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Doveva rimediare a una espressione che aveva fatto infuriare la comunità gay, così la giornalista Lucia Annunziata non ha trovato niente di meglio che usare i funerali di Lucio Dalla per fare l'atto riparatore, attaccando – tanto per cambiare – la Chiesa.
Alcuni giorni fa infatti, in una trasmissione televisiva, parlando delle polemiche sul festival di Sanremo, aveva detto: "Io Celentano l'avrei difeso anche se avesse detto che i gay devono andare al campo di sterminio". Immaginarsi la reazione degli attivisti omosessuali.
Così domenica la Annunziata ha cercato di farsi perdonare: "I funerali di Lucio Dalla – ha detto durante il suo programma in tv - sono uno degli esempi di quello che significa essere gay in Italia: vai in chiesa, ti concedono i funerali e ti seppelliscono con il rito cattolico, basta che non dici che sei gay. E' il simbolo di quello che siamo, c'è permissivismo purché ci si volti dall'altra parte". Questa uscita ha però provocato anche la dura reazione degli amici di Lucio Dalla, perché il cantante scomparso non aveva mai parlato della sua presunta omosessualità men che meno si era mai considerato gay.
La polemica è nata per l'intervento al termine della messa di Marco Alemanno, grande amico e collaboratore di Lucio Dalla – ma anche il suo compagno, secondo il chiacchiericcio gay -, che ha recitato profondamente commosso il testo di una canzone del cantautore scomparso, "Le rondini". Un finale che sembrava la trasposizione nella realtà del finale del film "Quattro matrimoni e un funerale", ma ciò non giustifica l'uscita dell'Annunziata che, con il codazzo di dichiarazioni dei vari esponenti gay, è stata una cosa di pessimo gusto, perché ha cercato di piegare i funerali di uno dei cantanti più amati dagli italiani in una promozione dell'orgoglio gay.
Il domenicano padre Bernardo Boschi, che ha pronunciato l'omelia in san Petronio e che era il confessore del cantautore, ha parlato senza mezzi termini di "vendetta dei gay che volevano fare del cantante una bandiera" e ha definito "sciacalli e iene" quanti hanno strumentalizzato la presenza di Marco Alemanno sull'altare.
A noi non interessa qui disquisire sulla omosessualità, presunta o reale, di Lucio Dalla. Ci interessa invece chiarire cosa insegna la Chiesa, visto che, cominciando dalla Annunziata, sono state dette molte cose non vere. Per il funerale in chiesa viene accolto ogni fedele, povero peccatore che viene accompagnato con la preghiera davanti al giudizio di Dio. Ma appunto, che abbia riconosciuto in vita di essere un peccatore bisognoso della misericordia di Dio (anche la Annunziata vi potrà essere accolta a queste condizioni).
Infatti il Codice di diritto canonico prevede (canone 1185) che i funerali in chiesa vengano negati solo a coloro che "prima della morte non diedero alcun segno di pentimento"; a "quelli che sono notoriamente apostati, eretici, scismatici"; a "coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana"; agli "altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli".
Non c'è quindi nessuna ipocrisia, solo criteri chiari che sanno distinguere il peccato dal peccatore. Lucio Dalla non aveva mai voluto parlare della sua vita privata, e di quello che aveva nel cuore a noi non è dato né sapere né giudicare. Né ci deve interessare.
Però, proprio per questo, sarebbe stato decisamente più saggio e prudente evitare interventi extra-liturgici in chiesa, tanto più che lo stesso padre Boschi si è mostrato consapevole del pericolo cui si andava incontro. Chi voleva ricordare Dalla con un discorso poteva farlo anche all'esterno, del resto la chiesa e la messa non sono luoghi deputati a questo tipo di interventi.
La parola data a Marco Alemanno ha invece creato una oggettiva situazione di ambiguità, che ha permesso strumentalizzazioni e ha quindi dato l'impressione, aldilà delle intenzioni, di una Chiesa connivente con certi stili di vita.
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