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Sarebbe molto bello poter credere che tanta mobilitazione contro la violenza sulle donne sia davvero mossa dall'amore verso le donne. Invece il vero obiettivo della manifestazione di ieri, e del martellamento mediatico sul cosiddetto femminicidio è sempre e solo lo stesso: l'autodeterminazione della donna, intesa però solamente come libertà sessuale. [...] Il fatto che solo questa venga difesa con tanto fervore, denuncia senza possibilità di equivoco che a stare a cuore non è la vera felicità delle donne, ma l'affermazione di un modo di vivere la sessualità che risponda alla pansessualizzazione attuale (sesso come libertà individuale e non di relazione, sesso come compimento di ogni mio desiderio, che diventa diritto). [...]
Il problema è quando tale difesa è usata in modo a sua volta violento e strumentale. Violento perché è evidente che non ci si possa mobilitare e indignare per tutto quello che succede, e la scelta di alcuni temi su altri è figlia di una visione del mondo. La violenza sulle donne infatti non è in aumento rispetto al passato, e benché anche un solo caso basterebbe da solo a giustificare tutte le mobilitazioni del mondo, è evidente lo squilibrio di un tale martellamento.
Nessuno almeno nel mondo dei media si mobilita contro la violenza sulle donne di pochi giorni di vita, quelle nel grembo della madre, uccise a decine di migliaia ogni anno. Nessuno contro la violenza sulle madri che hanno paura di portare avanti una gravidanza e si bevono le bugie sul fatto che l'aborto "non è niente", e si perderanno per tutto il resto della loro vita il privilegio e la gioia e la fortuna di quel figlio. Nessuno contro la violenza sulle donne cristiane perseguitate, come Asia Bibi, o uccise, come le decine che muoiono ogni giorno, per la loro fede. Nessuno contro la violenza sulle donne costrette a essere uomini per lavorare, con orari da maschio e tempi e modi da maschio. Nessuno contro la violenza sulle donne che invece non vorrebbero lavorare, ma stare a casa con i propri figli. [...]
Io di donne ne incontro tante, ogni settimana in giro per l'Italia, e di casi di violenza domestica - terribile, paurosa, complicatissima da risolvere - ne ho incontrati pochissimi, di casi di donne che vorrebbero più figli e più tempo per loro, migliaia e migliaia.
Il femminismo cerca e in qualche modo è riuscito a imporre la grande bugia che si possano avere rapporti sessuali, volendo, anche totalmente liberi disimpegnati e senza conseguenze. La verità è che a volte si può, a volte no, perché il cuore dell'uomo e della donna è un mistero, e il sesso scatena le parti più inconsce e misteriose di noi, a volte anche le peggiori, in determinate circostanze. Cosa che per l'uomo si può tradurre in violenza - sì, l'uomo è più forte fisicamente e a volte più violento della donna - e per la donna in atteggiamenti manipolatori e di controllo (sto parlando di relazioni vissute senza la grazia sacramentale).
Le manifestazioni di piazza non servono a niente in questo caso (esiste qualcuno al mondo che dica che è bene picchiare una donna?), ed è bene ricordare che il femminismo è nato grazie a un disegno non nato dal basso, dal cuore delle donne, ma finanziato dall'alto da grossi gruppi di potere, che sono stati abilissimi nell'intercettare quello che era un desiderio buono e vero delle donne. Il desiderio di essere viste, valorizzate, guardate. Sarebbe molto più utile convincere donne e uomini a riscoprire la loro alleanza, a deporre l'ascia di guerra, a scoprire che sono stati progettati per funzionare insieme, per aiutarsi alla conversione reciproca, a rendersi più uomo e più donna.
Nota di BastaBugie: Rachele Sagramoso nell'articolo seguente dal titolo "Viziata non è la mascolinità ma le relazioni uomo-donna" parla di alcune vignette pensate per la giornata contro la violenza sulla donna e fa notare che tutte sono viziate dal pregiudizio secondo cui è solo la donna a subire, dimenticando che se un rapporto uomo-donna è malato la vittima è il figlio. Infatti la violenza è incontrovertibilmente umana e non agisce in base al sesso.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 novembre 2018:
Girovagando sui social mentre andiamo verso il 25 novembre (giornata contro la violenza sulle donne), le vignette che si trovano sono ovviamente contro il maschio misogino e patriarcale. Queste immagini sono molto interessanti e vorrei provare a discuterne.
La prima è chiara: un uomo picchia una donna, che picchia un bambino, che prende a martellate un cane (che piange). A parte la povera bestia che viene coinvolta nella discussione e pare non reagire (non ho mai visto un cane che sta fermo a prenderle da un bambino senza provare a reagire per lo meno ringhiando, ma forse ho visto pochi cani), si capisce chiaramente che l'uomo che urla forte e sovrasta tutti è il padre e che la povera donna coinvolta è la madre. Pur tuttavia mi sovviene un dubbio: ammettiamo che il padre urli con la madre. Ma una madre che riceve offese verbali si sfoga col bambino? Non tenta di difenderlo, d'interrompere la catena di violenza?
Seconda questione che sta nella didascalia: "Dal più forte al più debole": tuttavia la violenza verbale (quella che pare esserci tra padre e madre, nella vignetta) è anche propria della donna come ben sanno gli esperti che trattano questo tema. Quindi, per lo meno e per essere politicamente corretta, la donna dovrebbe essere stata disegnata con le stesse caratteristiche fisiche dell'uomo, per essere più vicina alla verità: che poi il bambino che subisce la mancanza di relazione equilibrata possa incamerare violenza e rigettarla verso il suo prossimo, non è automatico. Sappiamo che San Francesco fu molto umiliato dal padre, ma non si è sfogato coi più deboli, anzi. Quindi il determinismo espresso da questa vignetta è deliberatamente sbagliato.
Vignetta numero due che riguarda la violenza verbale: un enorme omone urla (cono grigio) contro una donna e un bambino. Chiaramente un uomo contro la moglie (pardon: compagna) e il figlio. La violenza verbale è terrificante e nella mia esperienza di lavoro con le donne, ho assistito spesso a tale modalità di aggressione comunicativa. Per esempio, ma solo a titolo informativo, durante il corso universitario che ho frequentato (ostetricia), sono state delle ostetriche donne a diffondere il messaggio che avrebbero fatto di tutto per "tagliarmi le gambe" e non farmi laureare (il motivo di quest'odio non mi è mai stato fatto comprendere). Sorvolando questo e ammettendo che ci sono molti uomini violenti verbalmente, dobbiamo dire una coraggiosa verità, alla luce degli studi pubblicati sull'argomento: la violenza è incontrovertibilmente umana (pagina 15) e non agisce per genere ma per tipologia di relazione tra le persone. Dobbiamo quindi constatare che anche questa vignetta esprima un pregiudizio errato molto forte: quello secondo il quale è la donna a subire. Se sono vere le ricerche effettuate, l'unica vittima sacrificale di una relazione violenta è il figlio che è trascinato in un odio che lo vede coinvolto e che si ripercuoterà per tutta la vita (sono figlia di separati, so quello che dico). Quindi non è malata la mascolinità che è violenta (secondo il mainstream e Angela Finocchiaro), ma sono malate le relazioni tra uomo e donna, che coinvolgono le uniche persone che non possono che essere oggetti del contendere: i bambini.
Altra vignetta: una donna tranquillamente allatta mentre, sullo sfondo, due belle mammelle con pizzo, pubblicizzano il negozio di intimo succinto. Un poliziotto e il commesso del negozio sovrastano fisicamente la donna e le dicono che non si può fare. Scene del genere furono prese di mira da una battaglia social di qualche tempo fa che pubblicizzava l'hashtag #ovunquelodesideri (devi allattare ovunque tu lo desideri con conseguente proposta di legge sulla libertà di allattare).
Pochi giorni fa un amico ha messo su Facebook la foto della moglie che allatta (si vede un po' di poppa leggermente scoperta e una testina di neonato) e chi è che ha criticato l'inquadratura? Una donna che manifestava la mancanza di pudore della nutrice. Ho allattato da tutte le parti (tribunali, santuari, ristoranti: ho sei figli e un po' di esperienza ce l'ho), ma nessuno mi ha mai detto nulla, e se l'avesse fatto, avrebbe trovato una persona deputata alla difesa del mio bambino di essere allattato: il padre del medesimo. Quindi, partendo col presupposto che i bambini debbono poter essere allattati quando ne hanno necessità, la critica verso il gesto naturale sta sia nella donna, quanto nell'uomo, anche se, in questa vignetta gli aggressivi, manco a dirlo, sono due uomini.
E invece non è vero: tutti possono esserlo, come conclude Davide Stasi nella indagine conoscitiva sulla violenza verso l'uomo (pagina 15). Leggiamo infatti nelle conclusioni: «Ed è forse questa la più logica e scontata, oppure vera e sorprendente, conclusione di questa indagine: la violenza è umana. Strettamente connessa all'essere umano, caratteristica presente e manifesta a prescindere dal genere di appartenenza (e anche delle inclinazioni sessuali), essa manifesta le sue multiformi peculiarità a seconda di talune circostanze relazionali ben identificabili» e continua «questa indagine smentisce che possa esserci una violenza agita verso l'altro in quanto altro, sia esso uomo o donna. L'escalation che cova nelle situazioni stabili per esplodere nelle situazioni separative mostra che non vi è mai un movente puramente ideologico basato sul dominio o la superiorità dell'un genere verso l'altro. A innescare la violenza sono sempre talune precise circostanze, con tutto il complesso di sentimenti e interessi umani che nel conflitto finiscono coinvolti».
Passiamo all'ultima vignetta che è anche commentata in modo esplicativo: un bambino subisce violenza e, crescendo, diviene simile al padre che lo colpiva da piccolo. La chiave interpretativa sta anche, ad esempio, negli studi della dottoressa Alice Miller che capì il legame tra violenza subìta e violenza esplicata a partire dalle ricerche effettuate sui grandi dittatori (Hitler, ad esempio) e su serial killers. Come riporta il testo della vignetta che noi condividiamo, la coazione a ripetere può essere interrotta grazie a un aiuto esterno che "salvi" la vittima dal divenire carnefice a propria volta. Ovviamente anche in questo caso andrebbe "presa con le pinze" la sostanza deterministica dell'opinione della Miller che pare non tener conto di alcune variabili: pur tuttavia, la sostanza è chiara e la violenza non ha sesso di appartenenza. Nonostante, però, ci siano molte storie di donne cattive che hanno compiuto atti abominevoli contro i bambini, l'immagine è sempre maschile.
Il 25 novembre si avvicina e quello che sarebbe corretto vedere non è un tripudio di donne e uomini che manifesta pubblicamente (anche sui social) il proprio dissenso verso la violenza sulla donna, ma sarebbe leggere e manifestare tutti insieme contro la violenza sulle persone. Verso tutte le persone: indipendentemente dall'età (dal concepimento sino alla vecchiaia) e dalla religione professata (ricordiamoci di Asia Bibi - che nessuna femminista ha difeso - e di tutti i cristiani che quotidianamente vengono uccisi). Sarebbe giusto manifestare ma se farlo non discriminasse realmente nessuno: neppure Niccolò Finocchiaro.
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