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MARGHERITA HACK GODE DI UNA FAMA IMMERITATA E INFATTI HA DOVUTO AMMETTERE: ''COME SCIENZIATA NON HO SCOPERTO NULLA''
Le sue frequenti apparizioni televisive sono dovute alla militanza comunista e ateista, unite alle sue posizioni favorevoli al testamento biologico, al matrimonio omosessuale e alla ricerca sulle staminali embrionali
di Francesco Agnoli
 

Inizio questa mio articolo riguardo alle battaglie culturali di Margherita Hack con una precisazione. La Hack viene presentata dai suoi fans come la «voce della scienza». Si cerca di proporre questa equazione: è una scienziata, quindi, quando parla lei, parla la scienza. In altre parole: ciò che dice lei è sempre esatto, come una formula matematica o come la legge di gravita. L'equazione, falsa, funziona presso il grande pubblico per un semplice fatto: che una laurea in astrofisica fa sempre la sua impressione.
 
"NON HO SCOPERTO NULLA"
Eppure, occorre dire subito tre cose. La prima: la Hack è al centro dell'attenzione più che per i suoi meriti scientifici, per le sue posizioni in campo etico, essendo sostenitrice del testamento biologico, del matrimonio omosessuale e della liceità della ricerca sulle staminali embrionali. In campo etico, però, gli scienziati non godono di nessuno status privilegiato. La storia è piena di illustri ricercatori che hanno servito il "razzismo scientifico", la costruzione di armi di distruzione di massa, gli esperimenti nazisti sull'uomo... La seconda: non basta una laurea in astrofisica per essere un grande astrofisico. Come non basta laurearsi in filosofia per poter sedere accanto a Socrate o a san Tommaso. La terza: è stata la stessa Hack, in varie occasioni, ad aver sostenuto con umiltà di non essere quel mostro della scienza che qualcuno, strumentalmente, vuole far credere. Quando il giornalista ateo Paolo Flores d'Arcais propose la candidatura della Hack a palazzo Madama con nomina presidenziale, lei stessa dichiarò: «È un onore, ma non credo di meritarlo, non ho scoperto nulla». Così è, in effetti. La Hack è un'abile divulgatrice, ma la sua fama è legata più che altro, come si è detto, alle sue dichiarazioni in campo etico, alla sua militanza comunista e alle sue frequenti apparizioni televisive.

SULL'EMBRIONE SBAGLIA
Fatte queste dovute premesse, esordisco da un articolo che la Hack scrisse su «Social News» del settembre 2009. In esso si faceva una durissima requisitoria contro la Chiesa Cattolica, colpevole (a suo dire) di aver sempre lottato con ottusa ferocia contro la scienza. Dopo alcune affermazioni storicamente infondate, la Hack arriva dove voleva arrivare: cioè a sostenere che la Chiesa, oggi, opponendosi alla ricerca, uccisiva, sugli embrioni umani, ripeterebbe i mitici errori del passato: «la ricerca sulle staminali embrionali è essenziale perché la Scienza ha dimostrato che può permettere la guarigione di malattie fino ad oggi inguaribili. Frenarla per questioni religiose e ideologiche è un delitto...». La scienza, scrive la Hack, «ha dimostrato»: se le parole hanno un significato, ciò vorrebbe dire che oggi sono possibili svariate cure attraverso l'uso delle staminali embrionali. Invece non è affatto vero. All'epoca non esisteva una sola cura del genere. Ma la Hack continuava la sua requisitoria: «l'embrione è solo una cellula», di cui, evidentemente, si può fare ciò che si vuole. Peccato che sia una cellula con 46 cromosomi, cioè appartenente alla specie umana, e che ognuno di noi, quindi, sia stato null'altro che un em­brione: però lasciato vivere.
La definizione dell'embrione umano data dalla Hack potrebbe però, a rigore, essere adattata così: perché non sperimentare sull'uomo, che «non è altro che un ammasso di cellule»?
Dall'articolo in questione, passo ad una delle ultime fatiche della Hack, Perché sono vegetariana. In essa la Hack riassume fatti e idee fondamentali della sua vita.

SCIENZIATI CREDENTI
Prima di analizzarli vorrei però riflettere su due vicende: la nascita della Hack a Firenze, in via Ximenes, e il conferimento alla Hack, nel 1994, del premio scientifico denominato «Targa Piazzi». Ximenes e Piazzi: chi erano costoro? Leonardo Ximenes (1716-1786) fu un sacerdote della Toscana del Settecento. Astronomo, geografo di sua maestà imperiale Francesco Stefano, matematico reale dell'arciduca Pietro Leopoldo di Toscana, tra le altre cose fondò l'osservatorio astronomico di Firenze che ancora oggi porta il suo nome e fu impegnato per un trentennio (1755-1785) nei principali lavo­ri idraulici e stradali del Granducato e di altri Stati italiani.
E Piazzi? Giuseppe Piazzi (1746-1826) fu un sacerdote teatino, fondatore e direttore dei prestigiosi osservatori astronomici di Palermo e Capodimonte. Nel 1801 inoltre scoprì il primo degli asteroidi, cui dette il nome di Cerere, assurgendo così a fama internazionale. Casi isolati di cattolici e di sacerdoti, amici dell'astronomia, più unici che rari? Al contrario. Sarà bene ricordare che sino al 1750 circa furono per lo più le cattedrali a fungere da embrionali osservatori astronomici e a fornire lo spazio per la costruzione di importanti meridiane, tra cui quella, celeberrima, di Bologna. E proprio a Bologna, città dello Stato pontificio, nacque nel XVI secolo il primo osservatorio astronomico, con il consenso e il supporto finanziario della Santa Sede e di altre autorità ecclesiastiche.
Tornando agli anni di Piazzi e Ximenes, fu l'abate Giuseppe Toaldo (1719-1797) l'autore del progetto di conversione della Torlonga nell'Osservatorio Astronomico di Padova. Analogamente a Firenze, Padova, Palermo, Napoli, Roma ecc., anche a Torino le origini delle locali ricerche astronomiche videro protagonista un sacerdote, che è stato anche il padre dell'elettricismo italiano: il sacerdote scolopio Giovanni Battista Beccarla (1716-1781). Potrei continuare a lungo, elencando i circa 40 gesuiti astronomi cui sono dedicati crateri lunari, oppure il fatto che gran parte della meteorologia e della sismologia nacquero grazie a monaci e religiosi. Per brevità, però, basti ricordare alla Hack e ai suoi fans che nella storia dell'astronomia i grandi nomi non sono quelli di atei (nessuno), ma quelli dell'ecclesiastico Niccolo Copernico; del cattolico Galilei; del fervente cristiano protestante Keplero; del fondatore della spettroscopia e pioniere dell'astrofisica moderna padre Angelo Secchi... per arrivare, in tempi più recenti, al sacerdote che per primo ipotizzò l'espansione delle galassie e il Big bang, Georges Edouard Lemaitre (1894-1966).
 
IL VEGETARIANESIMO
Dopo questa digressione, torniamo al librino in questione. In esso la Hack sostiene, in coerenza con la dottrina teosofica ricevuta in eredità dai genitori, e in accordo con le religioni orientali di origine indiana, di cui si dichiara ammiratrice, il vegetarianesimo e l'animalismo. Il testo è dunque una descrizione minuziosa delle sofferenze degli animali sottoposti a macellazione, sperimentazione e quant'altro, intessuta di strali verso la religione cattolica e di professioni di fede materialista.
Interessa qui riflettere almeno su due fatti. Il primo: l'esaltazione delle filosofie induiste, proposta ad ogni pie sospinto in alternativa al cristianesimo, occulta il fatto che nella storia della scienza le religioni orientali non solo non hanno dato alcun contributo, ma anzi hanno funto e fungono tutt'oggi di ostacolo a qualsia-si progresso scientifico. Il secondo: la concezione della Hack porta coerentemente ad annullare la specificità dell'uomo, ridotto ad un aggregato di materia senza alcuno scopo ultimo. Così, per riallacciarmi a quanto si diceva all'inizio, allorché si ricordava l'assoluto disprezzo della Hack per l'embrione umano, rimane una forte perplessità: come può la celebre opinionista stracciarsi le vesti con tanta, encomiabile, passione, per la salvezza degli animali, senza mai spendere una parola che sia una contro la vivisezione e la macellazione degli embrioni e dei feti umani con l'aborto, la sperimentazione in laboratorio, la clonazione...? Può, certamente, perché anche la Hack appartiene a quella grande famiglia (che va dai verdi nazisti sino a Peter Singer, passando per quella bioeticista italiana che ha riproposto recentemente la liceità dell'infanticidio) che, negando l'esistenza di Dio e dell'anima immortale, finiscono poi per abbassare l'uomo sotto il livello dell'animale. Così, ancora una volta, diventa chiaro che senza Dio anche l'uomo è destinato a perdere il suo valore e significato.

 
Fonte: Il Timone, luglio-agosto 2012 (n.115)