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IL CASO
Pier Giorgio Welby riuscì a farsi uccidere da Mario Riccio che, su sua disposizione, gli staccò il respiratore artificiale che lo teneva in vita e, per non farlo soffrire mentre moriva soffocato, gli iniettò dei sedativi.
Il Giudice penale prosciolse Riccio dall'accusa di omicidio volontario affermando che egli aveva agito nell'adempimento di un dovere: come medico curante di Welby (che lo aveva nominato qualche giorno prima) egli aveva infatti l'obbligo di interrompere la "terapia", perché Welby aveva revocato il consenso.
COSA SUCCEDERÀ CON LA NUOVA LEGGE?
I medici saranno obbligati ad interrompere la respirazione artificiale ai pazienti che lo chiedono.
I medici saranno obbligati anche ad interrompere la respirazione artificiale ai bambini o agli incapaci se i genitori o i legali rappresentanti lo pretenderanno.
Non è prevista per i medici la possibilità di sollevare obiezione di coscienza. Se, comunque, il medico si rifiutasse, il paziente potrà nominare un altro medico curante.
MOTIVAZIONE GIURIDICA
La respirazione (o ventilazione) artificiale non è menzionata dalla legge come "sostegno vitale" (come la nutrizione e l'idratazione artificiale) e, quindi, viene considerata terapia (articolo 3 comma 5).
In quanto terapia i medici non possono attivarla in mancanza del previo consenso informato scritto dell'interessato (articolo 2 comma 1).
Il consenso informato può essere sempre revocato, anche parzialmente (articolo 2 comma 5).
Non esiste nessuna norma che prevede che il rifiuto di terapie salvavita da parte dell'interessato sia inefficace.
(La legge recepisce due principi affermati nella sentenza nei confronti di Mario Riccio: che la respirazione artificiale è terapia e non sostegno vitale e che il consenso inizialmente dato può essere revocato. Si trattava di principi incerti che ora vengono sanciti per legge).
Quanto ai minori e agli incapaci: per ogni terapia occorre il previo consenso informato scritto dei genitori o del tutore (articolo 2 commi 6 e 7). Il consenso può essere rifiutato o revocato (articolo 2 comma 5).
Non esiste una norma che sancisca l'inefficacia del rifiuto o della revoca del consenso da parte del rappresentante legale nel caso l'omissione della terapia possa portare a morte il minore o l'incapace (un emendamento della sen. Bianconi che prevedeva: "Il consenso di cui ai commi precedenti non può contenere il rifiuto di trattamenti sanitari utili alla vita e alla salute del paziente. Il medico, ove ritenga che il consenso contenga indicazioni in contrasto con il comma 8-bis, le disattende indicando per iscritto i motivi nella cartella clinica" è stato bocciato al Senato, su parere contrario del relatore e del governo.
L'unica eccezione riguarda "una grave complicanza" o un "evento acuto" (articolo 2 comma 9).
Di fronte al rifiuto dei legali rappresentanti degli incapaci di prestare il consenso, il medico può (non è obbligato) ricorrere al Giudice (articolo 8 comma 2): se, comunque, è d'accordo con il legale rappresentante e stacca la respirazione non è responsabile della morte dell'incapace (perché la terapia non poteva proseguire per la revoca del consenso).
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