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Ci sono poche realtà che sono diventate evidenti come la Cristianofobia in questi anni. Poco per volta, giorno per giorno, la consapevolezza è cresciuta. Ed è sempre più facile osservarla. Fino ad una veloce e drammatica conclusione: i valori cristiani sono sotto attacco continuamente, con metodi violenti o sfumati, da ogni parte del mondo. In alcune zone la cristianofobia ha talvolta il contorno del sorriso, dell'ironia sarcastica. Ma ci sono dei luoghi dove l'odio verso la cristianità non fa affatto ridere. Anzi, ha i contorni della persecuzione sanguinosa.
Per questo il termine è diventato una realtà anche per l'Onu, all'interno di una risoluzione del 2003. Per questo agenzie di stampa come "Asia News", "ACS", "Fides" denunciano quotidianamente atti di violenza estrema, che vanno dall'omicidio, alla tortura, allo stupro. Tutti atti condotti verso comunità o singole persone, colpevoli solamente di credere in Cristo o nella Chiesa.
Fra queste possiamo tranquillamente inserire l'omicidio di Yohannes A., massacrato in Siria perché portava la croce al collo; quello del sacerdote cattolico Padre Evarist a Zanzibar, vittima di tre colpi di pistola e di una indegna campagna mediatica che sui giornali locali incitava alla rappresaglia contro vescovi e sacerdoti. O ancora l'assassinio di Younas Masih che si rifiutava di convertirsi all'Islam; di Andrei Arbashe, sempre in Siria, che stava per accusare i ribelli islamici di comportarsi come banditi, ma che è stato rapito, ucciso e dato in pasto ai cani; di Fouzia Bibi ragazzina di 15 anni segregata, torturata e stuprata da due influenti musulmani, sicuri di farla franca perché tanto lei è appartenente alla minoranza cristiana.
Fra le varie sfide che dovrà affrontare Papa Francesco c'è anche questa. Terribile, dura, verso la quale non si può mantenere una posizione semplicemente teologica. Benedetto XVI ha denunciato più volte questa crescente anti-ideologia. Lo ha fatto nel suo libro-intervista "Luce nel mondo", poi nel discorso in occasione della XLIV Giornata della Pace, poi il 10 gennaio 2011. Il "ministro degli Esteri" vaticano, mons. Dominique Mamberti, ha fatto seguire, presso l'Osce, altri interventi (specie quello del dicembre del 2012) per sottolineare quanto i cristiani siano fra i più perseguitati al mondo.
Certo bisogna distinguere. Da un lato c'è la cristianofobia extraeuropea vittima dei fondamentalismi. Dall'altro c'è in Europa e in America una più sottile "dittatura del relativismo", fragilmente puntellata sul credo laicista, sul politicamente corretto, che include tutto tranne una propria messa in discussione. È quella stessa laïcité che René Guitton nel suo Cristianofobia (Lindau, Torino 2009) definisce «integralismo laicista», per il quale «chi commette il sacrilegio di non pensarla come loro è regolarmente denunciato come un novello inquisitore» (p. 15). Il cristiano, ma soprattutto il cattolico, è vittima di stereotipi che ormai neanche si contano più. L'insulto ad un qualsiasi gruppo finisce ovunque per essere un "hate speech", un discorso di incitamento all'odio, perseguibile penalmente, ma non se si tratta di un cattolico.
Lo stesso Benedetto XVI è stato vittima di una campagna mediatica al massacro e di tutta una serie di turpiloqui nei blog e nelle vignette. Lì sono piovuti insulti e offese con la classica grammatica del pregiudizio razzista in cui, ad esempio, l'errore personale di pochi viene eletto a caratteristica predominante del gruppo. Da qui si va poi ad aggredire l'autorità del Papa e infine si mette in discussione tutta la Chiesa. Eppure quante volte ormai i cattolici si sono abituati a queste manipolazioni?
Per il caso pedofilia, ad esempio, persino l'agnostico Giancarlo Perna scrive su "Il Giornale" del 20 aprile 2010: «Con la scusa dello 0,03 di preti pedofili – questa la percentuale dei viziosi sul totale degli ecclesiastici – si è partiti lancia in resta contro duemila anni di storia». Eppure, anche nel mondo laico, amministratori pubblici più o meno indegni compiono sbagli personali, ma nessuno si sogna di tirar giù la democrazia per questo. Altro fronte. Negli ambienti intellettuali il minimo che si può fare, come sottolinea Antonio Socci in La guerra contro Gesù, è di dare dei «cretini» ai cattolici (Rizzoli, Milano 2011, pp. 36-39). Così che un Odifreddi può permettersi con la massima disinvoltura di dire, ben sapendo di avere un uditorio che apprezza: «la critica al Cristianesimo potrebbe ridursi a questo: che essendo una religione per letterali cretini, non si adatta a coloro che, forse per loro sfortuna, sono stati condannati a non esserlo».
Così, di questo passo si è arrivati ad una "civiltà" che in Norvegia decide di stampare la Bibbia sulla carta igienica, che in Inghilterra propone l'eutanasia per gli over 80 e i bimbi down, o che in Australia vorrebbe far passare l'infanticidio con la definizione di «post-aborto». E tutto questo mentre l'Unione Europea esprime preoccupazione per le "recenti restrizioni" (vedi obiezione di coscienza) sull'aborto sicuro e legale, e invece plaude alle unioni gay. Se poi, come in Irlanda e in Polonia, un referendum nazionale si è già espresso contro l'aborto, ecco giungere l'ingerenza laica con una condanna della Corte di Strasburgo. Chiaramente così si spiegano anche le affermazioni supponenti dell'islamico Mahmoud Azab, che chiede al nuovo Papa di scusarsi per le dichiarazioni di Benedetto XVI all'indomani dell'attentato del 31 dicembre 2010 alla Chiesa dei Santi di Alessandria. Un attentato che, ricordiamo, aveva causato 22 morti e 79 feriti fra i fedeli copti. Affermazioni impossibili da immaginare se non di fronte ad una civiltà che si suppone estremamente debole, priva di midollo sociale. Anche questa sfida, la cristianofobia, è chiamato ad affrontare Papa Francesco. Un'emergenza che non può più essere ignorata. Dal Santo Padre, dalla Curia, da tutti i cattolici.
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