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Ci voleva un incendio che distruggesse la cattedrale di Notre Dame per far scoprire ai grandi laicisti italiani ed europei che il Medio Evo è il cuore della nostra civiltà. Per rendersi conto che quel vuoto improvviso laddove fino a ieri mattina si stagliavano la guglia e il tetto della cattedrale di Parigi provoca, chissà perché, un vuoto nel cuore di ciascuno, anche di quelli che magari non sono mai entrati in chiesa.
L'incendio, divampato improvviso alle 18.50 nella parte alta delle impalcature alzate per i necessari lavori di consolidamento, si è esteso rapidamente alla struttura in legno della cattedrale e in poco tempo sono crollati la guglia, che era stata ricostruita nella seconda metà dell'Ottocento dopo essere stata distrutta durante la Rivoluzione, e il tetto in legno, che era ancora quello originale terminato nel 1326. Nella nottata le fiamme, che per ore si sono levate alte sulla capitale francese, non erano ancora state spente.
METAFORA DI UN'EUROPA CHE HA VOLTATO LE SPALLE A DIO
I vigili del fuoco hanno dovuto operare con grande difficoltà sia per la velocità con cui l'incendio si è propagato, sia per la difficoltà di accesso alla cattedrale. Inoltre non si è potuto intervenire con lanci d'acqua dall'alto - hanno detto gli esperti - perché avrebbe provocato danni maggiori a una struttura indebolita. E al proposito, intorno alle 23.30 il comandante dei pompieri, Jean-Claude Gallet, ha potuto affermare che la struttura portante dell'edificio è salva. Parole replicate poco dopo anche dal presidente francese Emmanuel Macron che, dalla piazza davanti a Notre Dame, ha rivolto un breve discorso ai francesi: «Il peggio è stato evitato, anche se la battaglia non è ancora del tutto vinta. Le prossime ore saranno difficili, ma grazie al coraggio dei vigili del fuoco la facciata e i due campanili non crolleranno», ha detto.
Magra consolazione, ci vorranno forse giorni per capire cosa si salverà davvero di questa cattedrale unica, anche all'interno di un gotico unico come quello francese. Ora, da Macron in giù, è tutto un promettere di ricostruire, ma cosa e come si ricostruirà sarà tutto da vedere.
La verità è che la cattedrale di Notre Dame, come l'abbiamo conosciuta, non c'è più e molto probabilmente nemmeno ci sarà più. Metafora di un'Europa che da tempo ha voltato le spalle alla fede che quella chiesa ha costruito. E con una coincidenza curiosa: mentre la Santa Sede esprime «choc e tristezza» e l'arcivescovo di Parigi ha invitato le chiese a suonare le campane a lutto, l'incendio di Notre Dame avviene appena quattro giorni dopo la firma di un accordo che dà il via ai lavori per la costruzione di una maxi-moschea alle porte di Parigi, capace di ospitare fino a 3mila persone. Una cattedrale gotica sparisce, una maxi-moschea nasce. Segni dei tempi si potrebbe dire, come i dubbi sulle cause dell'incendio.
È certamente troppo presto per verificare con precisione le cause del disastro, ma tutti si mostrano convinti che possa essersi trattato di un guasto elettrico all'impianto temporaneo attivato per i lavori di consolidamento. Potrebbe essere bastata una scintilla o poco più, si dice, per innescare il fuoco. Del resto diverse volte è capitato che incendi divampassero durante queste delicate opere di ristrutturazione.
CENTINAIA DI ATTI DI VANDALISMO O DI PROFANAZIONE
Eppure si fa fatica a respingere un pensiero inquietante: non solo perché il responsabile dei lavori a Notre Dame si è mostrato molto scettico al proposito, dato che in quel momento non c'era nessuno nel cantiere. In fondo, si potrebbe dire, lui ha tutto l'interesse a sviare su altri la responsabilità dell'accaduto. Eppure, senza neanche tirare in ballo il terrorismo islamico, di cui in questa circostanza non vi è traccia, non si può non ricordare che da tempo le chiese in Francia sono nel mirino di vandali e piromani.
Secondo i dati forniti dal governo francese, ad esempio, nel 2017 sono state ben 878 le chiese cattoliche e protestanti oggetto di atti di vandalismo o di profanazione. E dall'inizio di quest'anno sono oltre dieci le chiese cattoliche che hanno subito attacchi importanti. L'ultimo episodio, appena un mese fa, il 17 marzo: ignoti hanno appiccato un incendio alla chiesa di San Sulpizio, la seconda più grande di Parigi, proprio dopo Notre Dame. Fortunatamente il pronto intervento dei vigili del fuoco ha limitato i danni alla distruzione della grande porta di legno del transetto meridionale e della vetrata soprastante. Però, evidentemente, incendiare le chiese non è proprio una novità.
Si può sperare che non sia questo il caso, ma c'è anche il rischio che, dato il livello di distruzione, non si potrà mai accertare la verità. Intanto consola il fatto che il Santissimo sia stato messo subito in salvo, così come la corona di spine - che si ritiene quella autentica della Passione di Gesù - e la tunica di san Luigi, che costituiscono parte del tesoro di Notre Dame.
E poi ci sono le centinaia, migliaia di parigini che spontaneamente si sono ritrovati nei pressi di Notre Dame per pregare ed elevare canti al Signore. Snobbati dai grandi media, ma ben presenti sui social. Un gesto spontaneo del popolo cristiano, che almeno ci dice che da qualche parte, in Francia, sotto la cenere, la fede è ancora viva. Ed è il punto da cui ripartire.
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Pietre morte, tornate a Dio" si chiede con quale anima si riedificherà Notre dame mentre in Francia e in Europa si abbandona Cristo e sorgono moschee.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 16 aprile 2019:
Il problema non sarà ricostruire i muri. Con le tecniche odierne a disposizione, il computer è in grado di ricostruire perfettamente, in ogni piega, in ogni singolo millimetro quella che era la Cattedrale di Notre Dame. Potremmo ricostruirne altre 10 di Notre dame, in Francia, in Cina in Cambogia. L'ansia moderna è quella di ricostruire com'era prima, perché a farci paura è la presenza di un vuoto. Dobbiamo riempirlo quel vuoto. Ma non sappiamo con che cosa.
Ricostruire subito non sarà un problema: sarà un problema invece - e questo è il vero dramma, la vera tragedia di un'Europa votata al suo suicidio - ricostruire quelle mura, quei legni e quegli affreschi che hanno retto per 900 anni cementando una civiltà che oggi definiamo medievale con quel disprezzo che proprio lì vicino, sulla rive gauche, ha iniziato a diffondersi per tutto il Vecchio continente nel nome della modernità. Il dramma sono quelle pietre che hanno visto e ci hanno protetto per tutti questi secoli, reggendo all'urto della storia e cementando un'Europa che da molto tempo ha voltato le spalle alla sua Signora.
Quelle pietre che hanno segnato l'unione di un popolo cristiano che oggi - semplicemente - non c'è più. Crollato sotto i colpi del meticciato relativista, ha smesso di essere tale quando questo uomo europeo ha iniziato a pensare di fare a meno di Dio, confidando soltanto nella sua fragile certezza. Ignorando gli avvertimenti che con amore di madre proprio in Francia sono stati dispensati a piene mani; e barattando con idoli di facile consumo i santi, i grandi santi della Francia. Dove siete? Dove sei François? E Bernadette? Dove siete tanti Luigi, dove sei Jean Marie, Giovanna, Teresina...? Salvate la Francia.
Quelle pietre erano state cementate da un amore che portava a Dio. Ecco perché interrogarsi sulla chiesa simbolo dell'Europa che non c'è più, significa inevitabilmente interrogarsi su Dio, sulla sua cacciata dal suolo. Non cadiamo nel tranello di chi dice che questo era un simbolo della città e che come pietosamente ha detto il presidente Macron "una parte di noi va in fiamme".
Ricostruire non sarà un problema, ma non si potrà riedificare, perché per questo serve quel cemento indispensabile dato da un popolo che amava Dio e che per esso edificava bellezza col gusto, il bisogno e il sapore dell'eterno. Perché eterna doveva sembrare ai nostri occhi Notre Dame, quello era il suo compito, garantire l'eternità del messaggio che annunciava e la vita in Cristo che prometteva. L'abbiamo distrutta. Abbiamo distrutto l'eterna felicità che pure ci aspetterebbe a braccia aperte.
Oggi quel popolo c'è? Con quale anima sarà in grado di riedificare la sua Notre dame? Con lo stesso spirito dei padri che l'hanno tirata su nel XII secolo? Senza fede si ricostruiscono pietre morte: "Le nostre ossa - dice Ezechiele - sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti". Ma quelle pietre, come le ossa aride, possono ancora rivivere.
Notre Dame era ormai solo un simbolo storico-artistico che però concedeva a 12 milioni di turisti l'anno di avere un contatto - anche se breve, superficiale, estemporaneo - con quel divino che nella loro vita non c'era già più da tempo. "Non resterà più nulla", hanno detto le autorità. Perché il nulla è l'espressione magniloquente della superbia dell'uomo. Che oggi, se vuole ricostruire quel tempio deve tornare immediatamente a Dio, alla sua maestà, a rimetterlo con timore e fede al centro della propria vita.
Cosa che non fa più da tempo: oggi le chiese si chiudono, si vendono, si riadattano, si profanano, si occupano, si violano, si condividono con le altre fedi, si barattano con i parcheggi e i musei. Oggi l'umanità si commuove guardando le immagini della guglia che crolla sbriciolata e non si accorge che la pianta incandescente di Notre Dame disegna dall'alto una immensa croce infuocata.
Ma di che cosa ha ancora bisogno per accorgersi che a crollare e ardere è tutta la nostra fragilità senza l'autore della vita che lì dentro ha la sua casa? Eppure, le chiese messe sotto i piedi della malvagità umana non fanno notizia. Non lo hanno fatto fino ad oggi. Non c'è una sola chiesa viva se non la riempi col sudore della preghiera, con sacrifici degni, sguardi oranti e ore, ore e ore e secoli di adorazione e sacramenti. Senza tutto questo le chiese perdono la loro anima, il cemento che le tiene in piedi da millenni. Intanto ad essere erette sono le moschee, che in Francia stanno sorgendo come funghi. Alte, possenti, ricche, mentre le nostre chiese vanno in fumo.
Distruggere in due ore un tetto che ha retto per 900 anni non può che essere un'opera demoniaca, di un demonio che è entrato in azione all'inizio della Settimana santa, nel sacro di un luogo dove sono custodite e venerate le reliquie della Santa Croce, con la stessa ferocia con la quale in Italia bruciò la cappella della Sindone e con un unico obiettivo: distruggere. Distruggere ciò che in natura è entrato in suo possesso.
Prima lo riconosciamo, prima ammettiamo che non è stata una tragica fatalità, ma un ammonimento, prima asciugheremo le lacrime. Risparmiamo la banale tristezza, le condoglianze di circostanza, le frasettine sul simbolo della cristianità che va in fumo, perché di quella cristianità nessuno ha saputo cosa farsene oppure far partire le campagne laicoclericali sulle campane che devono suonare all'unisono, perché quelle campane sono state silenziate dall'indifferenza e dal credo moderno del relativismo. Risparmiamo lo choc, gli emozionalismi, gli ossequi delle circostanze. Tornare a Dio, subito. Senza tentennamenti, pronti al martirio: nazioni, popoli, famiglie. Solo così riusciremo a spegnere quelle fiamme.
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