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Gentile Redazione,
vi scrivo per ringraziarvi di aver pubblicato il 4 maggio 2016 la lettera del padre domenicano che con equilibrio e carità parlava della opportunità o meno di portare i bambini alla messa, quando sono molto piccoli e rischiano di disturbare.
Sono mamma di tre bambini piccoli (il più grande ha 4 anni) e, come molti, sono passata anche io dal periodo in cui ho portato i miei bambini alla messa, contenta di poter condividere con loro e con mio marito la funzione, fiera e gioiosa del mio essere famiglia. Se qualcuno ci guardava storto perché non erano in perfetto silenzio mi dicevo che erano degli intolleranti che non capivano i bambini, e mi consolavo con gli sguardi e i sorrisi che di solito i miei bambini strappavano agli altri, teneri e bellissimi come tutti i bimbi. Se a volte esageravano nella confusione, mi portavo a casa un senso di inadeguatezza: dovevo trovare a tutti i costi un modo per far loro vivere la messa in silenzio (magari coerente con la messa stessa, dato che non mi pareva giusto portare giocattoli o merendine come avevo visto fare)... e se non ne ero capace era un mio difetto.
Poi, con tutta la famiglia, siamo stato ad un ritiro che aveva per tema la realtà della messa e il modo migliore di viverla. E lì ho capito il mio errore, che non era di incapacità educativa, ma di ignoranza di fede: dovevo chiarirmi innanzitutto che cosa è la messa: sacrificio di Cristo sulla Croce che si rinnova innanzi a noi.
Adempiere il precetto domenicale non può limitarsi alla presenza in chiesa e all’attenzione intellettuale a ciò che viene fatto o detto. La partecipazione al Mistero della passione e morte di Gesù in un reale raccoglimento è qualcosa di così difficile da raggiungere che non si può pensare di cercarlo senza silenzio, dovendo tenere a bada dei bambini, cullandoli in piedi in fondo alla chiesa, facendo lo yo yo fuori e dentro il portone. E’ successo anche a me di vivere messe in questo modo: uscita dalla funzione avrei saputo benissimo raccontare e commentare letture e omelia (forse anche gli avvisi finali), perché con la testa c’ero, ero attenta come a scuola... ma quanta preghiera ci sarà stata realmente?
E gli altri? Quanto la presenza dei bambini distrae non solo me, ma anche le persone che sono in chiesa insieme a me? Davvero me la sento di prendermi la responsabilità di disturbare il dialogo tra Dio e i fedeli portando i miei bambini a messa? Proprio io, che per distrarmi basta notare la sciarpa a fiori della mia vicina annodata elegantemente alla borsa? Anche se stessero immobili e muti come statue sarebbero comunque motivo di distrazione.
Da quando abbiamo deciso di non portare i bambini a messa mi sono resa conto di quanta preghiera mi perdevo prima. Io e mio marito siamo diventati esperti degli orari delle messe del circondario, e ci alterniamo. Così la messa domenicale è diventata per noi occasione di farsi un dono reciproco: un’ora di silenzio e preghiera in una settimana che tra lavoro e figli e cose da fare non ha quasi più nessun momento per la vita spirituale: un rifornimento di grazia che ciascuno fa da solo per poi riversarlo nella vita familiare. E quando il dono ce lo vogliono fare i nonni, tengono i bimbi e noi possiamo andare insieme.
I bambini apprendono la preghiera in altri momenti, scandita dai ritmi della giornata e della settimana, e di certo non manca loro una educazione cristiana dato che viviamo intensamente le proposte della diocesi, della parrocchia e del nostro gruppo, dove tutti insieme possiamo anche dare testimonianza di famiglia numerosa e felice. Anzi, i bambini hanno imparato che per mamma e papà la messa è una cosa seria, come il lavoro o un colloquio importante, e che i genitori, che pure li amano tanto, mettono al primo posto Dio... e anzi, un po’ ne sono incuriositi, fanno domande e a volte chiedono di venire come fosse un regalo.
Io ho smesso di sentirmi in colpa se non sanno stare in silenzio, e anzi accetto questo loro modo di essere serenamente perché è normale: la messa per loro è una cosa noiosa, e non serve alla loro crescita spirituale (meno che mai se gliela faccio digerire portando giocattoli per tenerli buoni). E’ invece molto utile per loro che noi genitori la viviamo al meglio possibile, attingendo la grazia che nutre la nostra fede di famiglia.
C’è chi dice che è portando i bambini a messa fin da subito che li si può abituare ad andarci ogni domenica. Può darsi che sia vero, man mano che i miei cresceranno mi renderò conto se ho creato una difficoltà in tal senso o no, ma penso che il mio obiettivo, più che creare un'abitudine, sia quello di insegnare loro cosa è davvero la messa, e non sarei felice di aver creato in loro l’abitudine ad andare in un luogo di preghiera dove in realtà ognuno può fare quello che vuole. Quando avranno l’età giusta (fissata dalla Chiesa a 7 anni), la messa per loro sarà obbligatoria, e la loro capacità di comprenderlo non dipenderà dalla abitudine, presa magari controvoglia, obbligati a stare fermi e silenziosi, ma dal senso che avremo loro trasmesso.
Ho voluto condividere con voi questa nostra esperienza perché ha rappresentato una grazia nel nostro percorso: ci ha portati a interrogarci maggiormente sulla messa, a viverla in maniera più rispettosa, a dedicare il giorno del Signore a Lui senza sconti (in totale, alternandoci, se ne vanno due ore ogni domenica invece che una...).
Grazie del preziosissimo lavoro che svolgete.
Cordialmente,
Rita
Spettabile redazione di BastaBugie,
anch'io credo che i bambini debbano stare in silenzio alla S. Messa, ma sono rimasto sconvolto nel vedere un sacerdote, Padre Angelo, che consiglia di non portare i bambini a Messa prima dell'età del catechismo: la S. Messa è il momento in cui siamo più vicini a Nostro Signore Gesù Cristo ricevendo molte grazie e ciò vale anche per i bambini piccoli. Un bimbo che è stato abituato ad avere la Domenica intera per giocare che tutto ad un tratto deve rinunciarvi per la Messa lo vedrà come una costrizione inutile e difficilmente amerà la S. Messa, al contrario se educati fin da piccoli i bambini non vedranno mai la S. Messa come un peso. E' chiaro che questo comporta difficoltà per i genitori ma questa è proprio la missione a cui li chiama Nostro Signore, a me capita spesso di non riuscire ad avere il raccoglimento che vorrei (il comportamento dei miei bambini è tutt'altro che esemplare) ma so che comunque faccio la volontà del Signore e questo è quello che conta.
Mirko
Cari Rita e Mirko,
tra le tante ricevute, abbiamo scelto le vostre mail, una d'accordo e una contraria all'articolo relativo all'opportunità di portare i bambini alla Messa. Entrambe fanno riflettere e mi permettono di chiarire meglio alcuni aspetti.
Nell'articolo di Padre Angelo tratto dal sito degli Amici Domenicani (leggi I BAMBINI A MESSA? SOLO SE SANNO STARE IN SILENZIO, clicca qui), non si dice di non portare assolutamente mai i bambini alla Messa, ma, come dice il titolo, si possono portare a condizione che non disturbino la preghiera degli altri ed anche quella dei propri genitori.
Infatti Padre Angelo ha scritto: "Se i bambini stanno bravi e non disturbano, si fa bene a portarli". Tanti lettori invece ci hanno accusato di aver pubblicato un articolo che vietava i bambini in chiesa come se stessimo dicendo ai sacerdoti di fermare la Messa e dire "Ora basta, tutti i bambini fuori!". E per avvalorare la loro opinione circa la metà delle mail contrarie all'articolo citavano la famosa frase di Gesù "Lasciate che i bambini vengano a me" dimenticando che questa frase è stata pronunciata fuori dal tempio e non quando Gesù stava pregando. Invece quando Gesù voleva pregare o se ne stava "tutto solo" spesso di notte oppure era nel tempio con gli altri, ma senza bambini. Tra l'altro quando il vangelo racconta di Gesù che nell'ultima cena istituisce il Santo Sacrificio della Messa, non ci parla della presenza di bambini. Citare quindi il vangelo per avvalorare l'ipotesi che i bambini vadano comunque e sempre portati alla Messa, anche se rumorosi, non ha alcun fondamento.
Credo inoltre che non si possa considerare la questione solo dal punto di vista dei bambini, ma anche degli altri che sono presenti alla Messa. Sacrificare una intera assemblea in preghiera per il pianto di un solo bambino, magari al momento della consacrazione, non è giustificabile. Ci sentiamo quindi di sottoscrivere le considerazioni di Padre Angelo che nell'articolo sopra menzionato ha scritto: "sì, i genitori sono venuti in Chiesa nel giorno di festa. Ma è un altro paio di maniche vedere se hanno partecipato alla S. Messa. Ora la partecipazione all'Eucaristia è troppo importante per sostenere e alimentare la vostra vita cristiana. [...] Decidere di portali a Messa comunque, anche se stanno in perenne agitazione e disturbando, è più nocivo che benefico. Non dobbiamo dimenticare che il sacro silenzio che si vive nella liturgia è talvolta più potente di tanti canti ed è più benefico di tante parole. La gente ha bisogno anche di questo silenzio profondo, sacro. Toglierglielo con grida, pianti e scorribande dei bambini non mi pare un atto di carità".
Mi pare importante tenere conto che la Messa non è l'unico momento in cui si trasmette la fede a un bambino. Anzi, forse per lui sono più adeguati altri momenti, come appunto aveva fatto notare il sacerdote rispondendo appunto alla domanda se fosse necessario abituare i bambini alla preghiera o rimandare a quando avessero raggiunto una presunta maggior consapevolezza. Padre Angelo così iniziava la sua risposta: "È importante che i bambini crescano vedendo papà e mamma che pregano prima dei pasti, che si fanno il segno della croce, che pregano insieme. Anche la loro preghiera, per quanto infantile, è importante e preziosa per tutti voi: è una benedizione, una protezione continua. L'attenzione che ponete attraverso piccoli segni nel far sentire ai bambini che vivete momenti forti dell'anno liturgico vale più di tanti discorsi".
Mi rendo conto che i genitori si sentano coinvolti nelle questioni di cui abbiamo parlato e quindi accetto di buon grado alcune mail giunte in redazione al limite della buona educazione. Spero che queste precisazioni servano di riflessione pacata a coloro che hanno a cuore la propria vita spirituale per poi trasmetterla ai propri figli rispettando i loro tempi di crescita.
DOSSIER "BIMBI, MESSA E CATECHISMO"
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