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In un bellissimo film americano, October baby, la protagonista, scoperto di essere figlia adottiva, lascia i suoi genitori adottivi, alla ricerca della madre naturale che la ha abbandonata. Poi, dopo un percorso lungo e difficile, giunge a perdonare la propria vera madre e a riconciliarsi con coloro che, adottandola, la hanno amata e servita.
Questa storia spinge a fare i conti con la realtà dell’adozione. Chi ne abbia a che fare sa bene che agli adottanti vengono richiesti molti requisiti, perché l’adozione di un figlio non proprio è un gesto d’amore bellissimo ed encomiabile, ma difficile. Bisogna infatti prevedere che il ragazzo/a, una volta adolescente, facilmente esprimerà, in modi più o meno forti, il suo desiderio di rivedere i suoi genitori naturali (talora in aperto conflitto con quelli adottanti, nonostante a loro spetti solo riconoscenza e gratitudine). Esiste infatti un chiaro “istinto” iscritto in ognuno di noi che spinge a ricercare le proprie origini, la propria identità genetica. Così è fatta la nostra natura.
Da anni, dopo l’introduzione della fecondazione artificiale (fiv), in alcuni paesi è permessa quella eterologa, cioè con seme o ovulo di persona estranea alla coppia: per esempio una moglie, il cui marito è infertile, fa fecondare l’ovulo con il seme di un altro uomo. Può anche accadere che siano una donna single o un uomo single a ricorrere a fiv eterologa, progettando quindi a priori (qui la differenza enorme con l’adozione tradizionale) un figlio che non vedrà mai uno dei suoi genitori genetici...
E’ facile capire, tenendo conto della breve introduzione fatta, che i figli dell’eterologa avranno, ad un certo punto della vita, il desiderio di conoscere la loro identità genetica, sino ad entrare in conflitto, molto più spesso che nel caso di un’adozione tradizionale, con genitore/i adottivo/i.
Questo è dimostrato dal fatto che i figli dell’eterologa, in molti paesi in cui essa esiste da anni (Inghilterra, Usa..), raggiunta la maggiore età si mettono insieme o per arrivare a conoscere la loro origine genetica, accedendo ai registri contenenti il nome dei venditori di seme o di ovuli, oppure per fare pressione sui politici del loro paese affinché sia tutelato il diritto all’identità di ogni creatura.
Chiara Valentini, giornalista dell’Espresso, autrice di un’ indagine, “La fecondazione proibita”, fortemente a favore di tutte le tecniche artificiali, racconta i casi di ragazzi nati da eterologa: Heidi, nata da venditore di seme, “ha gravi problemi psichici”; Peter ha finalmente capito perché il padre lo ha sempre rifiutato, solo dopo essere venuto a conoscenza del fatto che non è suo padre genetico; Robert, venuto a sapere per caso di essere nato da seme di un estraneo, afferma: “E’ come essere stato investito da un treno”; Susannh, invece: “appena sarò più grande cercherò di sapere chi è l’uomo che ha dato alla mamma il seme che mi ha fatto nascere. E’ duro crescere senza sapere niente di metà del proprio patrimonio genetico”. In Australia, racconta ancora la Valentini, in un “documentario andato in onda nel 2000 viene seguito passo dopo passo il viaggio di una ragazza di 17 anni alla ricerca del donatore che le aveva dato la vita”.
Un’ ultima nota: nei cosiddetti matrimoni gay, se ad ottenere un figlio con Fiv sono due donne, il figlio viene privato, non per forza maggiore, ma per scelta della madre, del padre e dell’identità genetica maschile; nel caso di due uomini, il figlio viene sradicato dalla donna che lo porta in grembo e dalla madre genetica (e non giova certo dire, come fanno i responsabili delle Famiglie arcobaleno, che il bimbo vedrà comunque le due madri tramite fotografie o qualche saltuario incontro).
Nota di BastaBugie: questo articolo è tratto dal numero speciale di Notizie Pro vita sull’utero in affitto. Chi volesse acquistarlo (3 euro una copia, 10 euro 5 copie), può scrivere a: redazione@prolifenews.it
Per informazioni e per vedere il trailer di October Baby, il film citato all'inizio di questo articolo, clicca qui sotto
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=1
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