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Caro Mario, cosa ti ha mosso e sulla spinta di che cosa nel 2004 hai deciso di fondare l'Associazione "Verità e Vita"?
All'origine di Verità e Vita c'è un gruppo di persone, tutte provenienti dall'esperienza del Movimento per la Vita. Anzi, per essere più precisi direi che i padri fondatori di questa associazione sono alcuni fra i più significativi esponenti del mondo pro life italiano, nomi che forse dicono poco al grande pubblico ma che hanno scritto pagine importanti della storia del Movimento per la Vita in Italia: Giuseppe Garrone, Silvio Ghielmi, Marisa Orecchia, Mario Paolo Rocchi, Luigi Caltroni, Chiara Stella Dellefoglie, Alberto Virgolino, Angelo Filardo, Elena Baldini e altri ancora. Stiamo parlando di gente preparata, insegnanti, medici, avvocati, membri della Pontificia Accademia per la Vita, uomini e donne che hanno in comune l'impegno nei Centri di aiuto alla vita, il salvataggio dei bambini dall'aborto, l'assistenza alle madri in difficoltà. Ma che sono legati anche da una forte "ortodossia pro life", cioè dall'idea che sia necessaria una formazione rigorosa e un'adesione senza cedimenti al principio della intangibilità della vita umana innocente. Persone che incarnano un antiabortismo pacifico ma inflessibile, che non ammette eccezioni, che non sopporta cambiamenti di giudizio sulle leggi ingiuste, come la legge 194 del 1978, o come la legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale. Ecco, Verità e Vita nasce da queste persone, e dal "malessere" che tutte quante hanno via via sperimentato nel rendersi conto che il Movimento per la Vita stava progressivamente ammorbidendosi, e slittando sul piano dell'affermazione dei principi non negoziabili. Io – come Cinzia Baccaglini, Massimo Micaletti, Antonio Montano, Giovanni Ceroni, Annamaria Confalonieri, e altri giovani cresciuti nel Movimento per la Vita – ho condiviso questo disagio, e ho dato il mio contributo alla nascita di Verità e Vita. Sono stato eletto presidente, e ho accettato, anche se penso che ci sono altri che saprebbero svolgere questo ruolo molto meglio di me. Personalmente ho lasciato il Movimento per la Vita nel 2004, dimettendomi dalla carica di consigliere nazionale. Altri amici di Verità e Vita, invece, direi la maggior parte, continuano a operare nei Movimenti per la vita locali e nei Centri di aiuto alla vita, o a mantenere cariche anche a livello nazionale. Tra noi c'è un clima fantastico, di affetto personale e di totale condivisione dei principi e dei giudizi di valore sui fatti che accadono. Nei nostri direttivi, o nelle nostre assemblee, non ci tocca discutere ogni volta se l'aborto legale è accettabile, o se il testamento biologico tutto sommato va bene, o se l'eutanasia in certi casi si può accettare. Lo dico perché so per certo che in altri ambiti "cattolici" (e non mi riferisco qui al Movimento per la vita) che si occupano di bioetica succede proprio questo, ed è molto triste. Quando abbiamo fondato Verità e Vita sapevamo fin dall'inizio di essere una piccolissima realtà, di non godere alcun finanziamento, e anche di andare incontro a ostracismi e censure pesantissime all'interno dello stesso mondo cattolico. Ma sapevamo anche che la verità doveva essere riaffermata; la fiammella, anche esigua, doveva rimanere accesa. Noi cerchiamo, indegnamente e da poveri peccatori, di alimentare quel fuoco. Ed è successo un piccolo miracolo: Verità e Vita ha fatto molto rumore, direi un bel rumore, e ha attirato la simpatia e il sostegno di moltissime persone, e l'adesione di personaggi che considero straordinari, come ad esempio il magistrato Giacomo Rocchi, o il ginecologo Pino Noia. Sappiamo anche di essere molto stimati dal cardinale Carlo Caffarra.
Su quali convinzioni si fonda il vostro impegno?
Amo la Chiesa, amo il Papa. Vorrei essere capace di dare la vita per quello che Santa Caterina chiamava «il dolce Cristo in terra». Sono un cattolico, e dunque la mia esistenza è confortata da una visione soprannaturale e dalla presenza costante di Gesù, che mi sta vicino anche quando io mi dimentico di Lui. Alla fine della nostra vita Dio ci giudicherà, e dunque è bene abituarsi a orientare ogni nostra decisione in questa prospettiva, anche se non è facile. I novissimi dovrebbero essere il pane quotidiano del cattolico, anche se tendiamo a dimenticarcelo. E pensare che la vita scorre via velocissima, e in un attimo saremo davanti a Lui. Mi sforzo di ricordarmi che siamo in questo mondo per compiere ogni giorno la volontà di Dio e sperare così di salvare la nostra anima, sapendo che spesso siamo molto inadeguati, e che siamo costantemente tentati di tradire Gesù, di agire come Pietro la notte del suo arresto, e di dire, per convenienza, «io non lo conosco». Siamo peccatori, e dunque, traditori. Ma siamo anche continuamente perdonati, e nella Chiesa troviamo i mezzi, i sacramenti per ricominciare ogni volta, senza scoraggiarci. Il centro di tutto è la Santa Messa. E poi la confessione. Il perdono di Dio abbraccia ogni peccatore, anche la donna che ha abortito, anche il medico che ha dato l'eutanasia, anche un pro life pigro che non fa tutto quello che dovrebbe. Penso che la vita sia una cosa molto seria, spesso drammatica, ma sempre meravigliosa e insieme misteriosa, cioè avvolta da un significato che la supera. In questo cammino difficile, abbiamo ogni giorno l'arma della preghiera e la presenza materna della Madonna. La visione cristiana riempie di senso la vita, e rende pienamente comprensibile l'uomo all'uomo. Ogni nascituro è immagine di Dio, creato intenzionalmente per un destino di eternità. Detto tutto questo, è giusto però ricordare che l'impegno per la difesa della vita, e contro ogni legge ingiusta, ha solide motivazioni razionali, che sono potenzialmente comprensibili da ogni uomo, anche da chi cattolico non è. Gandhi, Pier Paolo Pasolini, Norberto Bobbio non ebbero alcuna difficoltà a riconoscere nell'aborto un delitto, una forma di uccisione dell'innocente. La ragione, prima della fede, condanna la cultura della morte. Di conseguenza, abbiamo deciso all'unanimità e senza esitazioni che Verità e Vita nascesse come associazione aconfessionale. Volevamo evitare ogni clericalismo, e fino ad ora mi pare che ci siamo riusciti molto bene.
Chi sono i tuoi personali "maestri"?
Innanzitutto i miei genitori. In modo speciale mio padre, che adesso è in cielo. Devo a lui la mia formazione umana e cristiana, oltre che, ovviamente, a tutta la mia famiglia. Ancora oggi, quando cerco di capire qual è la cosa giusta da fare, mi chiedo: «Papà che cosa mi direbbe?». Poi ricordo i tanti sacerdoti che ho incontrato e che mi hanno voluto bene. La persona più speciale della mia vita è mia moglie Annamaria, che è per me un maestro paziente ma anche molto intransigente, che mi corregge quando tendo a rammollirmi e a fuggire qualche buona battaglia. Contrariamente a quello che pensano molti lettori, e anche qualche detrattore, io non sono uno spirito polemico, e amo la vita tranquilla. Sono come uno hobbit che resterebbe volentieri nella contea, trascinato nella lotta dalla necessità e dagli eventi. Dunque, Annamaria è un ottimo trainer, che mi incoraggia e mi sta vicino nei momenti difficili. Ma – cosa ancora più importante - mia moglie si dedica totalmente alla famiglia: nonostante una laurea in lettere classiche, buone prospettive di insegnamento e di ricerca, fa la mamma e la moglie a tempo pieno, vivendo ogni giorno con i nostri quattro figli, che per nostra scelta non frequentano l'asilo e vanno a scuola solo la mattina. Per me questo è ogni giorno uno spettacolo che ha del miracoloso. Vorrei che gli applausi alle conferenze e i complimenti dei lettori se li prendesse Annamaria, non io. Poi c'è Sandro, cioè Alessandro Gnocchi, al quale mi lega ormai un'amicizia fraterna, e con il quale scrivo ininterrottamente dal 1999. La nostra intesa è assoluta. Sandro per me è un modello di fede, un esempio per come prega e per come vive la Messa di San Pio V. Come molti sanno, un mio maestro di vita è Giovannino Guareschi: un grandissimo scrittore, un cattolico serio, e anche un grande italiano, pronto a pagare con coraggio il prezzo della sua insopprimibile voglia di verità. Tra gli scrittori metto anche G.K. Chesterton, SMITH, Alessandro Manzoni, Eugenio Corti. I miei film preferiti sono nell'ordine La vita è meravigliosa di Frank Capra, L'uomo che uccise Liberty Valance di John Ford e The Passion di Mel Gibson. I miei santi preferiti sono Giuseppe, Pietro, Paolo, Tommaso d'Aquino, Pio IX, Pio X ed Escrivà de Balaguer.
Quali sono le fondamentali battaglie del Comitato?
Verità e Vita cerca di intervenire nel dibattito pubblico, soprattutto con lo strumento dei comunicati stampa, quando un fatto o una notizia mettono in risalto il tema della vita umana innocente minacciata. Ciò che più ci sta a cuore non è tanto l'ambizione di "capovolgere" una situazione culturale, morale e giuridica compromessa e brutalmente condizionata da poteri forti e agguerriti. Piuttosto, noi speriamo di offrire un giudizio secondo verità, riaffermando principi che altrimenti rischierebbero di non essere affermati da nessuno. Così, nel 2004 abbiamo diffuso un manifesto appello contro la fecondazione artificiale e contro la legge che la regolamenta – la 40/2004- soprattutto per mettere in guardia da chi definiva quella norma "una buona legge". Poi abbiamo preso posizione per primi in Italia a favore dell'astensione al referendum del 2005, ritenendo che quello fosse il modo migliore per evitare un peggioramento della legge, senza però difenderla o sostenerla. Nel 2008 abbiamo denunciato la deriva abortista in atto nel mondo cattolico quando in occasione dei trent'anni della 194 abbiamo scoperto che su giornali cattolici firme cattoliche definivano la legge sull'aborto "buona" e "una delle migliori al mondo, bisognosa solo di essere applicata meglio." Ne sono seguite polemiche piuttosto dure, che purtroppo hanno confermato la nostra diagnosi. Nel 2009 abbiamo seguito con molta decisione la tragica vicenda di Eluana Englaro, chiedendo alla magistratura di indagare su quello che era accaduto a Udine. Nel 2010 abbiamo diffuso un nuovo manifesto appello, contro il testamento biologico e contro la proposta di legge Calabrò, che lo introduce nel nostro ordinamento.
C'è un particolare evento che ti è capitato e che ha dato una svolta decisiva nella tua lotta per la vita?
Quando ero presidente di sezione locale del Movimento per la Vita, avevo circa 25 anni, tappezzammo i muri della nostra cittadina con manifesti di protesta contro la parrocchia, che invitava Lella Costa (femminista favorevole all'aborto) a tenere uno spettacolo-monologo nel teatro dell'oratorio. Subimmo rappresaglie molto dure, e alla fine decidemmo di lasciare la sede che occupavamo in un edificio di proprietà della parrocchia. Qualche anno dopo mi telefona una giornalista del Corriere della Sera che aveva seguito la vicenda, portandola sulle pagine nazionali. «Sai, Mario – mi dice – sono rimasta incinta e il medico dopo gli esami mi ha detto che era una gravidanza a rischio. Allora mi siete venuti in mente voi, che per ciò in cui credevate siete rimasti anche senza una sede, e ho pensato: questa bambina deve nascere. E così è stato, e lei ora sta benissimo». Penso che molto spesso noi non abbiamo fiducia nella fecondità misteriosa della verità, testimoniata pagando un prezzo.
Quali sono le grandi passioni della tua vita?
Oltre a mia moglie e ai nostri figli, l'insegnamento in Università e la scrittura. L'incontro con gli studenti è sempre appassionante, perché mi rendo conto che hanno fame di verità, e il mondo non vuole che la trovino. Per fortuna l'Università Europea di Roma è un tentativo provvidenziale di Università cattolica fedele al Papa e alla Chiesa. In quanto allo scrivere, sono stato editorialista de «Il Giornale», ora scrivo con Sandro Gnocchi per «Il Foglio» – dove ho trovato in Giuliano Ferrara un amico e un uomo di straordinaria intelligenza – e per «Libero». Ma il giornale cui tengo di più è «Il Timone», il miracolo editoriale diretto dal mio amico Gianpaolo Barra che, calcio a parte (è un milanista) è davvero un grande.
Un appello per chi voglia impegnarsi per diffondere la cultura della vita.
Divorzio, aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, eugenetica, sono oggi affermati come condotte buone, legittime, consentite dalla legge. Il delitto è diventato diritto, e dunque i nostri figli crescono in un clima ammorbato, capovolto, dove il bene è chiamato male e il male bene. Come ha scritto Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae, noi siamo nel mezzo di una guerra, che vede contrapposti la cultura della vita e la cultura della morte. Dice che siamo in mezzo: quindi, non possiamo essere spettatori. Chi decide di non battersi, si è già schierato, e dalla parte sbagliata. Quindi, occorre combattere la buona battaglia, senza preoccuparsi troppo delle possibilità di successo. Oltre al piano umano – difendere la vita innocente è faccenda molto umana – c'è quello soprannaturale: quello che stiamo facendo a "questi piccoli" non nati, lo facciamo a Gesù.
Partendo dalla tua esperienza di padre, quali sono le maggiori preoccupazioni rispetto ai figli e quali le maggiori responsabilità?
Per me la preoccupazione maggiore è che un giorno Giacomo, Giuseppe Maria, Giovanna e Benedetto Maria possano smarrire i criteri di giudizio secondo verità, e uniformarsi alla mentalità del mondo. E che siano tentati di abbandonare la Chiesa, la Messa, i sacramenti. E che qualcuno li convinca a dimenticarsi della tradizione, del tesoro ricevuto da chi li ha preceduti. Nel concreto, mia moglie ed io speriamo per loro una vita in cui ci sia sempre la preghiera e la certezza cristiana della resurrezione. E nella quale non ci siano convivenze prematrimoniali, superficialità, disastri matrimoniali, indurimento del cuore. Tutto il resto – il lavoro, la scuola, la ricchezza, il successo – davvero conta poco.
Nota di BastaBugie: in questo articolo abbiamo proposto un'intervista inedita a Mario Palmaro che è contenuta nel libro "Intervista ai maestri - Volume Secondo" (Eidon Edizioni), di Irene Bertoglio, di prossima pubblicazione (il tema del volume è l'impegno per la vita). L'intervista è stata realizzata nel 2012.
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