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John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973) iniziava con queste frasi l'avventura di Bilbo Baggins, hobbit della Contea nella Terra di Mezzo ne: "Lo Hobbit" del 1937. Tolkien, come dichiarò più volte, si sentiva in tutto hobbit, tranne che nella statura. Gli hobbit, infatti, erano creature chiamate "mezzi uomini", più piccole addirittura dei Nani. Perché il grande scrittore, glottoteta, filologo e medievalista inglese adorava queste creature così piccole, semplici e talmente umili da immaginarle con degli enormi pelo piedi, senza calzature? Perché Tolkien era profondamente cattolico e sapeva che Iddio aveva nascosto e confuso i superbi rivelando le grandi cose, i suoi tesori agli umili, ai piccoli, esattamente come egli aveva pensato gli hobbit. Rimasto orfano di entrambi i genitori a 12 anni, aveva appreso sulle ginocchia della madre quanto di essenziale avrebbe poi riversato nei suoi scritti: l'amore per le lingue, che la madre adorava, la passione per le fiabe, che dalla madre avrebbe appreso, la profonda fede cattolica con la quale lui e il fratello erano cresciuti, tanto che alla morte dell'indimenticata e amata mamma (il padre era morto quando John Ronald aveva 4 anni) furono affidati a Padre Morgan, che divenne quindi loro tutore. Padre Francesco Saverio Morgan era un Oratoriano di Birmingham, loro città di provenienza. Ritornando ai cari hobbit, Tolkien ha voluto fissarli nella loro "rotondità": "Aveva (Bilbo) una porta perfettamente rotonda come un oblò, dipinta di verde, con un lucido pomello (aggiungo io "rotondo") d'ottone proprio nel mezzo. La porta si apriva su un ingresso a forma di tubo, come un tunnel". E ancora continua nella descrizione: "Gli Hobbit tendono a metter su un po' di pancia (rotonda), hanno facce gioviali e ridono con risa profonde e pastose". Una descrizione crassa, fatta davvero a tutto tondo su quei personaggi simpatici. Quando Bilbo Baggins si trova al cospetto di Gandalf il Grigio, Tolkien ha voluto evidenziarne però il contrasto: alla rotondità e comodità di una vita da hobbit contrappone la descrizione di Gandalf, diametralmente opposta a quella di Bilbo: "Tutto quello che l'ignaro Bilbo vide quel mattino era un vecchio con un bastone. Aveva un alto cappello blu a punta, un lungo mantello grigio, una sciarpa argentea sulla quale la lunga barba bianca ricadeva fin sotto la vita, e immensi stivali neri". Alla rotondità e comodità del vissuto quotidiano Tolkien sottolinea ciò che lo può smuovere: qualcosa di alto contrapposto al piccolo, qualcosa di appuntito (come il bastone o il cappello) che pungola e quegli immensi stivali neri in opposizione a quei soffici pelo piedi. Dinanzi a questa figura imponente che si rivelerà influente e carismatica, Bilbo non intende affatto ancora tagliare le comodità innocue della natura hobbit, tanto che proporrà a Gandalf, a suggello di questa apparente tranquillità, una fumata con l'erba-pipa: "Bilbo incrociò le gambe e fece un bell'anello grigio di fumo…". Un ultimo appello alla "rotondità", un anello di fumo che si libra nell'aria ma che inevitabilmente, prima o poi, si spezza. Con questa contrapposizione stupefacente tra Bilbo e Gandalf, Tolkien ha voluto così introdurci al senso dell'avventura, a quella chiamata che, attraverso Gandalf, il cuore generoso di Bilbo non potrà rifiutare.
L'AMORE PER LE BELLE COSE FATTE CON LE PROPRIE MANI
Dopo l'incontro iniziale con Gandalf, la casa di Bilbo Baggins si riempie di ospiti inattesi…13 Nani! Come esemplifica il 1° capitolo de: "Lo Hobbit" si tratta davvero di una riunione inaspettata. A provocare l'irruzione maldestra dei Nani attraverso la rotonda porta dello Hobbit è stato Gandalf, messo galantemente alla soglia da un pacifico Bilbo, che, pur invitandolo ad un'improbabile futura tazza di the, non vuol proprio saperne di incerte e pericolose avventure. Ancora una volta Tolkien mostra la contrapposizione tra la rotondità comoda dello Hobbit e la determinazione pungente di Gandalf: "Con la punta del bastone Gandalf fece uno strano segno sul bel portoncino verde dello Hobbit". Sarà questo il richiamo, inconsapevole a Bilbo, della chiamata per il raduno dei Nani. La tranquillità apparente di Bilbo è messa così a dura prova dall'entrata dei Nani nella sua vita. Dopo aver mangiato e bevuto in mezzo a loro, Bilbo viene mosso al ripensamento dal canto e dalla musica dei Nani attorno al fuoco, come ha ben evidenziato pure il film diretto dal regista neozelandese Peter Jackson. In quel canto sincero e accorato sta tutto lo struggente desiderio del cuore dei Nani, il loro onore, la loro gloria, la loro capacità di intraprendere una pericolosa avventura per salvare la propria storia: "Lontan sui monti fumidi e gelati in antri fondi, oscuri, desolati, prima che sorga il sol dobbiamo andare a riaver l'arpe e l'oro a noi strappati". Non sono quindi le sole parole di un saggio e paziente Gandalf a ricondurre Bilbo alle ragioni profonde della propria esistenza, ma il canto sublime e nobile dei Nani: "Allora qualcosa che gli veniva dai Tuc si risvegliò in lui, e desiderò di andare a vedere le grandi montagne, udire i pini e le cascate, esplorare le grotte e impugnare la spada al posto del bastone da passeggio". Tolkien accentua, nella descrizione della metamorfosi di Bilbo, due parole: il desiderio e il cuore. Pur appartenenti a razze diverse, Hobbit e Nani hanno un medesimo cuore ed un desiderio profondo di verità e bellezza che li accomunerà in una battaglia decisiva con Gandalf, ovvero colui che ha provocato il loro incontro. Tolkien, attraverso Bilbo, ci fa gustare ed accostare al significato etimologico della parola "desiderio", che letteralmente vuol dire "mancanza di stelle". Infatti lo Hobbit avverte, attraverso il canto e la musica dei Nani, questa mancanza di stelle nel firmamento della propria esistenza: "Bilbo guardò fuori dalla finestra. Le stelle erano apparse in un cielo buio al di sopra degli alberi. Pensò ai gioielli dei Nani che scintillavano in caverne buie…improvvisamente si rese conto che la musica e il canto si erano interrotti, e che tutti lo stavano guardando con occhi scintillanti nel buio". Stelle scintillanti, gioielli scintillanti e soprattutto gli occhi scintillanti e accesi dei Nani che, guardandolo, interrogavano Bilbo. Potremmo chiederci ora con Gandalf se Bilbo preferisse ancora il comodo bastone da passeggio o piuttosto la spada messa al servizio del Bene dei Nani.
I DRAGHI NON SANNO DISTINGUERE UN LAVORO BEN FATTO DA UNO FATTO MALE
Sarà il capo dei Nani, il fiero Thorin, a svelarci quanto sta davvero accadendo al cuore dello Hobbit: "Dove stai andando Bilbo?". Lo Hobbit rispose con un altro interrogativo: "Che ne pensate di un po' di luce?". Bilbo Baggins aveva bisogno di rischiarare e mettere a fuoco ciò che veniva chiesto a lui, così piccolo e insignificante agli occhi del mondo. Alla luce supplicata da Bilbo, Tolkien contrappone l'oscurità in cui si celano ed immergono i piani dei Nani: "L'oscurità ci piace!". I Nani, laboriosi e grandi scavatori di gallerie nelle montagne, erano stati segnati anche se non corrotti definitivamente dal potere malefico degli anelli. Proprio così, feriti anche se non completamente morti, potremmo dire usando una simbologia cristiana che allude al dogma del peccato originale. A Bilbo veniva richiesta un'indispensabile mano per recuperare i gioielli sottratti dal grande drago ai valorosi Nani. La sua importante piccolezza (ricordiamo che gli Hobbit sono più bassi dei Nani) e, soprattutto, il suo odore non poteva essere fiutato dall'onnivoro drago che, al contrario, annusava e sentiva la presenza del Nano. Da una porticina piccola, adatta alla statura di Bilbo, si poteva penetrare nella pancia della montagna dove il potente drago controllava il tesoro rubato. A Bilbo, quindi, venne affidata da Gandalf con il plauso dei Nani, una chiave piccola e strana. Lo scassinatore Bilbo era stato eletto ed assunto nell'intrepida avventura contro le forze oppressive del male: "Ed ecco il nostro piccolo Bilbo Baggins, lo scassinatore, lo scassinatore scelto e prescelto". Scelto ma innanzitutto prescelto, ribadisce Tolkien, dalla lungimiranza oserei dire evangelica, di Gandalf. Rammentiamo che nella Terza Era in cui è ambientata la storia non c'è traccia diretta di cristianesimo ma, come abbiamo ricordato all'inizio del cammino con Tolkien, il grande scrittore inglese fu cresciuto nella fede cattolica. Per riprendere ora la frase citata inizialmente in corsivo, potremmo chiederci con Bilbo: "Chi sono i draghi?". Era una domanda legittima, dal momento che Bilbo doveva eludere la sorveglianza dell'illecito tesoro sottratto dal grande drago Smaug e portare a compimento l'anelito del cuore dei Nani. Tolkien riprende qui un aforisma intelligente molto famoso di Oscar Wilde (1854-1900): "Il cinico è colui che sa il prezzo di ogni cosa ma non conosce il valore di alcuna". Il drago Smaug corrisponde perfettamente alla figura del cinico: a lui non interessa alcunché del lavoro e quindi della preziosità del tesoro fatto con le operose mani; egli non sa distinguere il vero valore. Smaug conosce soltanto miseramente il prezzo! Nella sua tristezza egli veglia costantemente sulla quantità e non fa che contare ogni perla preziosa, ogni monile, ogni gioiello, ma paradossalmente egli non sa gioire dei propri gioielli, come avverte sagacemente Thorin: "I draghi non godono neanche uno spillo di quello che hanno rubato". Per questo motivo Tolkien desiderava, fin dalla fanciullezza, vedere i draghi. Per questo motivo avvertiva pure che i draghi, come la potenza del maligno, dovevano essere estirpati dai nostri cuori ed allontanati definitivamente dalla nostra vita. Gandalf, Bilbo e i Nani potevano così unirsi in questa battaglia contro il Male.
Nota di BastaBugie: per approfondimenti su Lo Hobbit e Tolkien clicca sul seguente link
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=34
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