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« Torna agli articoli di Francesco
Qual è il fine principale della vita dell'uomo, di ogni uomo sulla terra?
Molti a questa domanda rispondono la felicità, la soddisfazione, la famiglia, altro. Son tutte cose comunque da cercare, sempre in riferimento a Dio e con mezzi leciti.
Sono però scopi accidentali. Quel che non si deve fare è farle diventare l'unico scopo della vita, l'idolo a cui assoggettarsi.
Il Dragone nel suo commento porta un esempio che rende bene l'idea: «un missionario domandò a un povero pagano cinese perché era sulla terra. "Per magiare riso", rispose». Poi commenta: «quanti, anche tra i cristiani, a una simile domanda risponderebbero che sono sulla terra per mangiare, bere, godere!».
Cristo spiega chiaramente quale deve essere il fine principale di ogni uomo, quello per cui Dio lo ha creato, quando risponde allo scriba che il primo e più importante comandamento è quello di amare Dio con tutto noi stessi (Mc 12, 28-32).
IL CATECHISMO DI SAN PIO X
San Pio X in questo numero scrive "conoscerLo, amarLo e servirLo" non a caso, ma secondo un ordine preciso. In sostanza, non mette prima il conoscere senza un motivo particolare. Il marito sposa la moglie dopo averla conosciuta nel fidanzamento, dopo averne apprezzato il suo modo di essere, di pensare, di fare. L'amore che ha per lei nasce, cresce e si mantiene perché la conosce.
Il Dragone scrive che «per amare bisogna prima conoscere. L'amore nasce dalla conoscenza dell'oggetto amato e porta a servire la persona amata» (commento al n. 13). Così, se non conosciamo bene Dio, non riusciremo mai ad amarLo veramente, con tutto noi stessi.
La normale propedeuticità è quella della conoscenza seguita dall'amore. È infatti difficile amare qualcuno o qualcosa se non si conosce. È chiaro che a volte ci sono situazioni personali che anticipano l'amore a Dio, in un modo per così dire istintivo, prima di conoscerLo. Questo però dovrà comunque - sempre - essere poi approfondito e mantenuto saldo con la conoscenza.
Preme chiarire che qui non si tratta di intellettualismo, di una fede intellettuale, dove la ragione, l'intelletto è unico padrone della scena lasciando da parte la volontà e l'amore. In questo caso diventerebbe infatti una fede sterile. Ma Royo Marin spiega che «la volontà in se stessa è senza dubbio inferiore all'intelletto, perché la volontà è potenza cieca» (Teologia della perfezione cristiana, n. 254). Senza la ragione, l'amore potrebbe essere indirizzato anche in modo errato o, meglio, verso l'errore. L'intelletto permette, con la conoscenza, di comprendere cosa è giusto amare.
COSA VUOL DIRE CONOSCERE DIO?
Questa è una domanda più importante di quel che molti pensano, perché dalla risposta scaturiscono atteggiamenti diversi verso Nostro Signore.
Conoscere Dio significa imparare tutti i suoi aspetti (non solo quelli che fanno comodo) come la carità, l'amore.
E, soprattutto, comprenderne il vero significato. La carità ai nostri giorni viene intesa come amore simile a compassione umana, ma è invece amore a Dio e, per amore a Dio, amore anche al prossimo (la cosa cambia radicalmente).
Oggi invece son molti quelli che non conoscono appieno Nostro Signore, ma lo guardano solo parzialmente, dimenticando gli aspetti che non piacciono. Quante volte abbiamo sentito dire "credo in Dio, ma..."?
Anche da questo scaturiscono i modi diversi di intendere la fede cattolica che oggi ci troviamo ad affrontare.
Una volta che si conosce interamente Dio, non si può non amarlo e, se non lo si ama, si contravviene ad uno degli obblighi principali che l'uomo ha per la sua vita terrena.
Lo si ama, tra le altre cose, perché è Colui che ci ha creati dal nulla e gratuitamente, per puro amore; che ci sostiene e ci dà il necessario per vivere, che ci attende paziente fino alla fine dei nostri giorni, che ci ama in modo perfetto.
Così come è spontaneo o, almeno, dovrebbe esserlo, per i figli servire i genitori per l'amore che hanno per loro, a maggior ragione dovrebbe esserlo verso Dio, per tutti i motivi appena ricordati.
Servire Dio significa soprattutto rendergli gloria in terra e restare in stato di grazia, rispettando tutta la sua Legge, tutti i suoi Comandamenti. Significa quindi rispettarLo e onorarLo, mettendoLo in primo piano nella nostra vita e non relegandoLo all'angolo del nostro tempo residuo. Significa pregare e avere fiducia in Lui, affidarsi a Lui. Significa difendere la nostra fede.
Anche questo, però, come è evidente, si può fare bene solo conoscendo in modo chiaro e integrale tutta la sua Legge, tutto quel che Lui vuole.
Una conoscenza parziale o volutamente settaria porta a non riuscire a servirLo come dovremmo. [...] Se Dio è anche Giustizia perfetta, ma noi sappiamo, consciamente o meno, che invece sia solo Misericordia perfetta, riusciremo a servirLo bene?
In conclusione, rifacciamoci alla riflessione del Dragone, per cui «il buon cristiano agisce sempre conforme al fine per il quale è stato creato», e impegniamoci a conoscere Dio meglio possibile per poterLo amare e servire bene su questa terra e ottenere il premio conseguente: goderLo nella vita eterna in Paradiso.
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