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In una scuola elementare del Regno Unito, la Bewsey Lodge Primary School, bambini di appena sei anni hanno dovuto scrivere, in classe, una lettera d'amore piuttosto singolare, in cui, il Principe Henry chiede al suo servitore Thomas di sposarlo. I piccoli, dietro le indicazioni della loro maestra, Sarah Hopson, avrebbero, insomma costruito la trama di una vera e propria favola gay-friendly.
Omosessualismo inculcato in maschietti e femminucce di appena 6 anni, come testimonia il video della BBC Radio Manchester che riprende la singolare lezione: immagini in cui, tramite una didascalia, viene spiegato, come se fosse la cosa più normale del mondo, che la scuola insegna ai bambini le relazioni LGBT fin dalla tenera età e che nella classe in questione si stava insegnando ai bambini a comprendere e ad accettare il matrimonio gay.
IDEOLOGIA OGGI PER EVITARE DOMANDE DOMANI
Come ha spiegato con orgoglio alla BBC la maestra Sarah Hopson, lo scopo sarebbe quello addirittura di immergere sin da piccoli, i bambini, in un certo tipo di mondo, in cui la parola d'ordine è "diversità" e, dulcis in fundo, ha sottolineato che, accettando da piccoli un certo tipo di realtà, nel loro percorso di crescita, non saranno più portati a farsi domande da grandi.
Dando poi un'occhiata al sito web della scuola che, tra l'altro, ha adottato divise gender neutral per maschietti e femminucce, si legge che per la Bewsey Lodge Primary School «qualsiasi forma di omofobia, transfobia e bifobia è inaccettabile» e che il codice di condotta cui si ispira è improntato al "rispetto" per "identità di genere", "matrimonio" o "orientamento sessuale" di ciascuno. Inoltre viene riportato che il programma "Personal, Social and Health Education" (PSHE) adottato dalla scuola cerca di «fornire agli alunni […] opportunità per esplorare, chiarire e, se necessario, sfidare i propri valori e quelli altrui, gli atteggiamenti, le convinzioni, i diritti e le responsabilità» insegnando la differenza tra sesso, identità di genere e orientamento sessuale e l'uso della terminologia LGBT allo scopo di sfidare il «linguaggio sessista, omofobico e transfobico».
Ciò che lascia estremamente perplessi è che i bambini vengono indotti ad accettare passivamente qualunque diversità, tranne l'unica reale che li caratterizza in quanto maschi e femmine. Ovvero non vengono trattati per quello che sono realmente, secondo la loro vera natura. Una violenza non da poco, che è tipica dell'ideologia che viene loro inculcata, con cui si nega e stravolge la realtà dei fatti, del dato biologico per piegare l'oggettività del reale ai propri fini. Abbiamo già accennato a come il consiglio dei pediatri americani abbia definito la diffusione di questo tipo di mentalità un vero e proprio "abuso", con cui i bambini vengono trattati da cavie per esperimenti folli e improbabili, non privi di ripercussioni psicologiche che talvolta, se non adeguatamente affrontate, possono portare anche al suicidio in età adulta.
IL PARADOSSO NORVEGESE
Esperimenti che, come è documentato nel "Paradosso norvegese" [leggi: IL PARADOSSO NORVEGESE SMENTISCE L'IDEOLOGIA DEL GENDER, clicca qui, N.d.BB] non sono in grado di modificare la natura delle diversità uomo-donna, che continua ad essere radicata nel fondo dell'essere umano, nonostante la violenza delle sovrastrutture ideologiche e, in drammatico contrasto con esse.
Tuttavia allarma e fa molto riflettere la fascia d'età sempre più bassa coinvolta in certi "progetti educativi", una sorta di malcelato tentativo di plasmare le menti quando la pianta è ancora tenera e dunque le personalità risultano particolarmente ricettive e manipolabili. Enorme è la responsabilità che pesa su certi "educatori" che iniziano i bambini alla fluidità di genere, grande quanto l'illusione che viene istillata nella loro mente e cioè che possano fare di se stessi tutto ciò che vogliono, che non ci sia alcun limite alla tirannia del desiderio che può spingersi al punto da sottomettere anche il dato incontrovertibile della carne.
Negando il dato della carne come sano limite naturale nella formazione della propria identità sessuale, in realtà si finisce per rinnegare anche la dimensione della creaturalità dell'individuo, andando incontro a un delirio di onnipotenza che, forse, solo nell'Eden trova il suo paradigma.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).
IN USA NIENTE VISTI PER I PARTNER GAY DEI DIPLOMATICI
Nel 2009 l'allora segretario di Stato Hillary Clinton aveva concesso i visti di ingresso a qualsiasi compagno omosessuale di diplomatici che entrasse negli USA.
Ora l'amministrazione Trump ha cambiato le regole: solo se il compagno è "sposato" con il diplomatico può avere il visto diplomatico, non se è solo unito civilmente o se è convivente. Dunque se il paese di origine dove si è unita la coppia omosessuale non prevede il "matrimonio" gay, nulla da fare in merito ai visti.
Anche questo è un buon segnale per comprendere come l'amministrazione Trump intende porsi di fronte alla questione omosessuale.
(Gender Watch News, 4 ottobre 2018)
NEL REGNO UNITO UNIONE CIVILE ANCHE PER GLI ETERO
La Civil Partnership è una specie di unione civile. Nel 2004 il Regno Unito permise alle coppie omosex di aderire a questo istituto. Poi nel 2013 Inghilterra e Galles hanno introdotto il vero e proprio "matrimonio" omosessuale e nel 2014 anche la Scozia ha fatto lo stesso.
Dunque è accaduto che le coppie omosex avevano ben due istituti per regolarizzare la loro relazione, mentre le coppie etero solo una, il matrimonio. E così la 37enne Rebecca Steinfeld e il 41enne Charles Keidan, una coppia londinese, avevano chiesto alla Corte Suprema di potersi usufruire della Civil Partnership, altrimenti si sarebbero sentiti discriminati "a causa - questo il loro commento - del nostro orientamento sessuale e che questo ha un impatto sulla nostra vita privata e familiare". I giudici nel giugno scorso hanno dato loro ragione.
La premier Theresa May qualche giorno fa ha annunciato di voler sanare "lo squilibrio" aprendo le Civil Partnership anche alle coppie etero.
Una curiosa inversione dei ruoli dove l'etero una volta tanto rincorre il privilegiato gay sulla strada dei diritti. La vicenda poi mette in luce un principio sotteso al concetto di discriminazione come oggi è inteso: è la quantità dei diritti riconosciuti quello che conta. A quando le proteste dei 30enni perché si sentono discriminati dal fatto che, a differenza delle persone anziane, non possono godere anche loro della pensione?
(Gender Watch News, 8 ottobre 2018)
CAMBIO DI SESSO, ALLARME GOVERNO: 4.000% BIMBE IN PIÙ
Siamo davvero giunti al punto in cui persino il governo dell'Inghilterra progressista è costretto a dover indagare sul perché una percentuale crescente di bambini/adolescenti desideri appartenere al sesso opposto al proprio, tanto da essere disposti a tutto pur di apparire tali. I numeri relativi a questo gruppo di persone sono infatti aumentati in soli otto anni: da 97 casi nell'anno 2009/2010 si passa a 2.510 nel 2016/2017, l'incremento è addirittura del 4.415 per cento per le ragazze.
E sebbene chi oggi provi a mettere fra le cause del fenomeno la moda arcobaleno, che si infiltra nei vuoti della fragilità delle persone, venga tacciato di "omofobia" (parola della neolingua Lgbt), lo stesso ministro delle Uguaglianze inglese, Penny Mordaunt, per comprendere il fenomeno ha chiesto di indagare particolarmente sul ruolo dei social media e su come questo influisca sul modo di pensare a riguardo del tema, con attenzione speciale per le ragazze. Se infatti le pulsioni verso le persone dello stesso sesso riguardavano finora in maggioranza gli uomini, i dati dicono di una tendenza maggiore delle femmine a desiderare di sottoporsi a terapie ormonali e chirurgiche per sembrare maschi (otto anni fa le ragazze erano 40 mentre l'anno passato erano 1.806, contro i 56 maschi divenuti ora 713).
Ma l'elemento che più di tutti fa accapponare la pelle è che la confusione non sia solo degli adolescenti, come in passato, ma anche dei bimbi piccoli: fra coloro che l'anno passato sono stati sottoposti ad interventi clinici c'erano 45 bambini di 6 anni o meno, con il più piccolo di 4 anni. A dire che l'ideologia gender/femminista ha raggiunto non solo i teen-ager e le case ma soprattutto le scuole. Lo stesso Telegraph ha ammesso così che la colpa è della propaganda degli adulti: «Alcuni educatori hanno precedentemente avvertito che la promozione delle tematiche transgender nelle scuole ha seminato confusione della mente dei bambini e che l'incoraggiare i bambini a mettere in dubbio la sessualità e diventato un'industria». Non a caso già 800 bimbi dell'asilo e delle elementari sono stati sottoposti a terapia ormonale per bloccare la pubertà.
Anche diversi medici hanno espresso preoccupazioni, oltre che per la salute mentale dei pazienti, per quella fisica: osteoporosi dovuta ai trattamenti, disfunzioni sessuali, sterilità sono fra le conseguenze delle terapie ormonali. Insieme c'è un'esaltazione dilagante, tramite social e YouTube, dei piccoli cosiddetti "travestiti" che è tale da indurre i più deboli a trovare conferme alla propria ricerca di identità/appartenenza/accettazione sociale così. Ma pensiamo anche ai normali travagli dell'adolescenza, in cui magari si preferiva giocare con i bambini e vestirsi da "maschiacci" rifiutando l'universo femminile a cui si apparteneva in segno di ribellione. A una ragazzina tale, un tempo, non sarebbe mai venuto in mente che forse era "lesbica" e la crescita avrebbe poi fatto il suo corso.
Ora, sottolinea sempre il Telegraph, la cultura e internet fanno venire il dubbio ai ribelli o ai confusi, producendo delle «autodiagnosi». Non a caso lo studio della dottoressa Johanna Olson, del Children's Hospital di Los Angeles, arriva ad escludere la possibilità che la cosiddetta "disforia di genere" possa derivare da disturbi psicologici congeniti, insistendo sul fatto che l'unico "problema di salute mentale" è causato dal mondo esterno e da come questo «risponde ai giovani confusi». Alle stesse conclusioni è arrivata la ricerca boicottata (di cui abbiamo già parlato) di Lisa Littman della Brown University di Rhode Island.
L'editorialista del Times e del Daily Mail, Sarah Vine, ha poi ricordato che ormai giovani americane di 13/14 anni vengono sottoposte alla mastectomia (il The Federalist ha riportato il caso recente di una tredicenne operata con le tasse dei cittadini). Nel suo articolo la Vine ha posto la scomoda domanda: «Ma questi numeri sono frutto della maggior consapevolezza del problema e di un minor stigma sociale o ci sono altri fattori in gioco?», come ad esempio «l'influenza di internet, il fatto che i diritti transessuali sono diventati una causa tanto alla moda, promossi da pop star, modelle, stelle di Hollywood e, sì, anche dai politici».
L'orrore di questa ideologia, fa notare ancora Vine, è che colpisce i piccoli, costringendoli a scelte su cui non potranno più tornare indietro una volta cresciuti, sebbene «quasi i due terzi dei bambini e adolescenti che dicono di voler cambiare sesso hanno avuto diagnosi di malattie mentali precedenti», mentre «il 63 per cento ha avuto una o più diagnosi di malattie psichiatriche» e «quasi la metà era affetta da disturbi autolesionisti, alcuni per via del bullismo o della violenza sessuale subiti». Perciò, non si può escludere, continua l'editorialista, che data la cultura dell'esaltazione dei transessuali «come Caitlyn Jenner», rappresentati come felicissimi e accolti dal mondo, questi giovani pensino che la risposta al loro problema esistenziale sia quella del cambiamento di sesso: infatti, «quale modo migliore per fuggire da un trauma di una nuova identità?».
Ma evidentemente solo pochi sono disposti a rispondere fino in fondo e quindi a difendere i piccoli più confusi, perché mettere in discussione l'"ideologia gender" oggi significa subire un martirio bianco che pochi intendono accettare. Sarà quindi difficile che il ministro inglese che ha avviato le indagini si esponga fino a questo punto. Non a caso Vine conclude che «siamo tutti così spaventati dall'essere definiti bigotti che nessuno osa dare loro l'altolà». Così l'azione irreversibile sui corpi innocenti continuerà secondo un processo talmente sovversivo e innaturale da moltiplicare, anziché attenuare, i problemi psichici della nuova generazione. E non solo di quella confusa.
Basti pensare alla bambina canadese tornata a casa da scuola in lacrime dicendo alla mamma che «no, non voglio essere un maschio!», dopo che la maestra vedendola con in mano un gioco maschile le aveva detto che lei era un bimbo nel corpo di una femmina. La madre è andata a scuola per difendere la piccola dall'ideologia dell'insegnante ma invece che ricevere parole di comprensione si è sentita dare dell'omofoba bigotta. Che in tempi in cui i genitori rischiano di essere allontanati dai figli per la loro educazione è un ancora un lusso.
(Benedetta Frigerio, La Nuova Bussola Quotidiana, 25 settembre 2018)
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