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« Torna agli articoli di Fabio Amicosante
Quella di prender parte alla messa vespertina, comunemente chiamata "prefestiva", in sostituzione di quella domenicale, è una tendenza di cui molti fedeli tendono ad abusare. Per capire meglio questo concetto, bisogna tornare alle motivazioni per cui questa è stata introdotta e, soprattutto, riscoprire le effettive circostanze per cui venne data questa opportunità.
PAPA PIO XII
La Messa vespertina fu introdotta dal Pontefice Pio XII attraverso due decreti: La Costituzione Christus Dominus del 6 gennaio 1953 e il Motu porprio Sacram Communionem del 19 marzo 1957. Attraverso questi due decreti, l'allora Pontefice introdusse anche un'altra importante novità: la riduzione del digiuno eucaristico a tre ore. Come ci ricorda Toscana Oggi, qualche anno più tardi, nel 1972, i Vescovi italiani, durante il pontificato di Paolo VI, stabilirono che si potesse anticipare la Messa domenicale e festiva al giorno precedente.
Ma, in tal senso, bisogna tener presente, con estrema attenzione, alle raccomandazioni che i Vescovi dettarono in quell'anno. Il Collegio Episcopale raccomandò infatti di non far ricorso alla Celebrazione prefestiva a meno che non vi fossero "seri motivi familiari o professionali". Dunque, è bene fare uso di questa possibilità concessa, solo in caso di seri motivi e impegni improrogabili, che rendono impossibile la partecipazione domenicale.
Tuttavia, sembrano essere sempre più numerose le famiglie che scelgono di prender parte alla Messa vespertina per avere tempo libero la domenica. Abusando di questa opportunità concessa, molti giustificano questa scelta con "impegni" quali sport, svago o turismo. Il direttore di Toscana oggi, in tal senso ha lanciato anche un appello molto importante: "Credo che i Parroci e i consigli pastorali dovrebbero affrontare queste tematiche". C'è infatti, da questo punto di vista, un'estrema necessità di riscoprire il vero significato del "Giorno del Signore" che, per l'appunto, è la domenica.
PAPA BENEDETTO XVI
Questa necessità di riscoprire l'effettivo significato del Giorno del Signore è una tematica venuta alla luce già qualche anno fa, durante il Congresso Eucaristico di Bari. In quell'occasione fu l'allora Pontefice Benedetto XVI a ricalcare questa tematica durante la sua omelia: «Abbiamo bisogno di questo Pane per affrontare le fatiche e le stanchezze del viaggio. La Domenica, Giorno del Signore, è l'occasione propizia per attingere forza da Lui, che è il Signore della vita. Il precetto festivo non è quindi un dovere imposto dall'esterno, un peso sulle nostre spalle. Al contrario, partecipare alla Celebrazione domenicale, cibarsi del Pane eucaristico e sperimentare la comunione dei fratelli e delle sorelle in Cristo è un bisogno per il cristiano, è una gioia, così il cristiano può trovare l'energia necessaria per il cammino che dobbiamo percorrere ogni settimana. Questo Congresso Eucaristico, che oggi giunge alla sua conclusione, ha inteso ripresentare la domenica come "Pasqua settimanale", espressione dell'identità della comunità cristiana e centro della sua vita e della sua missione. [...]
Il tema scelto - "Senza la domenica non possiamo vivere" - ci riporta all'anno 304, quando l'imperatore Diocleziano proibì ai cristiani, sotto pena di morte, di possedere le Scritture, di riunirsi la domenica per celebrare l'Eucaristia e di costruire luoghi per le loro assemblee. Ad Abitene, una piccola località nell'attuale Tunisia, 49 cristiani furono sorpresi una domenica mentre, riuniti in casa di Ottavio Felice, celebravano l'Eucaristia sfidando così i divieti imperiali. Arrestati, vennero condotti a Cartagine per essere interrogati dal Proconsole Anulino. Significativa, tra le altre, la risposta che un certo Emerito diede al Proconsole che gli chiedeva perché mai avessero trasgredito l'ordine severo dell'imperatore. Egli rispose: "Sine dominico non possumus": cioè senza riunirci in assemblea la domenica per celebrare l'Eucaristia non possiamo vivere. Ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soccombere. Dopo atroci torture, questi 49 martiri di Abitene furono uccisi. Confermarono così, con l'effusione del sangue, la loro fede. Morirono, ma vinsero: noi ora li ricordiamo nella gloria del Cristo risorto.
È un'esperienza, quella dei martiri di Abitene, sulla quale dobbiamo riflettere anche noi, cristiani del ventunesimo secolo. Neppure per noi è facile vivere da cristiani, anche se non ci sono questi divieti dell'imperatore. Ma da un punto di vista spirituale, il mondo in cui ci troviamo, segnato spesso dal consumismo sfrenato, dall'indifferenza religiosa, da un secolarismo chiuso alla trascendenza, può apparire un deserto non meno aspro».
Nota di BastaBugie: sui martiri di Abitene si può leggere il seguente articolo.
SE L'AUTORITA' CIVILE VIETA LE MESSE E IL VESCOVO UBBIDISCE, COSA DEVONO FARE SACERDOTI E FEDELI?
I martiri di Abitene risposero che senza la messa il cristiano non può vivere... e affrontarono torture indicibili e la morte
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6170
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