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« Torna agli articoli di Giacomo Biffi
La pagina evangelica che abbiamo ascoltato propone e sviluppa una immagine: quella del "seme". Le immagini usate dal Signore Gesù di solito sono, per chi riflette con animo attento e aperto, delle folgorazioni di verità che non si possono più dimenticare: esse restano nel patrimonio del pensiero umano, proprio perché sono al tempo stesso semplici e ricche di luce.
LA PAROLA DI DIO, PICCOLO SEME CON IMMENSA FORZA VITALE
Dunque, la parola di Dio è un seme. Non c'è nulla di più esiguo, di più debole, di più incerto nel suo futuro, di un seme. Sembra una piccola cosa inerte, e ha dentro di sé una carica incalcolabile di vita. Si affida alla terra, al vento, alle forze della natura, senza nessuna garanzia di successo; ed è la sola speranza di fecondità che è data al mondo, l'unica prospettiva aperta a un avvenire. Il seme si nasconde fino a scomparire: nessuno che passi per la strada riesce a percepire la differenza tra un solco che è stato inseminato e un solco che non lo è stato. Il seme pare una realtà condannata a essere sconfitta: il suo destino è lo sfacelo e la morte. Ma proprio in virtù della sua morte è data alla vita la capacità di risorgere e di salvarsi. Non c'è nulla offerto più generosamente di un seme: ogni albero diffonde i suoi semi a migliaia, prodigalmente, nella tenue speranza che qualcuno attecchisca. Proprio così, ci ha detto Gesù, è la parola di Dio: è debole, inerme, sopraffatta, in mezzo al chiasso e al martellamento ossessivo delle parole umane. Ma è la sola che resta, la sola vivificante, la sola in grado di fecondare le intelligenze e i cuori. Si avventura nel mondo senza illusioni di successo; ma se qualcosa di autentico, di nuovo, di imperituro nasce nell'uomo, nasce da lei. Le altre parole lasciano il più delle volte nello smarrimento di sempre. I mezzi di comunicazione (stampa, radio, televisione) riversano ogni giorno sulle nostre anime fiumi di parole vuote e vanificanti, morte e mortificanti; di parole che solleticano senza nutrire, che scintillano senza illuminare, che riempiono gli orecchi e ci lasciano aridi nel nostro essere più profondo e più vero. Il multiloquio mondano è un diluvio che ogni giorno ci sommerge. Ma se vogliamo un po' di luce, un po' di sostentamento, un po' di consolazione, dobbiamo aprirci alla parola di Dio.
La parola di Dio, che nella liturgia della Chiesa piove su di noi con grande abbondanza, sembra sempre un po' sciupata: vinta e inefficace tra gli accadimenti della storia, quasi irrilevante nel clamore della cronaca. Eppure i fatti che davvero contano, gli eventi che segnano le esistenze, le novità decisive sul serio, nascono proprio dall'incontro segreto della parola di Dio con la coscienza dell'uomo. Lo testimoniano le vicende di tutti i grandi santi.
IL TERRENO NOSTRO SU CUI E' SEMINATA LA PAROLA
Perché, se la parola di Dio è un seme, il nostro mondo interiore è un "campo": così Gesù completa e rifinisce l'immagine. È un campo insidiato dagli uccelli voraci dei pensieri che contrastano i disegni del Padre e delle attenzioni sviate. È un campo troppo spesso isterilito dalla superficialità e dalla incostanza, cioè da quell'atteggiamento dello spirito che non ci interdice di accogliere la proposta cristiana con gioia e magari con entusiasmo, ma ci fa rifuggire dagli impegni prolungati, soprattutto dagli impegni totali e senza ritorno, che però sono gli unici a essere degni di Dio; sicché la verità divina non riesce a mettere radici tenaci dentro di noi. È un campo talvolta ingombro di passioni incontrollate, di desideri terrestri troppo intensi, di preoccupazioni che non lasciano alcuno spazio ai pensieri del Regno e della vita eterna. È un campo però che deve stare sempre in attesa del seme; che deve sempre ricominciare ad accoglierlo, sperando sempre in una miglior fecondità per il domani; un campo che almeno intende e vuole dare i frutti che il Divino Seminatore si aspetta. A noi, che andiamo abitualmente alla scuola di Gesù, è dato di conoscere i misteri del Regno dei cieli: su di noi la parola di Dio discende senza avarizia, e la nostra appartenenza ecclesiale ci consente di capirla nella sua verità. Preghiamo perché non discenda inutilmente e perché la nostra comprensione non resti puramente intellettuale, ma investa tutto il nostro essere e il nostro agire.
Preghiamo perché anche per noi si avveri quanto sta scritto nelle profezie di Isaia: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigata la terra e averla fecondata..., così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata.
Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.
ALTRA OMELIA XV DOM. TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 13,1-23)
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