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« Torna agli articoli di Giulia Tanel
Cinquant'anni fa, tra il 15 e il 18 agosto 1969, si svolgeva vicino a Bethel, una cittadina rurale dello Stato di New York, la Fiera della Musica e delle Arti di Woodstock. Nell'immaginario collettivo, che si è costruito una (fuorviante) idea del festival grazie al documentario - premio Oscar nel 1970 - dal titolo "Woodstock: tre giorni di pace, amore e musica", si è trattato di un festoso e pacifico raduno di giovani che ha dato slancio al movimento controculturale che ha visto nell'affermarsi della "rivoluzione sessuale" e nella conquista dei cosiddetti "diritti civili", in primis aborto e divorzio, i suoi frutti più eclatanti.
Eppure, una lettura meno disincantata e più attinente ai fatti, unita a un'analisi delle conseguenze derivate, non solo è possibile, ma è anche un dovere di verità. Ed è proprio questa l'analisi che propone K.V. Turley sul National Catholic Register, innanzitutto affermando che Woodstock, inteso appunto secondo la concezione più diffusa del fenomeno, «non è mai esistito. Era un campo fangoso con quasi mezzo milione di giovani, molti dei quali erano drogati e ascoltavano musica rock attraverso un cattivo sistema di diffusione sonora con carenza di cibo e servizi igienici. [...] Eppure, come gran parte dei miti degli anni '60, la leggenda che è stata stampata sul festival è totalmente fuorviante».
Non c'è stato solo Woodstock, naturalmente: sempre nel 1969, questa volta in California, si svolse l'Altamont Free Concert, presentato come il West Coast Woodstock, che vide i Rolling Stone suonare come primo pezzo la canzone Sympathy for the Devil, dopo che già durante la "mitica" Summer of Love del 1967 avevano registrato l'album Their Satanic Majesties Request... Le parole parlano da sé e questi eventi, rileva Turley, «non sono che i mezzi con cui gli aspetti di quella rivoluzione [sessuale, ndR] continuano ad essere glamour, anche se è stata, e continua ad essere, una rivoluzione mortale come qualsiasi guerra e, con il senno di poi di mezzo secolo, con altrettante causalità». Infatti, si domanda ancora il giornalista, «è una semplice coincidenza che il festival controculturale di Woodstock abbia avuto inizio durante la festa dell'Assunta? O se Altamont si è tenuto durante la festa dell'Immacolata Concezione? O che l'inno hippy originale dell'estate del 1967 e oltre San Francisco (Be Sure to Wear Flowers in Your Hair) è stato rilasciato il 13 maggio, festa della Nostra Signora di Fatima?».
Quanto è certo, chiosa Turley, è che quello che Woodstock rappresentava - e ancora rappresenta - continua a seminare falsità demoniache nel mondo. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, ogni giorno. Come ha recentemente dichiarato al New York Times Roger Daltrey, della rock band inglese The Who, che nell'agosto del 1969 era presente in prima persona a Bethel: «Woodstock non era pace e amore. C'erano un sacco di urla, di continuo. Quando tutto finì, i lati peggiori della nostra natura erano emersi».
Ecco perché, di fronte alle celebrazioni per il cinquantennio dell'evento clou dei "figli dei fiori", è importante, in prima istanza per i cattolici, smascherare l'errore portato subdolamente avanti dalla narrazione ideologicamente allineata e, di contro, riaffermare pubblicamente quella che è la Via, la Verità e la Vita: Gesù Cristo, il Salvatore.
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