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« Torna agli articoli di Andrea Zambrano
Pietro Morotti e Giacomo Spagnoli si sono uniti civilmente l'11 giugno scorso nel Comune di Budrio in provincia di Bologna. Giusto il tempo della classica foto all'uscita del Municipio e il tradizionale lancio del riso che per i due si sono spalancate le porte della chiesa di San Lorenzo, la quale è proprio di fronte, dall'altra parte della piazza.
Così, come un allegro e rustico corteo, gli invitati e i due "sposini" sono entrati in chiesa dove li attendevano un nutrito stuolo di sacerdoti preparati per la messa. Casula rossa, memoria di San Barnaba martire.
Il celebrante, in particolare, è don Gabriele Davalli, parroco nella vicina Vedrara, il quale conosce i due e li segue nel gruppo "in cammino" rivolto ai cattolici cosiddetti Lgbt, ma tra i vari incarichi che ha in diocesi a Bologna ha anche quello di responsabile della pastorale familiare. Non deve essere un problema, evidentemente, occuparsi della famiglia naturale così come la Chiesa la promuove e la sostiene e le famiglie cosiddette arcobaleno.
Una volta in chiesa, per Pietro e Giacomo, i genitori, i parenti e gli amici è iniziata una seconda cerimonia, dopo il sì appena pronunciato davanti al pubblico ufficiale. Una Messa. Una Messa nella quale i due - omosessuali dichiarati - sono stati festeggiati anche dalla Chiesa. C'era tutto l'armamentario tipico dei matrimoni: i fiori, l'abito delle grandi occasioni, i canti, il fotografo e i due "sposini" in prima fila perché, in fondo, erano loro i due protagonisti.
«Si è trattato di una benedizione di due uomini appena uniti civilmente - spiega alla Bussola padre Antonio Bai, parroco della chiesa di Budrio -, d'altra parte una benedizione non si nega a nessuno, no?». Ma come è possibile? Soprattutto dopo che la Congregazione della Dottrina della Fede su queste cerimonie spinte dalla chiesa catto protestante tedesca era stata chiara? «Io, non so. Dovete chiedere al celebrante».
RESPONSUM VIOLATO
Così, per non far sembrare la cosa una aperta violazione delle leggi della Chiesa, che proibisce le benedizioni alle coppie gay e lo fa con un responsum molto chiaro, i sacerdoti si sono inventati infatti una Messa di ringraziamento.
Ringraziamento per l'unione civile appena fatta nella quale due uomini si uniscono in una coppia? «Ogni messa è un ringraziamento, è nell'etimologia della parola stessa», esordisce don Davalli al telefono con la Bussola. E dunque, i due per che cosa hanno detto grazie? «Se si riferisce ai due ragazzi, Giacomo e Pietro, che hanno fatto l'unione civile, hanno partecipato come tutte le persone che erano in chiesa».
Le cose non sono proprio andate così: ad un certo punto, dopo la comunione, i due sono saliti sull'altare dove il sacerdote ha consegnato loro un grembiule. «La consegna di questo grembiule ha significato che questi due ragazzi sono ragazzi che in questi anni hanno da sempre servito il gruppo in cammino con il servizio di coordinamento e accoglienza, non è stato un gesto liturgico».
Insomma, il sacerdote cerca di normalizzare, ma quella andata in scena, mascherata da una tautologia come Messa di ringraziamento, è stata una benedizione di una unione civile di due omosessuali.
Che poi l'obiettivo della benedizione fosse chiaro fin da subito, del resto, lo prova un video del 2021 con 2400 visualizzazioni su Youtube nel quale Pietro e Giacomo si mettono letteralmente a nudo raccontando del loro innamoramento e del loro percorso dentro la Chiesa, notando tra l'altro come «Le risposte del Catechismo non erano esaustive per la nostra vita» e - parafrasando San Pietro col centurione pagano da battezzare - in fondo «lo Spirito già benedice questa unione». Il titolo dato al filmato, di qualità elevata, è The Greatest blessing, la "benedizione più grande". Che sarebbe poi quella di Dio, il Quale benedice già le scelte dei suoi figli omosessuali che sono inseriti in una comunità di cattolici e che la Chiesa deve accettare.
UN VIDEO ZUCCHEROSO PRESENTA UNA FAMIGLIA "NORMALE"
Il filmato però vede protagonisti soltanto Pietro e Giacomo che si presentano come una coppia con tanto di divisione dei ruoli. Uno di loro, ad esempio, si presenta in cucina col grembiule (aridaje) intento a fare i tortellini, che a Bologna è un rito sacro, riservato alle nonne e che si tramanda di generazione in generazione di madre in figlia, dalla cottura del pesto alla chiusura del "cappelletto" con la maestria che si conviene a una vera e propria rezdora. Insomma, il video, di per sé è un concentrato di luoghi comuni e messaggi, orientato ad ottenere una benedizione della Chiesa per un'unione che il Catechismo - ancora lui! - definisce non secondo la natura.
Con l'aiuto di preti compiacenti, la missione è compiuta e anche in Italia cominciamo a vedere questo tipo di benedizioni, pur con l'ipocrita foglia di fico della "Messa di ringraziamento", che è un modo per aggirare la legge di Dio e prendersi gioco della Chiesa stessa.
E l'arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi era al corrente di tutto questo? «Sì, l'ho informato io», taglia corto don Davalli.
Dunque, a Bologna va in scena una benedizione di una coppia gay appena unita civilmente e la benedizione pubblica si svolge nella diocesi del neopresidente della Cei.
L'obiettivo, però, a detta di tutti è normalizzare, appianare, far presagire che non c'è nessuno strappo col passato, nessuna violazione: «Non abbiamo fatto altro che pregare - ha aggiunto don Maurizio Mattarelli, un altro prete bolognese che segue da vicino altre coppie omo e che era presente in San Lorenzo assieme ad altri preti -. Abbiamo pregato per il dono dell'amore e della fede».
Di che amore e di che fede si stia parlando, però, non è dato sapere.
Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo seguente dal titolo "Uno tsunami Lgbt sta travolgendo la Chiesa" parla del moltiplicarsi di eventi di promozione Lgbt, mentre da Roma prosegue il silenzio.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 17 giugno 2022:
Quello che si sta abbattendo sulla Chiesa ormai è un vero e proprio tsunami Lgbt. Scrivevamo qualche giorno fa che «non passa settimana e a volte giorno, che non ci sia una qualche iniziativa omosessualista nella Chiesa»: eravamo troppo ottimisti, in realtà negli ultimi giorni è stato un moltiplicarsi di eventi di promozione Lgbt. Proviamo a citare i casi più clamorosi, dopo la benedizione della coppia gay a Bologna. [...]
In Germania, 300 francescani della provincia di Santa Elisabetta hanno eletto come nuovo superiore padre Markus Fuhrmann, appena poche settimane dopo che quest'ultimo si era pubblicamente dichiarato omosessuale. Dunque non si tratta di un caso isolato, ma di una intera provincia francescana che trova l'omosessualità come un punto di merito, voglia di «innovazione nella Chiesa», come ha detto padre Fuhrmann, che ovviamente è favorevole all'abolizione del celibato sacerdotale e all'ordinazione delle donne. Interessante questa dichiarazione del nuovo provinciale dei francescani a proposito del suo coming out: «Se io stesso sono gay, allora voglio dimostrare che posso essere parte della Chiesa in questo ministero. Questo è importante perché per la Chiesa non dovrebbe essere così. Purtroppo c'è troppa ipocrisia istituzionale nella Chiesa». Quello che emerge da queste parole è che siamo di fronte a un vero e proprio lavoro di infiltrazione: si entra nei seminari e negli ordini religiosi celando la propria omosessualità (ammesso che non si entri in luoghi di formazione già corrotti) con l'obiettivo di cambiare la dottrina della Chiesa, ridurla a pura istituzione umana.
Scendiamo un po' più giù, in Svizzera, diocesi di Coira per l'esattezza: riferisce il sito rossoporpora.org che qui il vescovo Joseph Maria Bonnemain ha varato un codice anti-abusi che tutti i preti e quanti lavorano per la diocesi hanno l'obbligo di firmare. Nel lungo documento c'è una sezione che già dal titolo è tutta un programma: «Come rispettare l'autodeterminazione sessuale?». Ed ecco le risposte: «Io rinuncio a valutazioni globalmente negative su pretesi comportamenti non biblici in materia di orientamento sessuale»; «Riconosco i diritti sessuali come diritti umani, in particolare il diritto all'autodeterminazione sessuale». «Nei colloqui pastorali non parlo spontaneamente di temi legati alla sessualità». «Tralascio qualsiasi forma di discriminazione fondata su orientamento sessuale o identità».
Un bel "liberi tutti" che qualcuno in diocesi non ha preso bene, e 44 sacerdoti (su circa 500 presenti in diocesi) hanno firmato una petizione per chiedere al vescovo che ritiri il codice e convochi una commissione per rivedere queste parti del testo. «Ci duole molto - scrivono nella petizione - che il vescovo diocesano abbia offerto la possibilità all'ideologia Lgbt di impiantarsi nella Chiesa sotto la copertura pretestuosa della prevenzione degli abusi, così da espellerne l'insegnamento di fede».
Il vescovo ha già risposto picche con una lettera il 14 giugno in cui pretende che tutti firmino il documento perché i passaggi contestati del Codice sono in sintonia con l'insegnamento della Chiesa. Monsignor Bonnemain evidentemente ha le idee un po' confuse sull'insegnamento della Chiesa visto che da nessuna parte del Magistero si parla di orientamenti sessuali, men che meno di autodeterminazione sessuale. Oppure non ce le ha confuse, semplicemente usa la seconda strategia per cambiare la dottrina della Chiesa: farlo facendo finta di rispettarla. In compenso commette anche un inaudito abuso di potere, vincolando il servizio alla diocesi a una ideologia.
C'è anche una terza modalità per affermare il vangelo Lgbt: rileggere le Scritture e la Tradizione alla luce della nuova ideologia religiosa. Così che miracolosamente tutta la storia della Chiesa parla di come non ci sia nulla di male nell'omosessualità, e anzi, tante figure bibliche incarnano la realtà Lgbt. Maestro in questa manipolazione è il celeberrimo padre James Martin, gesuita americano che ha avuto anche l'onore di essere invitato come relatore all'Incontro mondiale delle Famiglie a Dublino nel 2018. E infatti proprio in questi giorni ha scritto un articolo per una rivista Lgbtq cattolica, Outreach, in cui spiega la fortunata coincidenza di giugno, mese sia del Sacro Cuore di Gesù, sia dei Gay Pride, due ricorrenze che sarebbero «profondamente complementari». Chi l'avrebbe immaginato? L'affermazione suona un po' blasfema, ma poi dopo aver letto l'articolo si ha proprio la certezza: è blasfema.
Gesù ama, e ama soprattutto coloro che sono ai margini, ci spiega padre Martin, e chi oggi è più ai margini dei gay? Già, praticamente hanno in mano il potere politico mondiale, quello economico e anche il circuito dei media però la narrazione prevede che siano gli emarginati. Insomma, dopo aver fatto una rilettura creativa dei vangeli, padre Martin arriva alla conclusione: il mese del Sacro Cuore «ci mostra come Gesù ha amato», il mese dei Pride invece «ci mostra chi Gesù ci chiama ad amare». Tutti ai Gay Pride allora, con il Sacro Cuore: peccato che finora ai Gay Pride di immagine sacre ne sono state viste, ma solo per bestemmiarle.
Ovviamente i francescani tedeschi non saranno commissariati; nella diocesi di Coira non ci saranno visite apostoliche o richieste di dimissioni; e padre Martin sarà sempre più un teologo ascoltato a Roma. Lo tsunami può solo diventare più violento.
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