia giuridicamente chiaro lo dimostra il decreto legge n. 19 del 25 marzo che non permette l'interruzione di una cerimonia; prevede la chiusura di attività commerciali (cinema, sale giochi, sale scommesse, negozi, fiere) aperte nonostante i divieti. Ma le chiese non sono sale bingo.
Insomma: se reato c'è stato, questi è stato un reato di turbamento di cerimonie religiose (procedibile d'ufficio) da parte di Carabinieri che, entrati in chiesa come Forza pubblica senza avere avvisato l'autorità ecclesiastica e senza che ve ne fosse necessità urgente, hanno tentato di interrompere la cerimonia e l'hanno comunque turbata senza alcuna giustificazione. Le norme dettate per l'emergenza Coronavirus infatti, non permettevano questo turbamento, né permettono affatto di impedire la celebrazione delle cerimonie religiose.
APPOGGI LEGALI PER DON LINO, MA IL VESCOVO LO SCARICA
Resta da vedere poi se don Lino fosse a sua volta responsabile di una violazione, celebrando con le porte aperte e vedendosi entrare in chiesa dei fedeli non autorizzati. Difficile dimostrare una sua colpa dato che il parroco non è responsabile della condotta delle persone, le quali, tra l'altro, erano tutte a distanza e con mascherina. Oltre che in un numero davvero esiguo per giustificare quello che don Lino ha chiamato «un pandemonio». Per il resto vale sempre il buonsenso. Si trattava di sei persone in più rispetto all'autorizzato in una chiesa di 300mq.
Ora il parroco dovrà ricorrere al Prefetto cercando di far valere le sue ragioni per non pagare la sanzione, ben sapendo però che, mentre diversi avvocati si stanno facendo vivi per offrirgli appoggio legale, gli verrà a mancare forse l'appoggio istituzionale più importante: quello del suo vescovo.
Il vescovo di Cremona ieri pomeriggio ha preso posizione scaricando l'anziano sacerdote al suo destino: «La Diocesi di Cremona, pur consapevole dell'intima sofferenza e del profondo disagio di tanti presbiteri e fedeli per la forzata e prolungata privazione dell'Eucaristia, non può non sottolineare con dispiacere che il comportamento del parroco è in contraddizione con le norme civili e le indicazioni canoniche che ormai da diverse settimane condizionano la vita liturgica e sacramentale della Chiesa in Italia e della nostra Chiesa cremonese».
La nota del vescovo è stata subito rilanciata da Avvenire, l'organo dei vescovi, che non aveva nemmeno raccontato la vicenda il giorno prima. Nessun accenno all'irruzione sacrilega - e illegittima - dell'Arma in chiesa. Nessuna presa di distanza e nessuna difesa d'ufficio del sacerdote che ha provato in tutti i modi a difendere prima tutto il Sacramento e la Messa, prim'ancora della sua persona. È così che lo Stato si prenderà sempre più libertà nel porre limiti all'accesso ai luoghi di culto. La persecuzione nei Paesi comunisti è iniziata con molto meno.


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Titolo originale: Così ho detto basta e ho cacciato gli agenti che hanno profanato la chiesa
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-04-2020