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DIGNITAS PERSONAE
I sì della Chiesa molto più grandi dei no
di Giacomo Samek Lodovici
 

 Secondo Pietro Citati, su Repubblica di qualche giorno fa, la Chiesa pensa che «bisogna alzare muri, muretti, scavare fossati, puntare cannoni o piccoli fucili, alzare il dito, proclamare principi e assiomi». È un modo di pensare la Chiesa molto diffuso, rinforzato da numerosi commenti alla Dignitas personae (chissà se Citati l’aveva in mente), la recente istruzione vaticana concernente alcune questioni di bioetica. Secondo molti «la Chiesa dice solo dei no». Tuttavia, la Chiesa non parla solo di etica, ma anche di Dio e della vita eterna, per fare solo due esempi. Inoltre, i 'no' della Chiesa sono il risvolto, quasi mai spiegato dai media, di un’etica del 'sì' e, ancora più a fondo, di un’etica dell’amore. Infatti, fedele al 'comandamento dell’amore' di Gesù – «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso» (Lc 10,27) – l’etica proclamata dalla Chiesa non può non difendere la dignità di ogni essere umano: concepito, malato terminale, disabile in stato 'vegetativo', ecc. Ovviamente, si può discutere sullo status di questi esseri umani; ma, a chi vuol vedere le cose, dovrebbe essere almeno chiara l’intenzione della Dignitas personae,  visto che è esplicitata fin dall’inizio: «ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignità di persona. Questo principio fondamentale [...] esprime un grande 'sì' alla vita umana ». È l’amore (nella forma del rispetto e del desiderio-realizzazione del bene altrui) per l’uomo che anima il magistero morale della Chiesa. È l’interesse affettuoso verso ognuno di noi, in particolare se indifeso, debole, inerme, solo. Gli uomini di Chiesa, senza venir meno alla laicità dello Stato, dunque senza svolgere ruoli politici, bensì attraverso l’annuncio, hanno il dovere di pronunciarsi quando è minacciata la dignità dell’uomo.
  Benedetto XVI lo ha chiarito qualche tempo fa: «Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l’uomo non ci interessa?». La Chiesa, piuttosto, ha il «dovere di alzare la voce per difendere l’uomo», e, quando interviene sui temi etici, lo fa con argomenti ricavati dalla Rivelazione, ma anche con ragionamenti laici, che ovviamente si possono discutere, ma che si rivolgono a tutti. Poiché l’amore è il cuore dell’etica della Chiesa, non c’è da stupirsi che essa non stabilisca solo dei doveri e che gli atti moralmente più eccellenti non siano considerati doverosi. Per esempio, dare la vita per gli altri non è, salvo rari casi, un dovere e «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» ( Gv 15,13). Quanto ai doveri, essi possono essere affermativi (onora i tuoi genitori, ama il tuo prossimo, ecc.), oppure negativi (non assassinare, non rubare, ecc.). Ma i media quasi sempre riducono l’insegnamento della Chiesa ai doveri negativi, senza far presente che questi precetti sono la conseguenza ineludibile del precetto dell’amore, di un amore che dice un grande 'sì' all’uomo. Infatti, se amo il prossimo non lo devo calunniare, derubare, assassinare, ecc. Come dice s. Paolo: «il precetto: non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: amerai il prossimo tuo come te stesso. L’amore non fa nessun male al prossimo» ( Rm 1, 13, 8-10). E se amo il mio prossimo più indifeso, cioè il concepito, non lo devo abortire, fabbricare, manipolare.

 
Fonte: Avvenire, 17-12-2008