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Ieri, nel giorno del Sacro Cuore di Gesù, la Corte Suprema statunitense, intorno alle 10 del mattino (le 16 in Italia), ha pubblicato la storica sentenza che ribalta definitivamente quanto stabilito nel 1973 con la decisione Roe vs Wade. Una sentenza che pone fine a mezzo secolo di aborto legalizzato a livello federale negli Stati Uniti e che ha favorito la sua diffusione in tutto il mondo. Oltre alle minacce di vandali e terroristi, ieri anche il presidente Joe Biden e il procuratore generale degli Usa, Merrick Garland, hanno accusato i giudici e minacciato ritorsioni.
Il parere, relativo al caso della legge del Mississippi che vieta l'aborto dopo 15 settimane (Dobbs vs Jackson Women's Health Organization), non solo ribalta la Roe ma anche tutte le sentenze successive (ad esempio la Casey vs Planned Parenthood del 1992): non c'è diritto costituzionale all'aborto, la Costituzione non vieta ai singoli Stati federati di legiferare su questo tema che è profondamente morale; perciò, scrivono i giudici, ora "annulliamo queste decisioni e restituiamo tale autorità al popolo e ai suoi rappresentanti eletti".
Nella sentenza Roe vs Wade, la Corte Suprema aveva stabilito che gli Stati non possono vietare l'aborto prima della soglia di sopravvivenza, che i giudici fissavano arbitrariamente e approssimativamente attorno alle 28 settimane di gravidanza. Ora tutto è azzerato. La decisione pubblicata ieri non vieta né criminalizza l'aborto e non riconosce nemmeno il diritto costituzionale alla vita del nascituro. Tuttavia, in un colpo solo, elimina tutta la catasta di sentenze che lo legalizzavano e giustificavano in ogni angolo del Paese e che per decenni hanno bloccato le leggi dei singoli Stati che tentavano di vietare o limitare l'omicidio dell'innocente nel grembo materno.
UNA GRANDE VITTORIA PER LA VITA DEL CONCEPITO
Ora il campo di battaglia per i pro life si trasferirà sempre più all'interno dei singoli Stati, dove nelle elezioni per i membri dei parlamenti statali e per i governatori sarà sempre più dirimente l'impegno per la vita del nascituro e la loro madre. È agli elettori degli Stati Uniti e agli organi democraticamente eletti che la Corte Suprema riaffida il potere di decidere, invitandoli ad assumersi le proprie responsabilità di discutere e regolare l'aborto o il diritto alla vita come meglio credono.
In ogni caso, la sentenza di ieri segna una grande vittoria per la vita del concepito, l'inizio della fine della grande menzogna dell'aborto come diritto umano e della moda di morte che dal 1973 era spirata dagli USA in tutto il mondo. Una vittoria epocale per la Chiesa cattolica e le chiese cristiane, un grande riconoscimento all'impegno dei pro life negli ultimi 50 anni, ma anche e soprattutto per la democrazia americana e il principio di sussidiarietà.
Il parere di maggioranza è stato scritto dal giudice associato Samuel Alito; e i giudici associati Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett si sono uniti al parere. Il presidente della Corte Suprema John Roberts ha presentato un'opinione concordante (concurring opinion) che sostiene la decisione finale, dopo le voci maliziose che nell'ultima settimana lo volevano in agitazione per mitigarla. Solo i giudici associati liberal Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan hanno dissentito. Dunque la sentenza Dobbs vs Jackson Women's Health Organization ha registrato sei giudici favorevoli (5 più il presidente) contro 3 contrari.
IL PRESIDENTE BIDEN SBEFFEGGIA LA CORTE SUPREMA
La sentenza finale, a una prima lettura, assomiglia sostanzialmente a una bozza scritta da Alito e recante la data del 10 febbraio 2022, trafugata illegalmente e pubblicata da Politico il 2 maggio, scatenando un'orda di violenze e minacce di cui abbiamo informato i lettori della Bussola in queste settimane. Nella mattinata di ieri non si è registrato nessun incidente tra i manifestanti pro life e pro aborto assiepati fuori dalla Corte Suprema. Ciò non toglie la concretezza della minaccia di una "notte della rabbia", annunciata dai vandali e terroristi di vari gruppi abortisti, in primis Jane's Revenge.
Il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale ha condiviso con la Chiesa cattolica informazioni su ciò che potrebbe accadere stanotte ("Notte di rabbia"), ossia possibili e disseminati attacchi contro le parrocchie e i centri pro life, soprattutto ma non esclusivamente cattolici, nel Paese. Ci sono state dichiarazioni infuocate e irrispettose dei leader del Partito Democratico americano, da Barack e Michelle Obama a Hillary Clinton e Nancy Pelosi. Intanto, i procuratori generali e i governatori di vari Stati Repubblicani hanno dichiarato l'entrata in vigore delle leggi pro life che avevano predisposto (come in Dakota del Sud, Missouri, Texas, etc., ma anche in Louisiana, retta da un governatore Dem); in altri Stati i governatori Democratici hanno annunciato sessioni speciali per deliberare leggi che consentano l'omicidio dell'innocente sempre e liberamente.
Gravissimo il comunicato di Merrick Garland contro la sentenza della Corte Suprema. Garland, da capo del Dipartimento di Giustizia, non ha mosso un dito per arrestare i terroristi pro aborto e ora si permette di denunciare quelli che lui ritiene abusi della Corte. Peggio di lui ha fatto solo il presidente Biden che, nel suo messaggio alla nazione, ha criticato e sbeffeggiato la decisione della Corte Suprema e i giudici conservatori, avvertendo che ciò "mette a rischio la salute delle donne in tutto il Paese" e facendo capire di essere pronto ad usare ogni strumento, come una dichiarazione di emergenza nazionale e/o l'emanazione di un ordine esecutivo pro aborto da imporre in tutti gli USA. Sarebbe una sfida senza precedenti alla democrazia, ma i Democratici sembrano disposti a tutto.
Nota di BastaBugie: Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo "Assalti, saccheggi e minacce: le proteste degli abortisti USA" racconta che dopo la storica sentenza della Corte Suprema che ha cancellato il diritto all'aborto a livello federale, continuano le violenze degli abortisti, ma finora in misura minore rispetto a quanto si temeva.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 giugno 2022:
Nei primi tre giorni successivi alla storica sentenza della Corte Suprema, gli atti violenti non sono stati così numericamente importanti come si temeva. La sentenza di venerdì scorso non ha solo dichiarato incostituzionale il diritto all'aborto e rimesso ai singoli Stati ogni legislazione su questo tema, ma ha anche mostrato la mancanza di solidi argomenti dei giudici e mass media liberal, dei Democratici e di molti quotidiani occidentali.
Al momento, dicevamo, le proteste negli USA non appaiono così violente come temeva, con l'ulteriore nota ufficiale di venerdì scorso, l'intelligence del Dipartimento della Sicurezza interna. Tuttavia, si prevedono incidenti e assalti violenti per le prossime settimane e il New York Post mette in guardia su una possibile recrudescenza degli abortisti. Per parte loro le multinazionali abortiste, con un comunicato congiunto dei giorni scorsi, confermano il proprio totale impegno a promuovere l'aborto ("libertà di scelta delle donne, diritto alla privacy, diritto all'aborto libero e alla salute riproduttiva") e ribadiscono di voler sostenere i candidati abortisti con 150 milioni di dollari alle prossime elezioni federali di novembre, quando si rinnoverà tutta la Camera e un terzo dei senatori.
A sostegno dell'industria dell'aborto e dei violenti terroristi si è schierata tutta la stampa mainstream del mondo, usando parole che hanno il sapore, in molti casi, di proiettili e bombe incendiarie. Negli USA, il New York Times definisce la decisione della Corte Suprema un insulto alle donne e alla giustizia. Il Washington Post attacca i giudici conservatori che danneggerebbero la Corte e rappresenterebbero, secondo il giornale, la tirannia della minoranza. La rivista ultraliberal The Atlantic considera la decisione della Corte un precedente che mette in pericolo qualunque altro diritto. Politico definisce la sentenza una conseguenza di tempi di radicali divisioni. Solo la CNN esce dal coro e, pur sostenendo le ragioni abortiste, rende onore alle battaglie pro vita costruite da decenni.
In Europa, oltre al Guardian, in prima fila nel difendere l'aborto, definire illegittima la decisione e paventare la guerra civile, ci sono Der Spiegel, Le Monde, El País, la Repubblica; molti leader politici europei si ergono a difensori del diritto all'omicidio del nascituro.
Nell'intera giornata di sabato e sino al mattino di domenica si sono svolte manifestazioni di protesta in moltissime grandi città degli Stati Uniti, fuori dalle abitazioni dei giudici della Corte Suprema come nei confronti dei centri di aiuto alla maternità. Nessuno spazio sui media internazionali per quelle che il Washington Post di domenica definiva "proteste emotive" che in realtà hanno visto nella notte di sabato un assalto al Senato dell'Arizona, a Phoenix, mentre i senatori erano al lavoro; l'assalto al Tribunale e il saccheggio di diversi negozi a Portland; arresti per tentato omicidio di poliziotti a Los Angeles e di vandali a New York, dove i protestatari hanno tentato l'assalto agli studi di Fox News. A Lynchburg, in Virginia, un centro pro vita è stato distrutto. Minacce di morte ai parlamentari del Vermont sono state scritte all'entrata del palazzo del Congresso a Montpellier. A Longmont, in Colorado, un altro centro pro life è stato saccheggiato...Tutto ciò sta avvenendo in queste notti di rabbia, dove scritte e urla dense di odio e minacce di morte contro i pro life e i giudici conservatori sono risuonate in tutto il Paese, riecheggiando le irresponsabili dichiarazioni dei leader Democratici e dell'Amministrazione Biden.
Sono decine le grandi imprese che, sin da sabato, nonostante l'opinione pubblica sia perlopiù contraria, hanno confermato di essere disposte a pagare i viaggi per l'aborto alle loro dipendenti che lavorano in Stati in cui l'aborto è vietato o limitato. George Soros non ha fatto mancare il proprio sdegno per la sentenza e ha confermato il proprio impegno milionario in favore delle multinazionali omicide. Ieri, domenica 26 giugno, mentre ancora le manifestazioni si stavano svolgendo e il pericolo di altri attacchi vandalici contro chiese e centri pro life era alto, gli abortisti hanno lanciato una nuova iniziativa disperata e contraddittoria: lo "sciopero del sesso". Coloro che criticavano l'astinenza sessuale, ora, promuovendo l'astinenza, confermano le ragioni dei pro life sulla dannosità dei contraccettivi artificiali e l'assurdità dell'aborto.
A tre giorni dalla storica sentenza della Corte Suprema sono almeno 8 gli Stati che hanno già bandito o fortissimamente limitato l'accesso all'aborto (Missouri, Dakota del Sud, Arkansas, Kentucky, Louisiana, Oklahoma, Ohio, Utah), ma molti altri si aggiungeranno nei prossimi giorni. La Conferenza episcopale statunitense, i più importanti leader delle denominazioni cristiane evangeliche, con in testa il reverendo Franklin Graham e tutti i leader pro life che per 50 anni hanno combattuto per riaffermare il diritto alla vita del concepito, hanno usato parole di grande soddisfazione e reso grazie a Dio per la sentenza della Corte Suprema. Tutti sono consapevoli che la battaglia per affermare non solo il diritto alla vita del concepito, ma anche vere politiche di sostegno alla maternità e alle famiglie, è indispensabile, come auspicato anche dal Vaticano.
Per altro verso, gli Stati retti dai Democratici, in particolare California, Washington e Oregon, hanno promosso la West Coast offense, una coalizione di Stati nei quali l'aborto sia favorito e completamente liberalizzato sino alla nascita. Per favorire l'aborto, i Dem chiedono l'espansione del numero dei giudici della Corte o le dimissioni di alcuni degli attuali giudici conservatori, mentre un primo raffazzonato sondaggio, dopo un martellamento ossessivo, vede i contrari alla decisione solo al 52%, mentre il 47% degli americani sarebbe favorevole o indifferente.
E il presidente Biden? Ha dichiarato di voler deliberare ogni provvedimento necessario per difendere la vendita online delle pillole abortive in tutto il Paese (kill-pills) e così aperto un nuovo conflitto con gli Stati a maggioranza repubblicana, tra cui il Dakota del Sud, dove proprio le pillole sono severamente proibite.
DOSSIER "ABOLITO IL DIRITTO ALL'ABORTO"
La Corte Suprema USA annulla la Roe vs Wade
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