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PER SCONFIGGERE LA CULTURA DELLA MORTE E' NECESSARIO RICOSTRUIRE UNA CULTURA DELLA VITA
Ecco perché giustamente il neonatologo Carlo Bellieni ricorda ai cattolici l'importanza della militanza culturale
di Francesco Agnoli

L'ottimo e coraggioso articolo di Carlo Bellieni sulla Bussola Quotidiana del 22 Novembre ha suscitato un discreto numero di polemiche. Questo accade ormai molto spesso nel mondo pro life italiano, ed è ben comprensibile. Quarant'anni di confusione, di ambiguità, di strani compromessi verbali e non solo, di confusione tra movimento e politica ecc., hanno generato sospetti, diffidenza, talora anche quando ciò non è né giusto né opportuno.
Eppure l'articolo di Bellieni è importantissimo e non può essere lasciato cadere. Anzitutto per l'autore: un medico di fama, un vero pro life, che ci mette da anni impegno, passione e competenza. In secondo luogo per il contenuto, per capire il quale occorre fare uno sforzo: contestualizzare. Come occorre fare sempre.
Proviamo a farlo.
Carlo Bellieni è uno dei 5 membri del direttivo di Scienza a Vita.
Ha scritto il suo articolo dopo l'ultimo convegno della sua Associazione, "Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia", a cui hanno partecipato il cardinal Bagnasco, e vari politici italiani, più o meno vicini a certe tematiche (Maroni e Bersani, per esempio, sono lontanissimi dall'essere pro life...Maroni, anzi, è forse uno dei più lontani, all'interno della Lega, a differenza di Cota e Polledri, tanto per fare un esempio).
Incontro con i politici significa parlare di leggi, ed in particolare, in questo momento, della legge di cui Bagnasco e Scienza e Vita sono stati tra i promotori: quella, molto ambigua, sul testamento biologico. Vera anticamera, per molti, dell'eutanasia. Ma non è questo di cui si vuole parlare.
Parlare di leggi, ha scritto Bellieni, non basta: "Ora è il caso di domandarci se questo basta. Cioè se quello che davvero occorre alla gente è solo il dialogo con i vertici della politica. E se davvero basta fare "buone leggi" per fare crescere un popolo. Probabilmente c'è dell'altro. Certamente c'è dell'altro".
Bellieni non ha dunque detto che non occorrono leggi giuste; non ha neppure scritto, ma certi sottintesi si possono intuire, che la legge in questione oggi, quella sul testamento biologico, non è poi così opportuna; neppure ha voluto dire che Bersani e compagnia, forse, non sono proprio i più adatti a parlare di certe cose... Ha solo detto: la legge non basta!
Ovvio: occorre l'educazione! In una società profondamente corrotta, infatti, le leggi buone non sono applicabili; mentre in una società sana, certe leggi disumane non nascono.
Pensiamo alla legge sull'aborto: non fu introdotta così, dall'alto, all'improvviso. Venne, come era inevitabile, dopo il 1968, la rivoluzione dei costumi, una cultura radicale e comunista che era ormai molto, molto diffusa (anche se non del tutto maggioritaria).
I radicali hanno prima arato il terreno, poi seminato, e poi raccolto, anche in termini di leggi.
Lo stesso hanno fatto sempre i cristiani: l'indissolubilità del matrimonio, per esempio, tanto cara alla Chiesa, non è stata imposta dagli imperatori cattolici, finché non è entrata nel costume della gente, nel suo cuore. Perché era stata insegnata, predicata, compresa...
Così il rispetto per la vita dei bambini, sconosciuto nel mondo antico, non è nato con le leggi di Costantino, ma semmai è stato prima preparato da secoli di discussione, e poi aiutato, ma non del tutto raggiunto, dalle leggi suddette. Lo stesso per la schiavitù: chi conosce questa pagina di storia sa bene che la Chiesa ha estirpato questa pratica dall'Europa non anzitutto con le leggi, che sono venute molto molto tardi, ma insegnando all'uomo la dignità umana dei figli di Dio, la comune paternità del Creatore.
Giustamente, dunque, Bellieni ha fatto notare che accanto al dialogo con certi politici, la Chiesa e il mondo pro life deve anzitutto, chè non lo hanno ancora fatto, "far crescere un popolo".
Cioè rieducare a tutti quei valori senza i quali non potremmo mai sconfiggere, così, con una bacchetta magica, l'aborto legale: pudore, fedeltà, senso dell'onore, della responsabilità, della famiglia, del peccato....
Se la Chiesa e il mondo pro life non fanno questo, a nulla servono i convegni con i politici e a nulla servirebbe, persino, una bellissima legge contro l'eutanasia: perché se si continua in questa direzione culturale, una buona legge sull'eutanasia, quand'anche ci fosse, non servirebbe a nulla. Verrebbe distrutta e resa inapplicabile dalla cultura dominante, dai magistrati, dai medici, dalle persone stesse.... Cosa fanno i sostenitori dell'eutanasia? Scrivono libri, girano, fanno incontri, a tappeto...Beppino Englaro è portato in giro come la Madonna pellegrina, a destra e a manca, mentre i cattolici, per lo più, stanno a guardare. E noi pro life? Un incontro ogni tanto a Roma, con Bagnasco e qualche politico.
Incontro in cui - qui parlo io, non Bellieni - si chiede alla politica una sorta di favore, una tantum, mentre nelle Chiese, ogni domenica, quasi nessuno parla della vita, dell'aborto, dell'eutanasia...
Mentre la gran parte dei preti, dei catechisti sposano spesso posizioni eterodosse... mentre i cattolici sono sovente i primi a non credere ai valori non negoziabili...
Iniziamo, cari vescovi della Cei, a rimotivare un popolo, a ricostruire una cultura della vita, a fare anche spiccia propaganda. Altrimenti con le tavole rotonde annuali, chiunque sia seduto al tavolo, non si ottiene nulla!
L'esempio è sempre quello della Croazia: con la legge abortista comunista, invariata da anni, e con una martellante campagna di educazione e di propaganda pro life sulla vita del nascituro, sulla sua dignità, sul senso del matrimonio, ecc.., gli aborti sono diventati pochissimi. Senza toccare la legge, che un giorno, si spera, verrà abolita del tutto.
Oggi un movimento pro life ha questo grande compito: non è oggi in grado di abrogare la 194, per esempio, con un referendum. L'abrogazione rimane certamente l'orizzonte verso cui muoversi, ma l'obiettivo va raggiunto sradicando la 194 dal cuore della gente, dai media, della cultura dominante... Come i voti si conquistano uno per uno, così le battaglie culturali non si vincono a buon mercato, chiedendo favori al politico di turno. Non arriverà mai se non il compromesso, o qualche piccola vittoria di Pirro.
Grazie a Bellieni di avercelo ricordato.

 
Fonte: La Bussola Quotidiana, 25-11-2011