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La crisi economica? La guerra in Libia? Il terrorismo internazionale? Quisquilie signori miei. Il vero problema, a leggere Focus, è l'anidride carbonica, colpevole del surriscaldamento globale e quindi sicuro fattore inquinante. E' sempre lui il nemico pubblico numero uno da debellare: l'anidride carbonica. Purtroppo si tratta di un avversario subdolo, abile nel nascondersi, capace di permeare le attività più innocenti e trasformarle in bombe ecologiche mettendo così a repentaglio la salute di noi tutti. Non ci dobbiamo più difendere solo dalla desertificazione, dalla deforestazione, dalle discariche a cielo aperto e dalle polveri sottili che anneriscono i nostri polmoni. Ora il nemico si è infiltrato nelle pieghe più insospettabili della nostra vita. Tutto può inquinare, anche i momenti più gioiosi e peculiari dell'esistenza. Come un matrimonio.
Eh sì, nell'ultimo numero di Focus – Domande e Risposte in edicola da pochi giorni, si dice proprio questo: la celebrazione di un matrimonio inquina e non poco. Un titolo a due pagine infatti interroga così il lettore: "Quanto inquina un matrimonio in CO2?". La risposta pesa come un macigno sulla coscienza di quanti si sono già sposati e di quanti si apprestano a farlo: 7,5 tonnellate di CO2. Il tutto in un solo giorno.
I conti sono presto fatti e i solerti vigilantes ambientalisti di Focus non hanno dimenticato proprio nulla. Ecco dunque la Focus list che elenca, come una nuova Norimberga, i crimini ecologici dei futuri sposi e di quanti, in correità, con disarmante indifferenza e cinismo si sono buttati in questa festa davvero poco ecosostenibile.
Il primo gesto che offende madre natura è il trasporto tramite simpaticissima auto d'epoca della sposa in chiesa: 475 kg di anidride carbonica. Focus suggerisce la meno romantica ma più ecologica nuova 500. Ovviamente anche in questo caso i cattolici devono pur essere responsabili di qualche cosa. Ecco quindi che sul libro nero di Focus ci finisce anche la chiesa ove si svolge la funzione: il consumo elettrico produce 0,31 tonnellate di CO2 e, se non siamo in primavera, il riscaldamento 0,11. Roba da chiedere pronta confessione intanto che si è in chiesa. Poi ci sono gli spostamenti degli invitati al ristorante (si ipotizza un centinaio), il ristorante stesso e il pranzo. Ed arriviamo a quota 5,14 tonnellate. Ma la pignoleria degna dei migliori delatori stalinisti si spinge a scovare il marcio anche nelle attività in apparenza più innocenti: l'addobbare la chiesa con i fiori, la preparazione dell'album fotografico e degli inviti, il confezionamento degli abiti per la sposa, lo sposo e le damigelle. Ovviamente la parte da leone la fa il viaggio di nozze: 1,5 tonnellate di CO2. Insomma viene proprio da dire "e vissero felici e inquinanti".
Però l'ansia a questo punto ci cresce assai: a quando le incursioni di Greenpeace nelle chiese di mezzo mondo per bloccare questo scempio, impedendo agli sposi di pronunciare il fatidico "Sì lo voglio", e nei ristoranti al momento del taglio della torta? Almeno per non aggravare la situazione si eviti di mangiare sushi, aggiungiamo noi.
E dire che, a quanti di noi sguazzavano nell'ignoranza ambientalista più nera, il giorno delle nozze era sempre sembrato come il giorno più bello. (...)
Però al termine della lettura dell'articolo di Focus ci sorge qualche dubbio. Ma come farà Focus a stampare il proprio periodico non inquinando? Come riusciranno a non emettere CO2 i corrieri che distribuiscono la loro rivista nelle edicole e i lettori che si recano nelle stesse per acquistarla? Quanto inquinerà la sede di Focus? I dipendenti come raggiungono il loro posto di lavoro? A piedi?
Non è che sotto sotto Focus stia suggerendo che è meglio non sposarsi? E non solo perché il giorno del "Sì" inquina, ma anche per altri motivi? Meno matrimoni, meno bambini al mondo, meno gente che consuma e inquina e meno bocche che emettono CO2, ci verrebbe da concludere.
Pensate ad una esagerazione? Sbagliate. Nel 2009 la fondazione inglese Optimum Population Trust (OPT), che raccoglie il gotha dell'ambientalismo britannico, propose aborto e condom per ridurre le emissioni di anidride carbonica. Anche i sostenitori di questo progetto denominato PopOffsets si armarono di calcolatrice e arrivarono alla conclusione edificante che con il costo di 4 sterline per un preservativo si può impedire ad un bambino di venire al mondo e quindi risparmiare almeno una tonnellata di CO2.
Se si è stati poi così stolti da non aver usato queste precauzioni c'è comunque l'ultima spiaggia dell'aborto: "le 10 tonnellate di CO2 che vengono immesse durante un volo di andata e ritorno da Londra a Sydney, potrebbero essere compensate dall'eliminazione di un bimbo indesiderato in un Paese come il Kenya", aggiunge sempre la zelante OPT. Detto in altri termini: dato che necessariamente inquiniamo qualcuno deve pur pagare, con la sua vita, il biglietto aereo del bianco uomo d'affari. E secondo Roger Martin, direttore dell'OPT, il gioco vale la candela: "La riduzione di CO2 a 34 miliardi di tonnellate costerebbe 220 miliardi di dollari con il family planning, contro i mille miliardi di dollari che si dovrebbero spendere in caso di ricorso alle sole energie alternative".
Peccato che proprio lo stesso Malthus, celebre alfiere del controllo demografico, ammise che meno figli si hanno, più si consuma e quindi maggiore è l'inquinamento. Dati alla mano poi sono i single e non le persone sposate che consumano di più e quindi provocano maggiori emissioni di anidride carbonica.
Chiudiamo con una raccomandazione: speriamo che il lettore del presente articolo abbia scorso queste righe trattenendo il fiato. Altrimenti se Focus lo scopre sono guai.
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