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Sembra che il rapimento delle studentesse nigeriane da parte di Boko Haram e la ventilata condanna a morte della cristiana Meriem in Sudan abbiano svegliato l'Occidente dal suo torpore nei confronti delle persecuzioni contro i cristiani. Sembra, dicevo, perché temiamo che agli appelli indignati non seguirà altro. Certo, un appello indignato è sempre meglio dell'indifferenza che ha regnato finora. Ma le élites occidentali, si sa, sono molto più sensibili ai diritti dei gay e della c.d. «salute riproduttiva», temi per i quali fanno sentire la mano pesante in ogni angolo del pianeta. Perciò, anche ammesso che le studentesse nigeriane e la dottoressa sudanese vengano liberate, un cristiano ogni cinque minuti continuerà ad essere ammazzato soprattutto per mano islamica.
Sì, è vero, pogrom anticristiani si hanno anche da parte degli induisti e vessazioni si registrano nei Paesi ancora comunisti. Ma il fondamentalismo islamico è la realtà più diffusa e aggressiva, ed è inutile far finta che non sia così. Ha fatto bene, dunque, Franco Cardini a pubblicare la sua analisi sdegnata per i silenzi occidentali sul «Giornale» del 19 maggio 2014. All'illustre storico mi lega un'amicizia trentennale e almeno un paio di sue prefazioni a miei libri. Credo di aver letto tutto quel che ha scritto in vita sua (decine di volumi), perciò mi sono letteralmente bevuto l'articolo. Tuttavia, qualcosa, sul finale, mi ha lasciato perplesso. Se non ho capito male, Cardini lascia intendere che l'attuale recrudescenza islamica abbia origine nel desiderio di rivincita contro il colonialismo occidentale, così che i cristiani in terra islamica, visti come appendici dell'Occidente, pagano per tutti e in attesa di far pagare tutti.
Ora, se questa è la tesi (anche se un articolo di quotidiano, pur richiamato in prima pagina, forse non dà agio di spiegarsi con precisione), mi ricorda un po' quel che diceva Bill Clinton dopo l'11 settembre. Clinton sosteneva, infatti, che gli islamici non avevano mai dimenticato l'oltraggio loro inflitto dalle Crociate. Discorso analogo fece Gad Lerner in suo libro di qualche anno dopo. Ma fu proprio Cardini (che, a differenza di Clinton e Lerner, è un medievista) a far presente che delle Crociate l'islam quasi nemmeno si accorse, visto che compresero solo due secoli e una piccola fetta litoranea di Palestina. A guardare la storia intera, poi, si vede che gli islamisti non hanno alcun titolo per rinfacciare i colonialismi altrui, dal momento che l'islam si è sempre espanso a mano armata e ha, per giunta, distrutto tutte le culture precedenti (come denunciato dallo scrittore indiano Vidiadhar Naipaul, premio Nobel 2001).
Se poi si vuole andare nello specifico, il colonialismo occidentale, in Africa, fece cessare, per esempio, la tratta degli schiavi, di cui gli arabi musulmani erano i primi responsabili. Il colonialismo, pur tra ombre e luci, mise ordine in un mondo perennemente in stato di guerra tribale, guerra endemica che procurava schiavi ai trafficanti arabi, i quali vedevano schiavi ai loro correligionari ovunque sparsi. Il colonialismo francese in Algeria, altro esempio, iniziò per dire basta alla piaga della pirateria musulmana, che ancora a fine Ottocento rendeva il Mediterraneo un mare impraticabile. La grande rivolta del Mahdi sciita in Egitto e in Sudan, con massacri che costarono la vita anche al governatore inglese di Khartoum, non c'entrava col colonialismo, bensì col conflitto che ancora oggi contrappone sunniti e sciiti per decidere chi deve guidare l'islam alla conquista del mondo.
Così scriveva Silvio Solero (nel 1928!) ne L'islamismo, sintesi storico-critica (Hoepli): «La potenza islamica ebbe una lunga durata per il fatto che, ad ogni svolta della sua storia, essa trovò forze nuove che si mettevano al servizio dell'Islam (...). L'avvenire dirà se il rogo islamico sia spento per sempre, ovvero sia capace di divampare un'altra volta, incendiario, nel mondo». Infatti, se si guarda a tutta la sua storia, l'espansione islamica (sempre militare, si badi) alterna fasi di grande fermento a fasi di torpore e stasi. Fermata alle porte di Vienna e dopo un secolo di permanenza a Budapest e Belgrado, la potenza del califfato dovette vedersela coi russi. Poi, la campagna napoleonica d'Egitto diede il colpo di grazia. Fu allora che torme di studenti musulmani invasero le università europee per studiare le ragioni della superiorità occidentale. E le armi e le invenzioni occidentali vennero usati per far rinascere l'islam. Dopo la sconfitta nella Grande Guerra, i Giovani Turchi copiarono letteralmente le idee di Mazzini, declinandole però in un genocidio anticristiano, quello degli armeni. Quando l'Europa fu in preda dei nazionalismi, ecco il clone islamico, il c.d. nazionalismo arabo. Poi l'Europa scoprì il socialismo e, come da copione, sorsero i vari Nasser, Sadat, Gheddafi. Ora, crollata l'Urss, gli ideologi islamisti sfornano altre due invenzioni occidentali: il fondamentalismo e il terrorismo. Ed è puramente sloganistico il riferirsi da parte del defunto Bin Laden (laureato in Occidente) ai «crociati», visto che nel termine era compreso pure Israele.
Ma è storia vecchia: anche Maometto II ebbe bisogno di un esperto cannoniere rinnegato per prendere Costantinopoli nel 1453. La verità è che il letteralismo coranico non può produrre niente di originale, e tutto deve prendere dall'Occidente, a cominciare dai kalashnikov. Trae la sua forza dall'arrendevolezza occidentale e, storia alla mano, si siede quando l'Occidente reagisce. E aspetta un momento migliore per ricominciare con altro metodo. Ma non desisterà mai. Non può, a meno di rinnegare se stesso. E' una religione che, per sua natura, deve dominare su tutto. L'attuale fondamentalismo l'ha trasformata in ideologia, ma anche l'ideologia è invenzione occidentale. Ma che succederebbe se, per ipotesi, ci riuscisse? La mente corre all'Africa romana: quando il rullo compressore islamico le passò sopra, scomparve pure la ruota...
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