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UNA TRAPPOLA SENZA VIA D'USCITA PER GLI ANZIANI
Dopo Bibbiano e Forteto, ecco lo scandalo degli amministratori di sostegno disonesti che chiudono i malcapitati in Rsa dove vengono privati della libertà, degli affetti, dei denari e del diritto di morire a casa loro
di Barbara Pavarotti
 

Centinaia di migliaia di anziani sono costretti a pagarsi la loro morte in Rsa e in "case di riposo" private. Un business spaventoso sulla pelle dei più fragili. In queste strutture ben 100.000 persone sono tuttora sottoposte a contenzione. E quasi tutti hanno un amministratore di sostegno che, per legge, decide tutto al posto dell'anziano, lo priva giuridicamente di ogni diritto e libertà.
Questa figura è stata istituita per legge nel 2004. Nata con le migliori intenzioni - tutelare chi non ce la fa da solo, nel suo esclusivo interesse - è diventata, negli anni, una "camicia di forza". Un'interdizione mascherata. Perché gli amministratori di sostegno non hanno alcun limite al loro potere: gestiscono i conti correnti; vendono beni e proprietà degli amministrati; li ricoverano contro la loro volontà; decidono dove devono vivere e quali cure devono seguire; possono isolarli dal mondo e spezzare legami affettivi decennali. Si sostituiscono agli amministrati in ogni decisione economica e pratica che li riguardi. La volontà degli interessati conta meno di zero, benché la legge dica altro.
Gli amministratori di sostegno vengono nominati dai giudici tutelari dietro istanza, spesso, delle stesse famiglie, che non sanno a cosa vanno incontro. Pensano che possano essere d'aiuto nella gestione del congiunto, invece si ritrovano poi esclusi da ogni scelta. Il loro operato dovrebbe essere controllato dai giudici tutelari, ma la realtà è ben altra. I tutelari hanno troppo da fare e, una volta nominato il "sostegno", ben raramente intervengono.

MUOIONO SOLI
Si arriva al paradosso che l'amministratore di sostegno può non fornire ai figli informazioni sanitarie sul genitore, in quanto "sono dati sensibili che non possono essere rivelati a terzi". È successo a Carla, la cui madre è morta senza che lei potesse sapere quanto fosse grave. Poi c'è il padre di Cristina, che è stato legato al letto per tre mesi solo perché ogni sera preparava il bagaglio per uscire dalla Rsa e voleva a tutti i costi andarsene. È morto.
Muoiono tutti, muoiono soli, fra estranei, col divieto, imposto spesso dall'amministratore di sostegno, di ricevere visite ritenute - a esclusivo arbitrio dell'amministratore - "pericolose". Perché costoro devono sospendere ogni contatto col mondo, altrimenti non si abituano. Nessuno di loro può mai più rivedere la propria casa che, in genere, viene smantellata e monetizzata dall'amministratore di sostegno - col pieno consenso del giudice tutelare - per pagare la retta del luogo di morte. E a moltissimi - appena entrati in Rsa - l'amministratore di sostegno arriva a sequestrare il telefono, in modo che non abbia più possibilità di parlare con nessuno, con la scusa "tanto non lo sa più usare".
I divieti degli amministratore di sostegno, avvalorati spesso col silenzio-assenso dei giudici tutelari, rasentano i "crimini contro l'umanità". [...]
E tutto questo accade per una legge, la numero 6 del 2004, che è quanto di più vago ci sia, quindi si presta a ogni abuso e interpretazione distorta. La legge dice solo che l'amministratore di sostegno «deve fare l'interesse del beneficiario con la minore limitazione possibile». Ma a stabilire questo "interesse" di fatto è una sola persona. Come può un unico individuo decidere il destino di un altro? Quanto alla «minore limitazione possibile», nel corso degli anni, è diventata un bluff.

UNA REALTÀ OSCURA
Gli amministratore di sostegno, col giuramento, diventano pubblici ufficiali, ma abusano del loro potere alla grande, quasi sempre nella totale indifferenza dei giudici tutelari, che non hanno nemmeno un termine per rispondere alle istanze di chi segnala abusi e sopraffazioni. Possono rispondere dopo mesi o mai. E intanto i tutelati, per i quali il tempo è ormai agli sgoccioli, muoiono e il problema finisce.
Questa è una realtà oscura di cui non parla nessuno, perché in ballo ci sono troppi interessi. I media si occupano di casi struggenti, di anziane in fuga dalla Rsa, ma mai osano toccare il problema che c'è dietro: l'amministrazione di sostegno.
Amministrazione data a pioggia quando sei anziano e cominci a sfarfallare. È questa davvero la soluzione giusta per chi invecchia? No. Gli anziani non devono mettere piede nei tribunali, non sono dei criminali. Ogni volta che un anziano viene trascinato in tribunale senza nemmeno capire cosa gli sta accadendo è una sconfitta. Finisce intrappolato in un tunnel giudiziario da cui non uscirà mai. La liberazione è solo con la morte. [...]
Sandro, ricoverato da oltre un anno, dice: «L'amministratore di sostegno mi ha tolto tutto: cellulare, documenti, la mia casa. Non ho un centesimo in tasca e non so più quale sia la mia casa, perché sono rinchiuso, con le sbarre dovunque. Non posso andare in bagno la notte, che dura dodici ore. La devo fare nel pannolone che la struttura mi ha imposto appena entrato. Prima camminavo, ma già dopo due mesi ero in carrozzella, legato. Per la mia sicurezza, hanno detto. Mi danno cibo per vecchi, ho dimenticato odori e sapori che amavo. In un anno ho perso 15 chili. Io volevo solo morire a casa mia, l'amministratore di sostegno me l'ha tolta, smantellata di tutto, e l'ha affittata per pagarmi la mia morte a 2.500 euro al mese».

 
Titolo originale: Voglio morire a casa mia, non rinchiudermi
Fonte: Provita & Famiglia, 5 settembre 2023