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Esce oggi la nuova edizione aggiornata del mio primo libro, con delle appendici alla fine di ogni capitolo, un "come è andata a finire, tre anni dopo".
"Ma alla fine le tue amiche si sono sposate e sottomesse?" – mi ha chiesto Patricia, la editor della Sonzogno che stava per ripubblicare Sposati e sii sottomessa (per una complicata spiacevole serie di motivi che vi risparmio).
Il bello di dare consigli non richiesti è che non debbano essere necessariamente giusti, quindi non avrei tanto voluto chiedermelo. Però mi è toccato. E così ho riletto le lettere, ficcato di nuovo il naso nelle vite di amici, consapevoli e non di essere finiti nel mio libro, raccontato un altro piccolo pezzetto delle loro vite. Qualcuna si è sposata, qualcuna no, qualcuna ha fatto un altro figlio, qualcuna continua a fare la vita di prima, ma forse con uno sguardo nuovo sul marito, qualcuno sulla moglie. Lo stesso è successo a tantissimi lettori, a leggere le lettere che mi hanno mandato, tantissime. A un sacco di gente avrà fatto anche schifo, il mio libro, solo che quelli per lo più non mi hanno scritto, quindi non so, per fortuna. Credo che lo abbia letto anche il grande capo indiano Estiqaatsi.
Piano piano, alla fine, lo hanno comprato quasi quarantamila persone (no, purtroppo no, non sono diventata ricca). Se questo è successo, è certo perché si sono riconosciute, riconosciuti nel desiderio di riaffermare la differenza tra maschio e femmina, contro la propaganda dell'ideologia di genere.
C'è una schiera di donne che ha ricevuto la libertà in eredità sin dalla nascita, donne risolte e pacificate, che non deve rivendicare nulla, che non grida in piazza perché questa libertà non è più in pericolo (e a volte non sa neanche molto delle battaglie grazie alle quali può studiare, votare, lavorare: sono cose che dà per acquisite), e che anzi desidera fare spazio nella propria vita, che sa mettersi in relazione e metterci gli altri, mediando, smussando, accogliendo. Una schiera di donne che non si preoccupa tanto, direi per niente, delle quote rosa, di strappare un posto in un consiglio di amministrazione. Sono tantissime, sono quelle che incontro tutti i giorni davanti alle scuole dei miei figli, sono quelle che mi scrivono, che non trovano cittadinanza sui giornali. Sono quelle che sanno fare spazio, proprio perché sanno di non essere uguali all'uomo, né vogliono esserlo. Sono quelle che a volte amano anche il proprio lavoro, ma a un certo punto, alle cinque del pomeriggio di un giorno di sole, guardano fuori dalla finestra dell'ufficio e capiscono che preferirebbero essere a casa a preparare la merenda ai loro bambini. E magari per alcune è persino difficile ammetterlo, perché loro invece sono cresciute con l'imperativo di realizzarsi, trovare se stesse, dedicarsi del tempo, e i bambini non li hanno neanche fatti.
Ci sono anche tanti uomini che quando incontrano donne così belle desiderano davvero dare la vita per loro, fare sul serio, essere veri uomini appunto.
Anche se ogni tanto vorrei sentirmi una scrittrice, so bene che non è per la mia prosa che tante persone hanno sentito l'urgenza di invitare gli amici a comprare questo libro (io veramente la musa della letteratura l'avrei anche cercata, ma si vede che era in ferie; d'altra parte io non ho "una stanza tutta per me", come raccomanda Virgina Woolf a ogni donna che voglia scrivere, ma solo un tavolino a cui mi siedo di notte, di giorno ingombro di fumetti di Calvin e Hobbes, cani di plastica e diari segreti di peluche rosa con lucchetti). Insomma, niente stanza, niente musa, ma evidentemente per una fortuita serie di eventi mi sono trovata a dare voce a tutte queste donne che non hanno paura di perdere terreno se fanno spazio a un uomo, che lo scelgono per sempre, così com'è, senza volerlo rendere più simile a sé, anzi, lo vogliono proprio perché irreparabilmente diverso (capace, per esempio, di leggere la storia dipanando fili misteriosi di complotti sovranazionali, ma disabile alla memorizzazione di vicende esistenzial-sentimentali che non riguardino fondi monetari o mercati energetici, ma solo cugine di secondo grado della moglie. "Caro, sai quello che ti ho detto ieri di Elisabetta?" "Elisabetta chi?").
Quanto a me, personalmente, il cambiamento più evidente nella mia, di vita, è innanzitutto che ho una marea di nuovi amici; inoltre se di notte (spesso sono alzata a scrivere) incrocio un figlio per il corridoio, il disgraziato mi abbraccia esclamando: "no, non ci posso credere, Costanza Miriano!!!", e mi chiede un autografo. Io comunque gli dico di parlare col mio agente, e lo rimando a letto.
Nota di BastaBugie: pochi giorni fa Costanza Miriano ha partecipato a un seminario sulla "Mulieris Dignitatem" in Vaticano e ha incontrato il Pontefice, cui ha consegnato questa simpatica lettera (fonte: Tempi, 21 ottobre 2013):
Caro Papa,
le vere rivoluzionarie sono le donne che vogliono, come Maria, servire, non quelle che chiedono maggior potere nella Chiesa. Noi sappiamo che il ministero mariano precede quello petrino, e sappiamo che solo l'amore è credibile, e che solo la croce rende vero l'amore, il resto non ci interessa. Noi sappiamo che l'unico privilegio a cui anelare è quello dello Spirito, e il sacerdozio che vogliamo per le donne è solo quello del cuore. Noi donne al servizio della vita non vogliamo contare di più, né tanto meno diventare cardinali: non ne abbiamo tempo, dobbiamo crescere i nostri figli!
Le scrivo a nome di tante donne che vogliono servire la vita, e sono felici per questo. Non vogliono tornare a modelli del passato, ma essere controcorrente, e sottomettersi coraggiosamente a uno sposo. Donne che hanno Maria per modello, e la certezza che solo Dio, nessun uomo mai colmerà tutte le attese del loro cuore. Le scrivo a nome, credo, delle settantamila donne che hanno letto i miei libri, e che ho in parte incontrato in tutta Italia (presto anche all'estero). Tutte mi dicono che da quando qualcuno ha ricordato loro quanto è bello essere docili e accoglienti amano di più il loro marito e se ne lasciano guidare. Tante mi scrivono che hanno deciso di sposarsi o di aprirsi di nuovo alla vita, ed hanno avuto il terzo, il quarto, il quinto figlio. Tante mi scrivono che da quando cercano di essere sottomesse al marito, come la Chiesa a Cristo, lui ha cominciato piano piano a morire per loro, un po' per giorno, cercando di imitare Cristo.
Tante donne invece soffrono. Ma, almeno nella parte ricca del mondo, non soffrono perché discriminate. Soffrono al contrario proprio perché non dipendono più da nessuno. Decidono da sole di sé, del proprio corpo, della propria vita, di come vivere il sesso. Decidono se tenere o no quel bambino che ha cominciato a vivere dentro di loro. Soffrono perché sono sole. Perché si sono buttate via elemosinando amore e magari a quaranta anni sono divorate dal terribile rimpianto di avere rifiutato dei figli, come terra deserta, arida, senz'acqua. Soffrono perché deluse da uomini egoisti a cui però loro non hanno saputo fare da specchio positivo, che è la funzione della donna, non hanno saputo mostrare il bene e il bello possibile. Se le donne si perdono gli uomini si perdono.
Perdoni se ho osato, le assicuro davvero la preghiera di mio marito Guido, dei nostri quattro figli Tommaso Bernardo Livia e Lavinia e il mio rosario quotidiano, e le chiedo di pregare per noi.
Con affetto e devozione,
Costanza Miriano
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