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Le cifre sull'aborto sono spesso oggetto di dibattiti e di svariate interpretazioni. Molti infatti si appellano proprio ad esse per sostenere il proprio apprezzamento o meno per l'efficacia della legge 194/1978. Sarà dunque bene una breve analisi dei fatti, prima e dopo la legge 194 in Italia.
Possiamo partire, per una comprensione più ampia, da Bernard Nathanson, il celebre medico americano fondatore a New York della "Lega d'azione per il diritto all'aborto", nel 1968, e direttore, all'epoca, della più grande clinica per aborti del mondo, il Crash. Costui, dopo aver effettuato, tramite i suoi medici, ben 75.000 aborti, di cui 15.000 di sua mano ("ho fatto abortire i figli dei miei amici, colleghi, insegnanti e conoscenti"), ha riveduto le sue posizioni, divenendo un difensore della vita sin dal suo concepimento. Ha così iniziato a raccontare, nei suoi libri e nelle sue conferenze, le tecniche propagandistiche tipiche degli abortisti di tutto il mondo, usate a suo tempo da lui stesso, volte a capovolgere e indirizzare l'opinione pubblica. La modalità principale, racconta nei suoi scritti, era quella di fornire "sondaggi fittizi", nei quali il numero dei favorevoli all'aborto veniva volutamente gonfiato, allo scopo di rendere "normale", accettabile, l'idea stessa dell'aborto: "il pubblico, al quale dicevamo che tanti erano per l'aborto, mutò opinione, e diventò davvero favorevole all'aborto" (Il Foglio, 23/4/2005).
L'altro argomento usato come grimaldello per scardinare il buon senso comune, racconta sempre Nathanson, era quello degli aborti clandestini: bastava urlare ai quattro venti che le donne, anche senza legalizzazione dell'aborto, abortivano ugualmente, in modo clandestino, senza alcuna sicurezza per la loro salute, col rischio addirittura della vita. In tal modo poteva sembrare che la legalizzazione fosse in qualche modo un male minore, il tentativo di rendere almeno controllabile e più "sicuro", per le donne, un fenomeno già esistente e, anzi, vastissimo. In realtà le cifre venivano gonfiate in modo incredibile, e si fingeva di conoscere qualcosa che di per sé era, per definizione, inconoscibile: il numero di aborti praticati, appunto, clandestinamente! Parlavamo di un milione di aborti clandestini l'anno, conclude Nathanson, quando ve ne erano, forse, 100.000!
La stessa tattica inventata da Nathanson e dai suoi compagni di strada, viene adottata in quegli stessi anni anche in Italia. Nel 1971 infatti il Psi presenta al Senato una proposta per l'introduzione dell'aborto legale, libero, e gratuito, affermando che vi sono in Italia tra i 2 e i 3 milioni di aborti annui, e che circa 20.000 donne all'anno muoiono a causa di questi interventi. Nel successivo progetto di legge, sempre socialista, presentato alla Camera il 15/10/'71, il numero degli aborti annui rimane stabile, mentre quello delle donne morte per pratiche abortive clandestine sale, chissà come, a 25.000. Tali cifre vengono riprese come attendibili da tantissimi giornali ("Espresso", 26/4/ 1970: tra gli 800.000 e i 3 milioni di aborti clandestini l'anno; "Corriere della sera" del 10/9/'76: da 1,5 a 3 milioni di aborti clandestini l'anno; "Il Giorno" del 7/9/'72: da 3 a 4 milioni l'anno…; "Alto Adige", 31/10/80: da 850.000 a 1.200.000; "Corriere della sera", 19/1/1981: 800.000). Le femministe diffondono anch'esse cifre improbabili: celebre lo slogan "Ecco cosa avete fatto voi, difensori della vita, 3 milioni di aborti clandestini, 20.000 donne morte", che compare in quegli anni su molti cartelli durante le manifestazioni.
Per meglio inquadrare la vicenda ricorro brevemente a due libri scritti negli anni delle discussioni infuocate, prima che l'aborto fosse legale in Italia (1978): "Da Erode a Pilato" (Marsilio, 1973), di Giuliana Beltrami e Sergio Veneziani, e "L'aborto, un dilemma del nostro tempo" (Etas Kompass, 1970). Come ho scritto nel mio "Chiesa, sesso e morale" (Sugarco), "si tratta di testi favorevoli alla legalizzazione dell'aborto, la cui lettura risulta, soprattutto oggi, molto istruttiva. Nel primo si sostiene addirittura che in Italia, prima della 194, vi sono donne "che hanno abortito già dieci, venti volte", in modo clandestino. Anzi, mentre nel mondo ci sarebbero circa un aborto ogni quattro nascite, in Italia è lecito ritenere che il rapporto sia invertito, e che vi siano nientemeno che "quattro aborti per ogni nascita". Sebbene la cifra degli aborti clandestini non sia chiara, sostengono ancora gli autori, essa si muove certamente tra il milione e i tre milioni di aborti ogni anno. A pagina 33 si arriva addirittura ad affermare, dimenticando quello che si è scritto poco prima, che vi sono donne "che compiono, nel corso della loro esistenza, fino a trenta e più atti abortivi": in fondo, infatti, il raschiamento di quello che viene definito semplicemente "uovo", "non è più difficile né pericoloso di un'asportazione di tonsille".
Il secondo libro raccoglie gli atti di un Congresso Internazionale sull'aborto avvenuto a Washington nel 1967. Vi si parla di alcune ricerche sugli aborti clandestini negli Usa, e le cifre ipotizzate vanno dai 160.000 aborti illegali annui ad un massimo di 1.200.000. Agli atti del Convegno è allegato un saggio di Carlo Smuraglia, cui spetta descrivere la situazione italiana: vi si apprende che il numero di aborti clandestini in Italia, attestandosi tra l'uno e i due milioni, sarebbe di gran lunga superiore a quello degli aborti in America, pur essendo gli Usa quattro volte più popolati!". Questa dunque è la qualità del dibattito sull'aborto in quegli anni: tutti sparano cifre, allo scopo di rendere la legalizzazione dell'aborto un evento inevitabile. L'Espresso del 9 aprile del 1967 arriva a sostenere che "nella sola provincia di Milano gli aborti clandestini sono almeno 50.000 al mese", il che significa 600.000 all'anno! In tutta Italia sarebbero 4 milioni!
La verità è che studi seri in Italia, in quegli anni, ve ne è uno solo, a cura del professor Bernardo Colombo, demografo dell'Università di Padova, scritto con l'ausilio di altri due professori della medesima università, entrambi docenti di Statistica, i professori Franco Bonarini e Fiorenzo Rossi. Lo studio è intitolato "La diffusione degli aborti illegali in Italia" (1977), ed è una analisi attenta e precisa di tutte le "voci" e i dati parziali sull'aborto clandestino. Colombo dimostra che le cifre proposte dagli abortisti sono false con varie argomentazioni, ad esempio sottolineando come per mantenere la media di 1 milione di aborti clandestini annui è necessario che almeno il 50% di tutte le donne italiane in età feconda abortisca esattamente 5,3 volte nell'arco della propria vita riproduttiva. La cifra che lui propone come attendibile è quella di 100.000 aborti clandestini annui tra il 1970 e il 1975, e forse anche meno. Nel 1978 entra in vigore la legge 194 sull'aborto.
Ebbene, nel 1979 gli aborti legali sono ufficialmente, né 1, né 4 milioni, ma 187.752! Come è possibile che gli aborti siano diminuiti, ora che sono legali, gratuiti, liberi nei primi tre mesi, mentre prima erano illegali e determinavano punizioni penali per il medico e per la donna? Quanto poi alle donne morte per pratiche clandestine basterebbe consultare, per esempio, il Compendio Statistico Italiano del 1974: vi si legge che in Italia, nell'intero anno, sono morte 9.914 donne tra il 14 e i 44 anni, e cioè in età feconda. Fossero decedute anche tutte per aborto clandestino, cosa assolutamente assurda, non sarebbero comunque né 20.000 né 25.000!
Sulle cifre dell'aborto si discute anche per quanto riguarda l'efficacia della 194 negli anni. Il professor Flamigni, e come lui molti altri, afferma: "la legge 194 è una legge che ha dato buona prova di sé ,che ha diminuito il numero degli aborti in modo significativo (erano 234.000 nel 1982 e sono stati 129.000 nel 2005)" (l'Unità, 10/1/2008). Similmente si esprime l'ex ministro della salute Livia Turco: " Grazie alla 194 le interruzioni di gravidanza tra le donne italiane sono diminuite del 60% dal 1982" (Io donna, 26/1/2008). Si tratta dunque di una opinione diffusa, che però non corrisponde a verità. Anzitutto la legge 194 è entrata in vigore nel 1978: perché allora contare la diminuzione degli aborti dopo il 1982? Cosa è successo tra il 1978 e il 1982? Come fingere che questi anni non esistano? Le cifre ufficiali parlano chiaro: dai 68.000 aborti del 1978 (metà anno), si è passati ai 187.752 del 1979 (mentre mantenendo la media dell'anno prima avrebbero dovuto essere 134.000, cioè 68.000 per due), ai 220.263 del 1980, ai 224.377 del 1981, ai 234.377 del 1982.
Una crescita costante, dunque! Addirittura sappiamo che gli aborti sono cresciuti notevolmente, mese per mese, già a partire dal primo semestre di applicazione della 194, cioè la seconda metà del 1978, che ha appunto visto un grosso aumento del ricorso all'aborto soprattutto negli ultimi due mesi dell'anno! Dopo il 1982 è iniziata una leggera flessione, sino ai 191.469 aborti del 1987: cifra quest'ultima che si attesta comunque al di sopra del dato iniziale del 1978 e del 1979. Se ne deduce quindi che la 194 ha inizialmente aumentato gli aborti, che sono rimasti ad un livello molto alto sino al 1987, e che hanno iniziato a calare significativamente solo più avanti. Ma perché col tempo gli aborti sono diminuiti sino ai 129.588 del 2005? In base a quanto si è visto, e tenendo conto del fatto che la 194 è stata applicata sempre con gli stessi criteri, senza modifiche, è impossibile pensare che una legge che sino al 1982, e anche dopo, ha determinato un progressivo aumento degli aborti, abbia, sempre lei, determinato poi un flusso inverso.
Gli esempi di altri paesi ci vengono incontro: sono numerosi gli Stati in cui l'aborto, dopo una impennata costante nei primi anni di legalizzazione, col tempo ha iniziato a diminuire. Dalla Russia, in cui il ricorso all'aborto è calato del 21% negli ultimi cinque anni, senza che intervenisse nessuna modifica legislativa, alla Croazia, che ha visto crollare gli aborti dell'88% negli ultimi anni, anche in questo caso senza nessuna modifica legislativa. Anche negli Usa si registra lo stesso fenomeno: dopo la legalizzazione dell'aborto nel 1973 il ricorso a tale pratica è via via cresciuto, sino ad 1,6 milioni di aborti nel 1990. Nel 2005 invece gli aborti sono stati 1,2 milioni: non erano mai stati così "pochi". Perché, visto che in tutti questi casi, come si diceva non è cambiato nulla dal punto di vista legislativo?
A determinare la diminuzione degli aborti, in Italia come altrove, sono stati altri fattori: da una parte la maggior consapevolezza nelle persone della drammaticità dell'aborto, permessa sia dalla maggior conoscenza dello sviluppo fetale sia dai sempre più numerosi studi sul trauma post aborto nella donna. Dall'altra occorre che vengano considerati alcuni fatti: è diminuita la fertilità generale; sono diminuite le coppie in età fertile; è aumentato enormemente il ricorso alla pillola del giorno dopo, con potenzialità abortive; sono rimasti gli aborti clandestini, di cui non si conosce l'entità, e che la legge 194 ha depenalizzato rispetto al passato; aumentano i bambini salvati dalle associazioni di volontariato; non mancano numerosissimi casi, che vengono alla luce solo di rado, di aborti procurati sistematicamente spacciati per spontanei, o di medici che spingono le donne ad abortire nei loro centri privati. Ma soprattutto: in Italia dal 1995 circa, pur essendo leggermente diminuito il numero degli aborti totali, è rimasto invariato, ed è anzi in certi anni cresciuto, il tasso di abortività.
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