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La prontezza di riflessi e il coraggio di alcuni passeggeri - tra cui due militari americani in borghese - ha impedito che venerdì pomeriggio si compisse una strage sul treno ad Alta velocità Amsterdam-Parigi. Un 26enne marocchino, Ayoub El Qahzzani, salito alla stazione di Bruxelles, non appena varcato il confine con la Francia si è chiuso nella toilette caricando le sue armi - una pistola e un fucile kalashnikov - pronto a fare una strage sul treno affollato (554 persone a bordo). Circostanze fortuite e il coraggio di alcuni passeggeri lo hanno impedito, e il bilancio registra il ferimento di due dei passeggeri americani che lo hanno bloccato, di cui uno in condizioni gravi. Dai primi accertamenti si sa che El Qahzzani è legato ad ambienti dell'islam radicale; aveva vissuto in Spagna e poi era passato in Francia due anni fa non prima di aver fatto una puntata in Siria. E le autorità spagnole lo avevano già segnalato a quelle francesi.
Alla fine si può dire che sia andata bene, ma a nessuno sfugge che c'erano tutte le condizioni per una strage che per dimensioni avrebbe fatto impallidire quella di gennaio che aveva colpito la redazione di Charlie Hebdo e il supermercato ebraico. E che si sta moltiplicando il rischio di attentati organizzati e attuati da singoli o piccole cellule che prendono decisioni autonome.
6 MILIONI DI ISLAMICI
Con tutta evidenza la Francia, con i suoi 6 milioni di islamici, è a particolare rischio. Rispondendo alle critiche che parlano di flop dei servizi di sicurezza, questi rispondono affermando che in questo anno sono stati sventati altri sei attentati. È un dato che, nelle intenzioni, dovrebbe rassicurare, in realtà dà l'idea di quanto il pericolo di attentati fai-da-te sia diffuso. E di quanto sia difficile da controllare. È un discorso già affrontato altre volte: è più facile contrastare delle organizzazioni piuttosto che tante singole persone - o microcellule - che in qualsiasi momento possono trasformarsi in terroristi magari ubbidendo a qualche sermone di lontano imam. Non per niente, diversi analisti danno per scontata la necessità della popolazione occidentale di convivere con episodi di terrorismo fai-da-te, come quelli cui stiamo assistendo con un poco rassicurante crescendo.
La Francia, che ha circa 6 milioni di islamici, è da questo punto di vista il paese europeo più a rischio. Certo, non sono 6 milioni di potenziali terroristi, ma sono pur sempre migliaia quelli particolarmente sensibili al richiamo della guerra santa da portare nel cuore dell'Occidente. Non per niente è dalla Francia che partono il maggior numero di volontari alla volta della Siria per combattere al fianco dello Stato Islamico o del Fronte al-Nusra: 1.200, secondo le stime, con altre centinaia pronti a partire. Tra questi anche francesi convertiti all'islam. E quanti tornano sono ovviamente pronti a continuare la guerra santa in patria. È evidente che questa è solo la punta dell'iceberg di una presenza islamica che pone molte domande. Soprattutto, al fondo si deve fare i conti con una comunità - o con una parte consistente di essa - che non ha alcuna intenzione di integrarsi nella società europea.
RELIGIONI TUTTE UGUALI?
Proprio questa realtà evidenzia tutto il limite - per non dire la pericolosità - di una politica migratoria che non tenga conto di questo fattore; ma anche il limite e la pericolosità di un presunto dialogo interreligioso che censuri i dati di partenza, i fatti concreti. Come quello che purtroppo si è visto in apertura del Meeting di Rimini dove un discusso rappresentante islamico francese [...] è stato lasciato libero di impartire una lezione di dialogo e convivenza come se il problema della violenza e del terrorismo riguardasse tutte le religioni allo stesso modo. Come se i problemi di cui stiamo parlando non abbiano a che fare con l'islam. Dando per scontato che ogni religione sia fattore di libertà e che ogni religione persegua la pace e la fratellanza.
È un dialogo che ha ormai dimenticato la grande lezione di Ratisbona sul rapporto tra fede e ragione. Succedesse solo al Meeting sarebbe anche irrilevante, ma purtroppo il "politicamente corretto" in materia di religioni (e non solo) domina a tutti i livelli nella Chiesa, a partire da quelli che sono i più grandi organizzatori di incontri interreligiosi, la Comunità di Sant'Egidio. Per non parlare poi di quei vescovi, come Domenico Mogavero di Mazara del Vallo, che non più di 3 giorni fa parlava di "fandonie" sulla guerra santa e si scagliava contro chi sostiene che l'islam mette a rischio «le radici cristiane dell'Occidente».
A forza di ripetere che l'islam è una religione di pace, che coloro che praticano violenza non rappresentano il vero islam, e di legittimare e riconoscere come interlocutori autorevoli solo leader fondamentalisti, non si fa altro che peggiorare il problema: ignorando e isolando coloro (e ci sono) che dall'interno dell'islam lavorano per una riforma, e consegnando così tutti i musulmani al controllo delle organizzazioni più estremiste.
Nota di BastaBugie: ecco l'imperdibile testimonianza di padre Douglas che sostiene che l'ISIS è il vero islam al 100%: "Quello che hanno fatto a noi in Iraq, tra poco lo faranno qui da voi in Italia!".
Ecco il video di padre Douglas Al-Bazi parroco di Erbil, Iraq, al Meeting di Rimini 2015:
https://www.youtube.com/watch?t=62&v=PiYrzcUG5Kw
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