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Gentilissima redazione di BastaBugie,
io e mio marito, con i nostri tre bimbi, abitiamo in una diocesi del nord Italia.
Quest'anno la nostra bimba più grande, sei anni, dovrebbe iniziare il catechismo, ma la nostra parrocchia è un disastro: ormai nelle omelie non si sente più parlare di Dio, ma è tutto un elogio a Greta Thunberg, un attacco a Salvini col Rosario e un invito ad accogliere migranti.
Senza contare che da un paio d'anni la diocesi ha stabilito che i sacramenti di Riconciliazione, Santa Comunione e Cresima siano imposti tutti insieme in quinta elementare (non condividiamo questa cosa, non so se sbagliamo), e che ci sia un percorso di catechismo parallelo per i genitori che, almeno da noi, sembra più una serie di sedute collettive dallo psicologo (da quanto ci raccontano degli amici che lo hanno frequentato).
Per questi motivi abbiamo scelto di non mandare nostra figlia a catechismo nella nostra parrocchia, bensì in una abbastanza vicina, dieci minuti da casa nostra. In questa parrocchia c'è un sacerdote molto in gamba e le cose sembrano funzionare abbastanza bene, e così abbiamo iscritto lì nostra figlia.
Il problema è che lei, non conoscendo nessuno fa un po' fatica ad integrarsi perché comunque gli altri bambini sono della stessa scuola e si conoscono, e questo lei non lo vive proprio bene. Volevamo un parere: è giusto spostarsi, oppure è giusto stare nella parrocchia di residenza nonostante tutto?
Preciso che facciamo educazione parentale, e mia figlia ha varie amichette che fanno sport con lei, che frequentano tutte la parrocchia del nostro paese. Se vogliamo parlare di socializzazione è ovvio che starebbe meglio con chi già conosce. È giusto ignorare questo?
Stavamo anche pensando di occuparci noi del catechismo, so che qualcuno lo fa, ma una famiglia della nostra diocesi che ha intrapreso questa strada ora non riesce a trovare un sacerdote disponibile a dare i sacramenti al loro figlio. Dovranno aspettare la quinta elementare ed inserirlo in parrocchia.
Non so se faccio bene a scrivere a voi, non sappiamo a chi chiedere consiglio e siamo molto confusi.
Stiamo soffrendo molto per la situazione nelle parrocchie e nella Chiesa, noi vogliamo che i nostri figli fossero, almeno lì, in contatto con persone e sacerdoti innamorati di Cristo per trasmettergli questo amore. Noi vogliamo la salvezza della loro anima, e questo relativismo che è diffuso anche in parrocchia ci spaventa (ci sono persone che frequentano abitualmente la parrocchia favorevoli all'aborto, per dirne una), non sappiamo cosa fare.
Ho provato ad esporre i miei dubbi ad un sacerdote della mia parrocchia, ma non c'è stato nulla da fare: per loro la difesa della vita, della famiglia, il parlare di Dio almeno a Messa, non è così importante.
Vi ringraziamo di cuore se potrete darci un parere.
Francesca e Giovanni
Cari Francesca e Giovanni,
la situazione da voi descritta è talmente generalizzata che ormai dobbiamo considerarla "normale", ovviamente in senso statistico, non certo perché sia la cosa che normalmente dovremmo trovare nelle parrocchie. Detto questo e non avendo né il tempo, né la voglia di piangerci addosso, vediamo cosa fare concretamente.
Innanzitutto va detto che non è per nulla obbligatorio frequentare la propria parrocchia territorialmente competente. Ciascuno nella Chiesa è libero di andare dove si sente più accolto e soprattutto dove meglio può fare un cammino di fede adeguato alla sua sensibilità e al suo cammino. Ovviamente può darsi che qualcuno si trovi meglio in una parrocchia e altri in un'altra senza che per questo qualcuno faccia la scelta giusta in assoluto, ma semplicemente soggettivamente la sua scelta migliore. Quindi nel vostro caso frequentare la parrocchia a dieci minuti di auto dalla vostra casa va benissimo. Come andrebbe bene se ci volesse mezz'ora. È uno sforzo che sempre più dobbiamo mettere in conto di fare se vogliamo dare a noi e ai nostri figli una corretta educazione cristiana e umana.
Detto questo, passo a parlare del fatto che la bambina non socializzi tanto con i compagni della nuova parrocchia. Non bisogna dimenticare che lo scopo del catechismo non è quello di socializzare. Questo non è nemmeno il compito della scuola, ma non voglio dilungarmi sulla scuola perché altrimenti si va fuori tema. Ebbene lo scopo del catechismo è quello di imparare la dottrina cristiana. Infatti tempo fa il catechismo si chiamava proprio "dottrina". Infatti si diceva "domani vado a dottrina" intendendo che si frequentava il catechismo. Purtroppo oggi sempre più troviamo impegnata l'ora di catechismo a fare di tutto eccetto che imparare comandamenti, sacramenti, preghiere. Cartelloni, canti, argomenti tratti dal telegiornale... ripeto, di tutto, fuorché la dottrina cristiana.
Cosa fare in questa situazione così disastrosa? Mandare i figli a perdere un'ora di tempo solo per socializzare? Ma per socializzare si possono invitare gli amichetti in casa propria per poter giocare in libertà (sempre con la supervisione della mamma, ci mancherebbe).
Cosa fare, dunque? Una prima soluzione è quella che avete già adottato. Portare la figlia in un'altra parrocchia, più adeguata, più fedele alla dottrina, in una parola più cattolica. E non solo mandarci la figlia, bensì farla diventare la parrocchia di tutta la famiglia e andare lì alla Messa. Questa è una soluzione molto buona e direi a portata di mano, ovvero di auto.
Per finire vorrei commentare il vostro lodevole impegno nel fare direttamente voi la scuola ai vostri figli senza mandarli a scuole statali o finanziate comunque dallo Stato (parificate). Ebbene, voi vi domandate se non sarà il caso di fare anche il catechismo parentale, cioè insegnato in famiglia dai genitori stessi.
Come ben espresso dall'articolo di Stefano Fontana in questa stessa edizione di BastaBugie (clicca qui!), l'educazione parentale è l'unica alternativa valida per togliere dalle grinfie dello Stato i nostri figli, ma questa non deve essere sganciata dalla Chiesa. Come i genitori hanno il diritto/dovere dei genitori di educare i figli, parimenti anche la Chiesa ha il diritto/dovere di fondare e gestire le scuole. Anzi proprio sul diritto della Chiesa si basa il diritto dei genitori ad educare i figli, infatti espulsa la Chiesa dalla pubblica educazione cosa è successo? Il Mondo ha tolto ogni diritto ai genitori e non solo ha educato i figli, ma anche i genitori stessi (per i riferimenti al magistero della Chiesa leggere il suddetto articolo di Fontana).
Quindi in conclusione: bene, anzi benissimo, l'insegnamento dei genitori del catechismo ai figli. Questa è la base imprescindibile perché possiamo essere sicuri di ciò che si insegna ai figli. Questa pur lodevole, e doverosa, presa di coscienza del dovere di insegnare ai figli la fede cattolica, deve però essere accompagnata e guidata da un sacerdote che garantisca l'unione alla Chiesa, quella vera, l'unica Chiesa Cattolica. Insomma basta trovare un parroco che possa guidare la famiglia (genitori e figli) nel solco della Tradizione vivente della Chiesa e possa impartirci validamente e lecitamente i sacramenti in comunione con il suo superiore ecclesiastico (vescovo).
Solo prendendo coscienza che non è più il tempo di delegare in bianco e che bisogna tutti rimboccarci le maniche e lavorare per l'evangelizzazione del mondo (a cominciare dai nostri familiari), potremo vincere l'enorme sfida che ci sta davanti. In Cristo e nella Chiesa abbiamo gli unici alleati possibili.
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