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« Torna agli articoli di Lorenzo Schoepflin
All’eutanasia per legge, il Granduca Henri di Nassau-Weilburg ha detto no. Non nel suo Paese. E «no» a qualsiasi costo, visto che per evitare una crisi costituzionale insanabile su quella norma, fortemente voluta dal governo, ora il Lussemburgo si appresta a spogliarlo del potere di ratificare le leggi, riducendolo a una sorta di 'controfirmatore d’ufficio', privato del potere di bloccare le leggi approvate dal Parlamento. Lo ha annunciato il premier Jean-Claude Juncker nei giorni scorsi: in futuro il Granduca si limiterà a 'promulgare' e non 'ratificare' le leggi approvate dal Parlamento. È il prezzo 'politico' dell’andare controcorrente, difendendo la vita. Proprio come accadde nel 1990, quando lo zio del Granduca – l’ex re del Belgio Baldovino – per non ratificare la legge sull’aborto approvata dalle camere con un artificio legale si autosospese per 48 ore. Il governo riconobbe che il monarca «non era in grado di adempiere temporaneamente ai suoi compiti». In questo caso, invece, il Granduca perderà una volta per tutte il potere di rinviare le leggi alle camere: «Non parteciperà più al processo legislativo e si limiterà a controfirmare le leggi solo per completare formalmente le procedure», ha spiegato con freddezza il ministro della Giustizia Luc Frieden. A poco sembrano essere valse finora le manifestazioni di solidarietà nei suoi confronti: come quella di cinque deputati francesi che hanno lanciato un appello su Internet per sostenerlo.
Il dibattito, pur essendo venuto alla ribalta nelle ultime settimane, va avanti da molto tempo. Punto di rottura, nel febbraio del 2008, quando fu adottato in prima lettura il «progetto di legge sul diritto a morire con dignità». La Camera si divise in modo netto: 30 furono i voti a favore, 26 quelli contrari.
Nel testo della legge nulla è lasciato al caso, a partire dalla definizione di eutanasia («L’atto, praticato da un terzo, che pone intenzionalmente fine alla vita di una persona su richiesta della stessa») e di assistenza al suicidio («aiutare un’altra persona intenzionalmente a suicidarsi o fornirle i mezzi per questo scopo»). Secondo la legge, il medico che pratica l’eutanasia o che collabora al suicidio assistito non commette reato se sono soddisfatte precise condizioni: il paziente deve essere maggiorenne o «minorenne emancipato», capace e consapevole al momento della richiesta di morire, che deve essere fatta su base volontaria, ponderata ed esente da pressioni esterne. Interessante notare inoltre che, sempre secondo la legge, condizione sufficiente per la depenalizzazione dell’eutanasia sia una sofferenza 'fisica o psichica' senza prospettive di miglioramento e non necessariamente dipendente da un fatto accidentale o patologico. Criterio, quest’ultimo, indubbiamente generico e che assume significato paradossale se si considera che ad oggi si sta discutendo parallelamente di una legge che vuole introdurre il diritto alle cure palliative per tutti i malati terminali. Cure palliative che rientrano tra gli obblighi informativi che secondo la legge sull’eutanasia sono dovere del medico nei confronti del paziente, il quale resta comunque l’ultimo soggetto che può decidere che «non vi è alcuna alternativa accettabile alla sua situazione».
La legge stabilisce che la domanda di eutanasia deve essere fatta per iscritto dal paziente o da un adulto – eredi esclusi – da lui designato nel caso in cui per lo stesso paziente sia impossibile compilare la richiesta.
Nell’articolo 3 si affronta il tema del «testamento di vita», con il quale una qualsiasi persona può chiedere che un medico, immune da ogni responsabilità penale, pratichi l’eutanasia una volta constatato che la medesima persona non è più capace di comunicare e che la situazione sia «grave ed incurabile», oltre che «irreversibile per lo stato attuale della scienza». Il testamento può essere cambiato o ritirato in qualsiasi momento (anche se risulta difficile capire come, una volta che il paziente si trovi in un grave stato che lo rende incapace di esprimere le sue nuove volontà). «Nessun medico è tenuto ad eseguire l’eutanasia o il suicidio assistito», si precisa nell’articolo 13, ma, nel caso di rifiuto, è necessario specificarne le ragioni e consegnare la documentazione medica ad un secondo medico indicato dal paziente.
Questo, dunque, l’atto contro cui il Granduca avrebbe dimostrato la sua 'anacronistica' contrarietà. La Camera è chiamata oggi ad esprimersi sulla modifica dell’articolo 34 della Costituzione: in questo caso, dovrà limitarsi alla promulgazione entro tre mesi delle leggi votate, a cominciare proprio da quella sull’eutanasia.
Una pratica per cui, a quanto pare, il mondo 'progressista' è disposto a cucire persino la bocca dei reali.
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