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Rivoglio i soldi che il Ministero della Salute finanziato anche dalle mie tasse ha speso in mio nome per pagare lo spot per l'uso del preservativo. Non so a quanto ammonti la mia quota, fosse anche un centesimo la rivoglio, è sempre una monetina che si può usare per scopi più nobili, che so, tirarla a un piccione, appiccicarla sulla fronte con una pressione della mano per vedere se con una botta alla nuca cade. Sono cose importanti, rivoglio il mio centesimo.
Non con la stessa drammatica urgenza con la quale rivoglio i soldi – molti, molti di più, questi – spesi dal servizio sanitario nazionale per uccidere bambini piccolissimi nelle sale operatorie pubbliche, ma comunque rivoglio anche questo, il mio piccolo centesimo.
Lo spot sembra "solo" per promuovere il preservativo, e già si potrebbe discutere su questo (l'unica protezione davvero, certamente sicura dal virus Hiv è una condotta sessuale fedele, perché il lattice si rompe, non è mica titanio). Ma la verità è che lo spot parla solo marginalmente di questo. In realtà quello che vuole far passare è che l'"amore" – mai parola più abusata – è bello perché è vario, lui e lui, lei e lei, non ci facciamo tanto caso, basta che ci proteggiamo. E anche qui ci sarebbe da discutere: l'amore è proprio il contrario di proteggersi, è consegnarsi senza rete a una sola persona per sempre, e se non è un rischio questo...
Tra parentesi, così, tanto per chiedere, non so se sono troppo inesperta io, forse sì, ma che se ne fanno due femmine di un preservativo? E poi, qui sono un po' più esperta, posso dire con certezza che una donna incinta – c'è anche lei nello spot (non ci facciamo mancare niente, con quel centesimo) – non se ne fa davvero niente di un preservativo, a meno che non stia per fare l'amore con uno che non è il padre del bambino.
Ma guardiamoci negli occhi: il vero tema non è il profilattico, ma la concezione dell'amore, e ovviamente non è quella banale, scontata, noiosissima, che noi continuamente ci ostiniamo a proporre con poca fantasia: un uomo e una donna. È invece quella promossa in modo violento e martellante dalle potentissime lobby omosessuali. Dico che sono potentissime perché rispetto alla diffusione del fenomeno riescono sempre, anche in momenti di emergenza politica e sociale, a mettere la questione in agenda (ma con un paese nel nostro stato, sull'orlo del baratro, può essere tra i problemi più urgenti?).
Ma il vero capolavoro è quello che dicono il padre e la madre che accarezzano il pancione (di lei; no, lo dico, perché qui non si è più sicuri di niente): "l'unica cosa che vogliamo trasmettergli è la protezione della vita". A parte che se c'era un virus da trasmettere è stato trasmesso col concepimento, credo (se c'è un medico tra i lettori e mi sto sbagliando me lo dica, sono pronta a imparare nuove cose). Ma che vuol dire la protezione della vita? Il preservativo è proteggere la vita del bambino? Io avevo capito che serviva a non concepirlo.
E nella fiera della follia, c'è stato anche chi (la Lega Italiana Lotta all'Aids) ha avuto da protestare contro lo spot. Ma indovinate perché. Perché la parola preservativo non viene detta, e il simpatico oggetto viene solo mostrato. Il Ministero riconosce l'errore, adducendo motivi tecnici, e si affretta a mettere online la versione integrale. Mi raccomando.
Io comunque rivoglio il mio centesimo (e ringrazio fra Roberto che mi ha fatto notare la follia).
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