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L'OSSERVATORE ROMANO TENTA UNA IMPROBABILE RIABILITAZIONE DI THEILARD DE CHARDIN
Eppure le opere del gesuita francese racchiudono ambiguità ed errori gravi che offendono la dottrina cattolica
di Fabrizio Cannone
 

S. Tommaso, parlando dell'obbedienza e della disobbedienza, fissava i paletti dell'obbedienza virtuosa e legittima (cf. Somma Teologica, II-II, q. 104-195), affermando che «due sono i motivi per cui un suddito può non essere tenuto a ubbidire in tutto al proprio superiore. Primo, per il comando di un'autorità più grande».
E citava la Glossa di Pietro Lombardo che insegna così: «Se quindi l'imperatore comanda una cosa e Dio comanda il contrario, si deve ubbidire a Dio senza badare all'imperatore». E poi proseguiva: «Secondo, un suddito non è tenuto a ubbidire al superiore se questi gli comanda delle cose nelle quali il suddito non è a lui sottoposto (…). Perciò nelle cose riguardanti i moti interiori della volontà non siamo tenuti a ubbidire agli uomini, ma soltanto a Dio».
Sull'"Osservatore Romano" del 29 dicembre 2013 c'è un lungo articolo di Maurizio Gronchi che riabilita il pensiero di Theilard de Chardin, annullando l'importante Monitum emesso dal Sant'Uffizio contro il gesuita francese il 30 giugno del 1962. Di per sé non esiste nessun obbligo di "obbedire" alle prese di posizione di un quotidiano, e nemmeno di un quotidiano cattolico, ma "L'Osservatore" non è un quotidiano come gli altri. Nato per volontà del beato Pio IX, è l'unico giornale stampato all'interno dello Stato Città del Vaticano.
Il direttore è nominato dal Romano Pontefice e la testata esprime, logicamente, il pensiero della Santa Sede. Certo, quando si tratta di cultura, politica ed economia i redattori hanno una più grande libertà, ma questa libertà sarebbe induzione all'errore se vi si pubblicassero degli articoli contrari alla fede della Chiesa, al Magistero ecclesiastico e alla Tradizione. Questo caso purtroppo non è puramente ipotetico e l'articolo di riabilitazione del padre Theilard de Chardin ha almeno una valenza positiva: precisare meglio i limiti dell'obbedienza. Chi magari per desiderio di santa obbedienza al Sommo Pontefice Francesco e al suo quotidiano, seguisse la prosa del Gronchi sappia che andrebbe direttamente contro il Monito emesso nel 1962 per volontà del beato Giovanni XXIII.
Tutto ciò è così lampante che il giornalista lo ammette candidamente riportando il magnifico Monitum del Sant'Uffizio e definendolo «controverso e doloroso»: chi segue questo giudizio si oppone in realtà direttamente al Magistero di Giovanni XXIII. Il testo del Monito dichiara: «Certe opere del P. Pietro Teilhard de Chardin, comprese anche alcune postume, vengono pubblicate ed incontrano un favore tutt'altro che piccolo. Indipendentemente dal dovuto giudizio in quanto attiene alle scienze positive, in materia di filosofia e teologia si vede chiaramente che le opere menzionate racchiudono tali ambiguità ed anche errori tanto gravi, che offendono la dottrina cattolica».
Purtroppo il Magistero della Chiesa non piace a Maurizio Gronchi, il quale esalta Theilard oltre ogni plausibile lode, perfino ingannando il lettore con citazioni fuorvianti ed estrapolazione di giudizi. Secondo il Gronchi il pensiero dell'eretico francese contiene al massimo «certe lacune e difficoltà», ma non «ambiguità pericolose e gravi errori». Sull'"Osservatore Romano" si cita un documento del Magistero dottrinale della Chiesa e lo si giudica «controverso e doloroso». E qui siamo già sul cammino dell'apostasia. Poi si procede ad elogiare senza misura ciò che il Magistero ha condannato.
Quindi si pretende di correggere il giudizio del Magistero: non vi sarebbero "gravi errori" in Theilard, il quale nega il peccato originale e la distinzione tra materia e spirito, ma solo tollerabili «lacune e difficoltà». A nostro parere, però, se qualcuno vuole obbedire al Magistero della Chiesa, deve "non obbedire", non accettare, non approvare quanto scritto sull'"Osservatore Romano" del 29 dicembre 2013.

 
Fonte: Corrispondenza Romana, 08/01/2014