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Si inizia nel piccolo, poi domani chissà. Il primo «battesimo laico» in Trentino, e verosimilmente tra i primi in Italia, è avvenuto in un piccolo paese - in Val Rendena a Massimeno, paese che non arriva a 150 abitanti -, ma non è un caso. Nel consiglio comunale locale, infatti, siede Alessandro Giacomini, fondatore dei Laici Trentini per i Diritti Civili e storico «attivista laico». È stato lui, infatti, a commentare con entusiasmo il «battesimo laico» della piccola Alice, celebrazione svoltasi alla presenza dei genitori e del sindaco in municipio nei giorni scorsi.
«Questa giornata», ha spiegato Giacomini, «è stata un'opportunità per inaugurare una nuova pratica di gentilezza rivolta ai nuovi nati. Faccio inoltre presente che tale veste ufficiale, nell'offrire il benvenuto nella comunità al nuovo nascituro è unica in Trentino. Ovviamente la soddisfazione è immensa, il tutto fa seguito alla mia presa di posizione, con risonanza mediatica nazionale, nel vietare il battesimo religioso ai neonati». D'accordo, ma come funziona e che cosa esattamente è un «battesimo laico»?
Da quanto è dato capire, si tratta di un rito che si celebra nell'ambito degli ufficiali comunali con una presentazione iniziale, come avviene già in alcuni stati del nord Europa. Nel corso del rito, il primo cittadino consegna alla famiglia un vademecum dei diritti del neonato, ad esempio la carta Europea dei diritti per l'infanzia. In estrema sintesi, si tratta dunque di una sorta di "presentazione" alla sua comunità del bambino, al quale vengono, tramite i genitori, fatti conoscere i suoi diritti.
Non si tratta di una novità assoluta. Anzi, potremmo dire che il «battesimo laico» - che esiste per esempio anche nel Regno Unito nell'ambito delle naming ceremonies (le cerimonie del nome) -, ha una sua storia. A farlo presente è una fonte certamente affidabile sul tema come il sito dell'Uaar, acronimo di Unione atei agnostici e razionalisti -, che spiega come il rito «fu istaurato durante la Rivoluzione del 1789. D'ispirazione roussoniana, presuppone che l'uomo nasca naturalmente buono, ed in nessun caso macchiato da un preteso peccato originale che deve cancellare a tutti i costi».
Il fatto che «battesimo laico» sia di genesi francese e rivoluzionaria non stupisce. Tipico dei giacobini, infatti, fu il sistematico scimmiottare la religione cristiana, perseguitandola. I rivoluzionari ambivano infatti a sostituire «ai culti superstiziosi e ipocriti» quello della Repubblica e della morale naturale - tema quest'ultimo assai caro alla nostra rivista, cui vi invitiamo ad abbonarvi. Per questo arrivarono a vietare ogni cerimonia religiosa al di fuori delle chiese e laicizzarono pure i cimiteri, facendo trascrivere al loro ingresso «la morte è un sonno eterno». Chiese furono trasformate in "tempi della Verità" e gli oggetti sacri, definiti «ornamenti del fanatismo e dell'ignoranza», furono sequestrati.
Ovviamente, va da sé, il rito di Massimeno non c'entra nulla coi crimini giacobini. Che però furono, lo assicura l'Uaar, i padrini di un «battesimo laico» che, in fondo, non fa che testimoniare una cosa: anche ai non credenti serve una fede; o, se si preferisce, i non credenti non esistono del tutto. Perché, come suggeriscono anche accurati studi sociologici, l'uomo - ogni uomo - è incline a credere in qualcosa, abbisogna di liturgie. La differenza sta tutta nel fatto che in alcuni casi il credere è pienamente consapevole e altre volte, invece, no. Con riti secolarizzati che finiscono con l'essere brutte copie di un originale la cui bellezza, in realtà, prima che rifiutata andrebbe riscoperta.
Nota di BastaBugie: Stefano Chiappalone nell'articolo seguente dal titolo "Quella pazza voglia di religione degli atei" parla del primo battesimo civile in Italia, promosso dall'UAAR che già propugnava lo "sbattezzo". Sembra evidente che combattono la Chiesa per poi sostituirla con una imitazione dei suoi stessi riti. Certo ateismo sembra così ossessionato da Dio da non poterne fare a meno.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 4 aprile 2023:
Tutto è compiuto, il "battesimo laico" è realtà nel piccolo comune di Massimeno, in provincia di Trento, dove la piccola Alice è stata laicamente accolta dal sindaco in municipio, ricevendo il vademecum dei diritti del neonato e diventando la beneficiaria di «questa nuova pratica di gentilezza rivolta ai nuovi nati» - così la descrive Alessandro Giacomini, consigliere comunale di Massimeno e referente dell'UAAR (Unione Atei Agnostici e Razionalisti) che vede realizzato l'auspicio da lui espresso a gennaio: «il tutto fa seguito alla mia presa di posizione, con risonanza mediatica nazionale, nel vietare il battesimo religioso ai neonati». Ora che il battesimo è fatto, «a quando comunione e cresima?», si chiede Il Primato nazionale.
A buon diritto Giacomini vanta la paternità dell'iniziativa (di cui è padre e, si direbbe visto il tema... padrino) che aveva annunciato in un ampio articolo apparso su Micromega il 24 gennaio, dal titolo eloquente: Perché bisognerebbe vietare il battesimo ai minori. Vietare il battesimo religioso, «se non a diciotto anni almeno fino ai dodici», perché considerato un condizionamento o addirittura un'imposizione, da sostituire con un rito laico, sull'esempio di altri Paesi nordeuropei. Proposta che l'autore stesso si riservava di presentare tramite mozione, in qualità di consigliere, nel proprio comune. E così è stato. Come faceva notare su queste pagine Tommaso Scandroglio, ci sarebbe una miriade di scelte che pure vengono naturalmente "imposte" al bambino (dalla scuola... al battesimo laico), ma nessuno vi troverebbe da ridire. Pare che il tanto sbandierato "sceglierà da grande" debba valere solo per la religione o forse contro la religione.
Quella intorno al battesimo è una battaglia "storica" dell'UAAR, che da svariati anni lancia campagne per lo "sbattezzo", mediante moduli da presentare in parrocchia per chiedere la cancellazione dai registri battesimali. Non paghi di "sbattezzare", ora vogliono battezzare a loro volta, imitando in qualche modo il rito che innesta nel Corpo Mistico di Cristo, con qualcosa di simile che segni l'ingresso nel corpo sociale. Animati dal fervore quasi missionario delle loro battaglie, dall'ansia di proselitismo laicista e infine anche da questi attacchi di "ritualismo", il loro ateismo sembra caratterizzarsi contro Dio, piuttosto che senza Dio, e comunque ossessionato da Dio. Più che eliminare la religione, sembrano puntare a imporre la loro, quell'ateismo paradossalmente "religioso".
Piaccia o meno, l'uomo è un "animale liturgico" e quando distrugge o abbandona gli altari della fede, ne erige di nuovi, perché qualunque cosa faccia o pensi, finisce sempre per doverla celebrare. Una delle nuove professioni che si vanno diffondendo anche in Italia è quella di celebrante laico o umanista (anche questa promossa dall'UAAR, che deve avere un vero e proprio debole per le liturgie). Si tratta di un professionista del "culto" che in occasione di matrimoni, unioni civili, esequie e altre ricorrenze svolge un ruolo a metà tra conduttore e officiante, valorizzando e personalizzando la cerimonia con letture, canti, gesti e quant'altro. Professione singolare perché il suo fine non è quello di regolare irregolarità insanabili davanti al prete (per quelle ora come ora basta il sindaco); né tantomeno un bel discorso o un elogio funebre (sarebbero più titolati a farlo amici, familiari o colleghi). Il suo fine è altro: è offrire una forma di culto a chi rifiuta il culto religioso.
Il mondo secolarizzato non può mai secolarizzarsi a tal punto da cancellare ogni traccia di "liturgia", ricorrendo almeno a qualcosa che la ricordi, se non sconfinando in parodie o surrogati. Generalmente si ispirano proprio alla religione che si odia di più, cioè a quella cattolica, come la "comunione grillina" (e blasfema) inscenata nel 2016 a Torino da Beppe Grillo. Il comico-politico, mostrandosi peraltro "profetico" in tema di insetti a uso alimentare, dissacrava la Messa amministrando a esponenti del Movimento5Stelle dei grilli essiccati, con le parole «Questo è il mio corpo». E cos'altro sono le miriadi di "giornate nazionali" se non un riempimento laico del calendario da cui sono stati depennati i santi e le feste tradizionali? C'è una sorta di horror vacui che riguarda il sacro e che spinge sempre a riempire le nicchie lasciate vuote, come insegna il secolo dei Lumi, concluso e culminato con la Rivoluzione francese, quando laicité e razionalismo si inchinarono (e in senso anche devozionale) davanti ai nuovi culti della Ragione e dell'Essere Supremo, con tanto di feste, cortei e calendario.
Ci sono atei che proprio non possono fare a meno della religione. Non cessano di parlarne a ogni piè sospinto, di odiarla, di combatterla e infine... di imitarla. In fondo anche la loro è una religione.
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