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« Torna agli articoli di Giacomo Biffi
Maestro Ciliegia è un uomo senza grilli sotto la parrucca. Attende al suo lavoro e non si lascia incantare da divagazioni che tentino di spingere il suo interesse oltre ciò che vede e che tocca.
Non si domanda neppure da che parte arrivi quel pezzo di legno che, a suo dire, è capitato a tempo: la ritiene probabilmente una questione troppo metafisica.
Per lui un pezzo di legno è solo un pezzo di legno, in tutto uguale a quelli, che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e riscaldare le stanze.
Sicché non gli potrà toccare sorte diversa. Che se diventerà invece una gamba da tavolino, questa - agli occhi di un uomo positivo come maestro Ciliegia - è indubbiamente per quel legno una fortuna insperata. Un progetto come questo è il massimo della fantasia e dell'ardimento che è consentito al nostro tranquillo e ragionevole falegname.
Il quale, uomo di princìpi e di buon senso com'è, può essere considerato, senza offesa per nessuno, raffigurazione di ogni sano e scientifico materialismo.
I princìpi di tutti i maestri Ciliegia sono chiari e indiscussi. Ne elenchiamo qualcuno.
Primo: solo ciò che si vede e si tocca è vero; il resto è abbaglio, frode, superstizione, superstruttura.
Secondo: solo ciò che è sempre capitato può capitare; se è avvenuto qualcosa di diverso da ciò che è sempre avvenuto, è segno che non è avvenuto.
Terzo: un pezzo di legno è solo un pezzo di legno.
Con questi bei princìpi - sui quali non accetterà mai di discutere perché gli parrebbe di mettere in dubbio il sole - il nostro maestro Ciliegia finisce col picchiare il sedere sul pavimento:
"Si trovò seduto per terra. Il suo viso pareva trasfìgurito, e perfino la punta del naso, di paonazza come era quasi sempre, gli era diventata turchina dalla gran paura".
Per cominciare vorremmo sollevare qualche riserva proprio sul terzo principio, quello che sembra così evidente da coincidere addirittura con lo stesso principio di identità. Ma, se lo si esamina da vicino, non convince: ogni essere, considerato per se stesso, senza che si colga nessun legame con la realtà totale e nessun aspetto che ecceda i suoi apparenti confini, è menzognero o, nel più benevolo dei giudizi, astratto. Nessun essere infatti esiste da solo, ma tutti sono parte di una totalità, la sola cosa che sia veramente e pienamente reale, e questa partecipazione conferisce di necessità ai singoli frammenti qualcosa di più di ciò che essi sono.
Un pezzo di legno, guardato per se stesso, è meno di un pezzo di legno, perché un simile sguardo non coglie il vincolo con l' «unitutto» - vincolo che è sempre in atto - né arriva a rendersi conto di tutte le virtualità che l'oggetto desume da questo vitale inserimento. D'altra parte un pezzo di legno che sia visto come parte del tutto vitalmente unificato è più che un pezzo di legno e le sue virtualità sono senza possibili previsioni.
La prevalenza della filosofia di maestro Ciliegia è la fonte delle più numerose e gravi aberrazioni che affliggono il mondo contemporaneo, intrigato com'è dallo scientismo e dal fisicismo. Tanto per capirci, facciamo qualche piccolo esempio: una medicina che curasse il fegato come fosse un paziente perfettamente autonomo rispetto al resto dell' organismo; una società che pretendesse di saper educare un bambino allontanandolo dalla famiglia; una dottrina sociologica convinta che un uomo possa essere ancora un uomo dopo che lo si è reciso dalla comunità e lo si è privato delle sue tradizioni; un pensatore cristiano che esaltasse una verità considerata per se stessa e avulsa dal concerto di tutte le verità raccolte nell'unità vivente dell'ortodossia: sono trovate tutte degne di maestro Ciliegia e dei suoi principi. Per non parlare degli abbagli che si riferiscono alla stessa struttura dell'essere, allorché si ritiene di poter conoscere un ente creato senza che sia coinvolto in questa conoscenza l'ente creatore, al quale invece ogni creatura è sempre ontologicamente correlativa.
Insomma, ogni essere parziale è veramente se stesso, se è visto nell' «unitotalità» entro la quale è stato progettato e voluto. Ma in quanto è nell'«unitotalità» è più che se stesso.
A questo punto tutti vedono che anche il secondo principio non si regge più: se nessun essere è una monade autarchica, ma è aperto alla vita dell'«unitutto», nessuno può misurare o presagire le reali virtualità di nessuno e le sorprese sono sempre possibili.
Il primo principio poi è interiormente contraddittorio, in quanto la forma assoluta, universale, eterna in cui viene formulato ne fanno nell'intenzione una privilegiata verità; verità che per altro non si presenta come alcunché di materiale verificabile dai sensi, sicché è palese la contraddizione dell' assunto.
Se avessero detto a maestro Ciliegia che quel semplice pezzo da catasta sarebbe diventato dopo molte traversie un ragazzino perbene, non avrebbe retto all'indignazione, lui che soltanto per avere udito uscire dal legno una vocina canzonatoria cadde giù come fulminato.
Agli albori del mondo, nessun maestro Ciliegia - se avesse potuto godersi lo spettacolo tra la folla degli spiriti celesti - avrebbe saputo anticipare il futuro. E agli inizi del fenomeno umano, avrebbe tutt'al più formulato l'ipotesi dell'avvento di una speciale varietà di scimmia, diversa morfologicamente dai quadrumani, ma con una sorte non dissimile. L'homo sapiens sarebbe stato per lui una bella sorpresa.
I materialisti non mancano di logica, mancano di immaginazione; più che dal ragionamento, sono sconfitti dalla fantasia: la storia effettiva del mondo è più grande di loro.
Ci sono molti buoni motivi per prendere sul serio l'ipotesi evoluzionista. Anzi, potrebbe addirittura essere ritenuta una persuasione certissima, se potessimo escludere in assoluto la probabilità che Dio si diverta un po' bonariamente alle nostre spalle. Dovremmo cioè essere sicuri che l'umorismo di Dio non stia allestendo lo spettacolo della vicenda cosmica come una commedia offerta agli angeli nel pomeriggio di un loro giorno di festa. A tal fine potrebbe avere disseminato gli strati terrestri di mandibole, di crani, di tibie e di ogni genere di reliquie appartenenti a esseri che non si sono mai sognati di esistere, per rallegrare i Cherubini con la contemplazione delle ingegnose ricostruzioni che noi coi metodi sottili della scienza ne sappiamo ricavare. È un sospetto che a rigore né la scienza né la filosofia sono in grado di dissipare.
In ogni caso, per rientrare nel novero delle persone posate diciamo che, se evoluzione c'è stata, lo sbalordimento è tutto di maestro Ciliegia. Per quanto si affatichi a tenere nei ranghi della destinazione comune il terribile pezzo di legno, non vi riesce. Il pezzo di legno rifiuta di assimilarsi alla catasta.
Nel complicato - ma in definitiva omogeneo procedere del cosmo, l'uomo è obiettivamente un sovversivo. Emerge da un frammento di materia che non si lascia travolgere dall'andamento generale delle cose, e cresce e si evolve secondo una linea inedita, unica, capricciosa. Con la sua comparsa l'«armonia» della natura è rotta per sempre, e ogni equilibrio ecologico a ogni epoca è rimesso in crisi.
L'uomo nasce da un pugno di materia viva che anarchicamente si è trovata una sua linea di sviluppo. Questo sviluppo prosegue ancora implacabile, mettendo seriamente a repentaglio l'ordine cieco, sordo e noioso della così detta natura. Chi sa che esiste lo Spirito, non se ne meraviglia. Ma un tipo come maestro Ciliegia resta senza fiato e arriva alle ipotesi materialisticamente più eterodosse: Che vi sia nascosto dentro qualcuno? Come a dire: che non sia vero che un pezzo di legno sia solo un pezzo di legno? Il suo buon senso però alla fine si impone e gli detta la regola fondamentale di tutti gli uomini come lui: lo non lo posso credere.
Ci deve pur essere - egli pensa - una causa accettabile dell'improvvisa anomalia che per un momento ha sconvolto un mondo fino allora ordinato e prevedibile:
"Guardò sotto il banco, e nessuno; guardò dentro un armadio, e nessuno; guardò nel corbello dei trucioli e della segatura, e nessuno; aprì l’uscio di bottega per dare un 'occhiata anche su la strada, e nessuno. O dunque?.. Ho capito, disse allora ridendo..."
Né aveva capito né aveva molte ragioni per essere allegro. Eppure la sola strada che egli si ostina a voler seguire è quella di riportare tutto entro le dimensioni di una realtà materialisticamente ammissibile e di negare che ci sia una vera differenza tra le cose: tutto è uguale, tutto entra negli schemi, lo spirito è troppo estroso e va rifiutato. Questo legno eccolo qui: è un pezzo di legno da caminetto come tutti gli altri: e a buttarlo sul fuoco c'è da far bollire una pentola di fagioli. Ma è una strada che non lo porta lontano, anzi lo porta a trovarsi alla fine malinconicamente seduto per terra.
Nota di BastaBugie: questo brano è tratto dal primo capitolo del libro del Cardinal Giacomo Biffi, "Contro Maestro Ciliegia. Commento teologico a Le avventure di Pinocchio", ed. Jaca Book
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