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« Torna agli articoli di Giano Colli
Il 5 marzo scorso è stato organizzato dagli studenti nella facoltà di Lettere e Filosofia di Siena un incontro intitolato "Tuteliamo la legge 194 per un mondo migliore", sottotitolo "Ragazze, sveglia! C'è chi vuole decidere per noi. Incontriamoci". Nei primi venti minuti è stato proiettato un filmato: si è così inteso evidenziare il percorso storico che ha portato all'approvazione in Italia della legge 194 con cui è stato legalizzato l'aborto.
Ciò che mi ha più colpita è che, negli interventi successivi al filmato, è stato fin da subito evidenziato apertamente e senza mezzi termini qual è il vero punto cruciale della battaglia a favore dell'aborto: un intenso odio contro tutti i valori cattolici e soprattutto contro la Chiesa e il Papa.
I presenti, una trentina di ragazzi, dandosi man forte a vicenda, hanno fin dal primo intervento sostenuto con chiarezza che se l'Italia è stata così tardiva rispetto alle altre nazioni, sempre più all'avanguardia di noi, nell'approvazione della libertà di abortire della donna è colpa solo dei cattolici. Per essere ancora più precisi, la risaputa arretratezza dell'Italia (da loro sostenuta) è causata da un solo cancro: la presenza dello Stato Vaticano proprio al centro della nostra sfortunata nazione. E ancora: adesso che la RU486, la pillola che procura l'aborto chimico, già in commercio in alcuni Paesi, sta diventando una realtà che richiama sempre più attenzione anche in Italia, "dobbiamo difenderci da Benedetto XVI che, purtroppo, non è Giovanni Paolo II".
Le riflessioni da fare sarebbero molteplici: l'aborto e la legge 194 che lo legalizza sono una libertà della donna o piuttosto una pressione culturale che ostacola la piena realizzazione di un naturale istinto femminile (avere figli)? Lo Stato che legalizza l'aborto asseconda la libertà della donna o "se ne lava le mani" davanti ad un problema sociale molto grande, abbandonando la mamma al proprio destino (ricorda un certo Pilato che per non aver impicci...)? Perché gli aborti sono gratuiti, finanziati con le tasse, i soldi dei cittadini, mentre non viene stanziato nessun centesimo nei confronti di una mamma che, pur con notevoli difficoltà economiche, decide con coraggio di partorire? La Chiesa ha contribuito alla chiusura mentale degli italiani oppure testimonia e promuove la cultura e l'apertura al rispetto della dignità umana?
Potrei dilungarmi ancora molto con queste domande, che avrei voluto porre ai presenti e che mi piace rivolgere almeno a voi che leggete e a me stessa. Nel contesto della riunione, però, mi interessa porre l'attenzione sul punto che mi ha scossa: ma la riunione promossa dagli studenti non doveva parlare della legge 194? Eppure ogni intervento aveva un solo obiettivo: attaccare la Chiesa Cattolica. La legge era solo un pretesto. Possibile che esista un esercito di persone che odia a tal punto i sani e razionali valori del diritto naturale? Possibile che nessuno dei presenti abbia mai sentito dire che è proprio grazie a Gesù e conseguentemente alla Chiesa che è stata riconsegnata alla donna la dignità di persona? Possibile che si abbia la percezione che il Papa abusi e strumentalizzi la donna e non che continui a difendere il suo diritto alla maternità, nonostante la cultura e la società contemporanee remino in senso contrario?
Il paradosso era anche che durante la riunione era chiaro che, pur condividendo uno scopo comune (contrastare con tutte le proprie forze la Chiesa Cattolica) per il resto la confusione era grande. Ad esempio, alcuni dei presenti sostenevano che la donna è libera di scegliere l'aborto solo nei primi tre mesi di gravidanza; altri però ribattevano che "forse" doveva poterlo scegliere fino a sei. Un ragazzo infine sosteneva che fino all'ultimo giorno prima del parto la donna doveva essere lasciata libera di scegliere fra una maternità responsabile oppure un aborto; e non si capiva perché molti gli dessero contro, sostenendo che la scelta dell'aborto può avvenire solo all'inizio di una gravidanza. Qualcuno sosteneva che bisogna stare attenti a parlare di "vita", perché anche quella di un albero è una vita, ma nessuno ne chiede il funerale se si abbatte.
Poi l'incontro ha toccato un vertice di involontaria comicità quando una ragazza urlando ha detto: "Vogliono costringerci a partorire e magari con ciò a smettere di lavorare! Ad esempio mia madre ha rinunciato alla carriera per partorire me! Vi sembra giusto?". Né la ragazza, né i presenti si sono accorti dell'autolesionismo contenuto in tali affermazioni...
Soltanto gli ultimi due minuti della tristissima e superficiale riunione si è arrivati al punto cruciale della questione: quando si può dire che inizia la vita umana? Ovvero: quando un aborto diventa omicidio? Ma l'argomento non è stato considerato sufficientemente degno di interesse. Così solo un ragazzo si è azzardato a dire che "qualcuno" dovrebbe prendersi la responsabilità di identificare il momento preciso in cui inizia la vita. Magari però non la scienza perché quella troppo spesso cambia opinione... Ma ormai il tempo a disposizione per la riunione era finito ed evidentemente i presenti se ne sono andati appagati con la convinzione che i temi importanti e fondamentali fossero già stati ampiamente trattati.
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