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OMELIA XXVII DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Mc 10,2-16)
Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto
di Giacomo Biffi
 

Essere cristiani significa essenzialmente riconoscere Gesù come Signore e Maestro, Signore dei nostri cuori e Maestro delle nostre menti. E riconoscere Gesù come Signore e Maestro significa ritenere che il nostro modo di ragionare e di vivere deve conformar si al suo insegnamento, anche e soprattutto quando il suo insegnamento è in contrasto con le idee, le norme, i comportamenti che nostra società appaiono dominanti.
Oggi la parola di Dio ci richiama uno dei punti dove l’opposizione tra il Vangelo e il mondo è più netta, più stridente, più dolorosa: si tratta del diverso modo di concepire l’unione dell’uomo e della donna nel matrimonio.
È un argomento che tocca in profondo la nostra umanità, che provoca la nostra sensibilità e suscita la reazione degli animi, che è di estrema rilevanza per tutto il modo di condurre la nostra esistenza. Tanto più siamo chiamati a restare coerenti anche in questo campo con la nostra qualifica di cristiani.

GESÙ RIVENDICA L’INDISSOLUBILITÀ ORIGINARIA DEL MATRIMONIO
La narrazione evangelica ci dice che i farisei vengono un giorno a interrogare Gesù a proposito del divorzio, e lo fanno per metterlo alla prova, cioè per avere un pretesto di accusarlo e un’occasione di renderlo impopolare. È una questione che ai nostri giorni “mette alla prova” anche la Chiesa e i pastori d’ani me, che quotidianamente sono penosamente alle prese con le conseguenze di una legislazione che ha spezzato l’antica tradizione del nostro popolo e si è posta in conflitto con la parola di Cristo.
Il pensiero di Gesù era già noto, perché l’aveva espresso nel Discorso della montagna. Proprio per questo l’intervento dei farisei appare provocatorio, chiaramente finalizzato a dimostrare Gesù come non rispettoso della legge mosaica.
Mosè aveva regolato questa materia, limitandosi a prescrivere che il marito, quando si stancava della moglie, dovesse mettere per iscritto le ragioni del ripudio. L’interpretazione rabbinica non era concorde sulla validità di queste possibili ragioni, che dovevano essere più o meno gravi, più o meno futili a seconda dei vari dottori della legge. Ma Gesù non si lascia impigliare in questa contesa. La sua risposta è come una spada di luce, che taglia tutte le discussioni. Egli dichiara che la verità va ricercata non nelle sottili argomentazioni dei dotti, ma nel progetto originario di Dio.
Secondo questo progetto, l’uomo e la donna che si uniscono nel matrimonio assumono tra loro un vin colo che è più tenace di quello che c’è tra un figlio e i genitori (Lascerà suo padre e sua madre…) e ugual mente insopprimibile. Ciò che avviene, avviene per sempre. Quell’unione è difatti il naturale principio di una realtà che non si distruggerà più: la creatura chiamata all’esistenza dall’amore sponsale è immortale. In essa il padre e la madre restano come saldati tra loro, anche quando essi ritengono di essersi tra loro divisi in virtù di una legislazione compiacente.
Qui Gesù appare davvero il Figlio di Dio e il Padrone dell’universo: solo lui poteva introdurre qualcosa di veramente nuovo nella storia ripetitiva dell’egoismo umano. L’indissolubilità del matrimonio era allora per tutti un fatto inaudito: né gli ebrei né i pagani la conoscevano. Ma, dice Gesù, perché tutti si erano allontanati dal disegno del loro Creatore.
Anche i suoi fedeli discepoli sono stupiti di questa novità e rientrati a casa lo interrogano ancora sull’argomento. E ancora Gesù ribadisce la sua affermazione, chiarendo in più che, a differenza di quel che allora tutti pensavano, non c’è diversità di condizione tra l’uomo e la donna. Fino a quel momento, l’uomo era, nelle varie legislazioni, un privilegiato: a lui solo, e non alla donna, era consentito di rompere il matrimonio. Il Figlio di Dio proclama per la prima volta l’uguale dignità e l’uguale diritto dei due contraenti.
LA NECESSITÀ DI UNA PREPARAZIONE ADEGUATA AL MATRIMONIO PER I NOSTRI GIOVANI
Questo è ciò che il Signore pensa dell’unione sponsale. Pensare diverso vuol dire mettersi in pericolo di per correre una strada di malessere, di scontentezza, di sventure che spesso si ripercuotono sugli innocenti, cioè sui figli. Ai nostri ragazzi non mancano di solito le proteine, le vitamine, i mezzi di istruzione e di svago. Ma troppo spesso – da parte di chi disattende il comando di Cristo – essi vengono derubati dei loro più importanti diritti: il diritto di crescere in una famiglia stabile, concorde, in pace; il diritto di avere dei genitori che sappiano sacrificarsi per il bene dei figli; il diritto di avere un padre e una madre che si integrino a vicenda nell’opera educativa; il diritto di non essere vezzeggiati e colmati di regali da un padre e da una madre in discordia tra loro e quindi in gara per accaparrarsi con i doni e le concessioni l’affetto del figlio.
Certamente il disegno di Dio è impegnativo, la sua proposta è altissima e talvolta sembra esigere troppo dalla nostra debolezza e dalla nostra fragilità. Appunto per questo al matrimonio bisogna che i giovani si preparino bene, con serietà e con determinazione, senza lasciarsi forviare dalla frivolezza e dalla stupidità che troppo spesso caratterizzano i discorsi che si sentono in giro, gli spettacoli che si vedono, gli esempi sciagurati di molti personaggi famosi.
Hanno una vita sola da vivere: se non la vogliono sbagliare, devono mettersi in ascolto della parola del Signore, chiedendo a lui nella preghiera tutta la luce e la forza necessarie per vivere secondo il suo disegno.

Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Fonte: Stilli come rugiada il mio dire