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« Torna agli articoli di Costanza
A parte che le mamme-nonne sono ormai praticamente la norma in Italia, visto che quasi tutte le donne che vanno a partorire il primo bambino, nel Paese meno prolifico del mondo, sulla cartella clinica trovano scritto «primipare tardive». A parte che a causa di questo innaturale ritardo la gravidanza finisce per essere una strazio di analisi e accertamenti che illudono di controllare il rischio. A parte che la fertilità si dimezza dopo i 35 anni, mentre qui da noi chi si azzarda a fare un bambino prima dei 38 è considerata coraggiosa. A parte che l'età in cui una donna è in grado di accogliere una vita comincia prestissimo (la Madonna ha avuto Gesù a 16 anni), e ci sarà un motivo. Chi ha trascorso 32 ore senza dormire un minuto per coliche, capricci dei fratelli, vomiti e febbri a effetto domino sa di che parlo, sa che per fare la mamma ci vuole il fisico. Il fatto è che se la maternità tardiva è diventata la norma, quella da vecchie allora può apparire solo una stravaganza, qualcosa appena oltre il limite, e non, come è, il salto di una generazione. Quindi non più figli, ma nipoti.
A casa mia i nipoti hanno diritto a essere viziati dai nonni, perché a mettere le regole ci pensano i genitori. Si sa che con i nonni vige la caramella libera, il regalo immotivato, lo svacco davanti alla televisione. Una nonna perde a nascondino, non riesce a vincere una partita a carte che sia una, può indossare maschera e mantello da lord Fener senza seri danni di immagine: non ha nessuna autorevolezza da difendere, perché è solo l'affetto puro, illimitato e gratuito di chi è sollevato dalla responsabilità educativa. I nonni poi non ce la fanno a intraprendere estenuanti bracci di ferro con i bambini, perché sono anziani e si stancano presto. Così in caso di tragedia cosmica una nonna ha il diritto, per tirar sera, di ricorrere a bassi espedienti come il gelato o un dvd.
Ci sono poi momenti della vita del ragazzo, soprattutto quando si affaccia al mondo, in cui è fondamentale trovarsi accanto la guida del padre, non del nonno. Di chi ancora in quel mondo si muove con naturalezza, lo sa leggere, lo sa codificare, non lo teme. Così il ragazzo ha il coraggio di tuffarcisi, perché vede accanto a sé un uomo ancora forte che fa lo stesso.
Non un amico, per carità, ma un modello plausibile. Non un anziano signore da accompagnare dal medico durante l'adolescenza. La natura ha le sue leggi, espressione della sapienza di Dio, e Dio sa quello che fa. Sa per esempio che al bambino servono un padre e una madre certi, uniti stabilmente, nel fiore dell'età.
Non sono capricci sadici quelli della Chiesa quando ci raccomanda queste semplici, ragionevoli norme: si tratta semplicemente di prendere atto della realtà. La realtà mostrerebbe chiaramente che se una donna cerca tutta la vita di non rimanere incinta per concentrarsi sul lavoro poi ci sono alte probabilità che il bambino dopo una certa età non arrivi.
La realtà mostra che prendere ovuli dalle donne che li «donano» le distrugge fisicamente. Mostra che i figli che non conoscono chi ha dato loro il patrimonio genetico sono terrorizzati da questo enorme cono di ignoto nella loro vita.
La realtà mostra che i limiti che la Chiesa mette sono sempre a favore della persona, per la sua dignità e la sua felicità. È finito lo spazio, e non ho avuto il coraggio di sfiorare il dolore di chi un figlio non riesce ad averlo. Un dolore che posso solo intuire e che rispetto con tutto il cuore. Ma che non può venire prima del diritto del bambino.
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