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L'universo è spazialmente finito o infinito? L'idea oggi più diffusa è che sia infinito: è tanto grande, viene da pensare, che non ha fine. Eppure, se l'universo è infinito, perché vediamo intorno a noi solo realtà che nascono e muoiono, cioè finite? E se l'universo non è infinito, cosa c'è prima e al di là di esso?
Esattamente 100 anni fa, Albert Einstein getta le basi della cosmologia moderna. In Considerazioni cosmologiche sulla teoria della relatività generale respinge l'idea di un universo infinito e immagina l'universo come un "continuo concluso".
Per Einstein l'universo è spazialmente finito, di volume e circonferenza finiti, ma illimitato, senza frontiera. I concetti di finito e illimitato non sono in contraddizione: si potrebbe camminare a piacimento sulla Terra senza mai giungere ad un confine ultimo; nel contempo, tuttavia, nessuno dubita del fatto che la Terra possieda un volume finito.
Per il Nobel per la fisica Max Born "l'idea di uno spazio finito ma senza limiti" fornisce "la soluzione del mistero per cui il sistema stellare non si sparpaglia e non si dirada, a differenza di quanto accadrebbe se lo spazio fosse infinito" e "apre la strada al concetto moderno dell'universo in continua espansione" (R. Clark, Einstein, Rizzoli 1976, pp. 230-234). Ma, pur spazialmente finito, l'universo di Einstein è infinito nel tempo e statico: l'idea che possa espandersi è da lui giudicata assurda ed esteticamente non attraente.
LEMAÎTRE
Sono passati 10 anni dalla memoria di Einstein e il sacerdote Georges Lemaître contrappone all'universo statico di Einstein un universo dinamico, che cresce, si espande. Alcuni anni dopo, da questa intuizione ne nascerà un'altra: l'ipotesi dell'atomo primitivo, progenitore della moderna ipotesi del Big Bang. Così l'universo appare finito non solo nello spazio, ma anche nel tempo.
Per Lemaître questo è vero non solo alla luce della fisica, ma anche della filosofia: "nella realtà fisica l'infinito esiste solo in potenza, mai in atto" (M. Stenico, Dall'archè al Big Bang. Georges Edouard Lemaître e la grande narrazione cosmica, Quaderni di archivio Trentino 2017, p. 67). Egli ritiene che le incredibili dimensioni cosmiche suggeriscano all'uomo di fede quello che la Bibbia insegna: la sua dignità di figlio di Dio e la sua piccolezza di creatura contingente.
Un universo finito nello spazio e nel tempo non piace ai materialisti coevi, in particolare al mondo comunista, che scomunica le cosmologie di Einstein e di Lemaître e proclama dogmaticamente l'infinitezza di materia e di spazio. Per i materialisti non può esserci nulla prima dell'universo e al di là di esso.
Ma ai fisici è ormai chiaro: che prima del Big Bang non vi fossero né spazio né tempo, non è affatto un'idea illogica, anzi. Come scrive il filosofo della scienza Paolo Musso (La scienza e l'dea di ragione, Mimesis 2011, p. 464), "possono esistere solo distanze che crescono nel tempo (infinito potenziale), come per esempio quelle tra le galassie nel caso dell'universo aperto, che continueranno a crescere senza però mai giungere ad essere infinite di fatto (infinito attuale, che non può esistere nel mondo materiale, ma solo in quello dello spirito)".
I PADRI DELLA SCIENZA
Ma cosa pensavano i padri della moderna astronomia?
Per il cardinal Cusano (1401-1464) l'universo non è circoscritto dalle mura delle stelle fisse, ma ciò non significa che sia infinito: è, invece, "privo di termini entro i quali potrebbe essere racchiuso". Per Copernico (1473-1543) e Keplero (1571-1630) l'universo è incredibilmente vasto, immensum, ma chiuso, finito, perché "l'infinità appartiene solo a Dio". Per Cartesio (1596-1650) l'immensità della Creazione, deve spingerci a lodare Dio con maggior ammirazione e vigore; ma ciò non significa che l'universo sia infinito: "Non c'è che Dio solo che io concepisca positivamente infinito".
In accordo con lui, il grande matematico padre Marin Mersenne dice: "il mondo non può affatto pretendere di rispecchiare e rappresentare l'infinita potenza di Dio" (A. Del Prete, La Rivoluzione scientifica: modelli di conoscenza, Treccani 2002). Anche l'universo di Isaac Newton, coincidendo con quello biblico, è finito. Sarà l'"universo newtoniano", nella rivisitazione settecentesca, a divenire infinito nel tempo e nello spazio, e ad affermarsi per lungo tempo, sino al 1917.
L'universo infinito, assente presso i grandi scienziati, compare invece nella visione panteista di Giordano Bruno (1548-1600), come abbiamo sopra anticipato. È un'idea di cui oggi, a livello scientifico, non rimane molto. Già all'epoca, Bruno trova nei veri scienziati i suoi avversari. In particolare il già citato Keplero, secondo cui un corpo infinito non può esistere, e una "misurazione infinita non è concepibile".
ALCUNI SCIENZIATI CONTEMPORANEI
Oggi, per l'astrofisico italiano Giovanni F. Bignami "L'universo è molto grande e le osservazioni astronomiche indicano che sta continuando ad espandersi. Le sue dimensioni però sono finite e sono determinate dalla quantità di materia e di energia che contiene" (G. F. Bignami, I marziani siamo noi. Un filo rosso dal Big Bang alla vita, Mondadori 2012, p. 188).
L'astrofisico T. X. Thuan ricorda che è grazie al concetto di "curvatura dello spazio" che "possiamo capire come sia possibile che lo spazio non abbia un confine pur restando rigorosamente finito. Se questo vi pare impossibile, mettetevi nei panni di un Magellano o di un Phileas Fogg intenti a fare più volte il giro del mondo. Per quanti giri facciate, non incontrerete mai alcun limite. Mai un muro o un bordo a sbarrarvi il cammino. Ciò nonostante, la superficie della Terra è finita. Ciò è possibile perché la Terra non è piatta ma curva". Analogo il discorso per l'universo (T. X. Thuan, Lo scienziato e l'infinito, Dedalo 2014, p. 96).
Pur essendo finito, l'universo è smisuratamente grande, e l'uomo è un puntino microscopico. Ma quella dell'universo è una grandezza spaziale, quantitativa, non qualitativa. Copernico, Keplero, Galilei, Pascal, ecc. ritenevano che la dignità dell'uomo non stesse nello spazio che occupa, ma nella sua capacità di pensare e di amare.
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