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« Torna agli articoli di Luca Volont
La battaglia della Messa è tutt'altro che terminata. Il Governo Macron si beffa della Chiesa e dei vescovi. Dopo settimane di veglie di migliaia di fedeli sui piazzali delle chiese di Francia, nel pomeriggio di ieri il primo ministro ha confermato le misure anti Covid-19 che irridono i cattolici: massimo 30 persone potranno partecipare alle Messe, qualunque sia la dimensione della chiesa, dalla cattedrale alla parrocchia di paese. Invece, negli Usa, la Corte Suprema segue la linea "di" Amy Coney Barrett, per la prima volta ago della bilancia: con sentenza emessa nella notte di mercoledì, abolisce le restrizioni assurde imposte dal governatore Cuomo nei confronti di ogni celebrazione religiosa e che avevano provocato le proteste di ebrei, cattolici ed evangelici. Una decisione che libererà la libertà religiosa dai folli (e ingiusti) limiti imposti da molti governatori del Partito Democratico.
Con la sentenza del Consiglio di Stato francese dello scorso 6 novembre, nel confermare la decisione del Governo di chiudere le chiese e anche le ipotesi di riaperture con solo 30 persone che avrebbero potuto partecipare alle Messe, i giudici avevano rimandato al confronto tra esecutivo e Chiese l'aggiornamento sulla libertà di culto. In queste settimane di intensi colloqui tra vescovi e autorità dello Stato, i fedeli cattolici si sono resi presenti con veglie di preghiere di fronte alle chiese di migliaia di città di Francia, dimostrando con rispetto e con fermezza la loro decisa volontà a non rinunciare a Cristo e alla Santa Celebrazione Eucaristica.
Lo scorso 24 novembre Macron aveva annunciato che le cerimonie religiose si sarebbero potute nuovamente svolgere alla presenza dei fedeli, a partire da sabato 28 novembre. Le modalità precise, aveva aggiunto il presidente, sarebbero state presentate dal primo ministro, ma pur sempre con il limite delle 30 persone per Messe e funerali. La reazione dei vescovi alla dichiarazione di Macron era stata furibonda, poiché sorpresi da una dichiarazione non conforme con il confronto che avevano avuto con diversi ministri e irrispettosa della realtà. La Chiesa aveva proposto lo spazio di sicurezza di 4 metri quadrati per ogni fedele, sino ad un massimo di 1/3 della capacità delle chiese. Una proposta più che ragionevole e più che rispettosa delle misure anti Covid del Governo, ma rifiutata in tronco da Macron.
Ebbene, non sono valse le critiche cadute su Macron da ogni dove per convincere il Governo a cambiare idea. Ieri il primo ministro Jean Castex ha appunto confermato in una conferenza stampa sulle reti nazionali che le Messe saranno possibili con la presenza massima di 30 fedeli sino al 15 dicembre, e a quella data si rivaluterà il da farsi. "I luoghi di culto sono luoghi di contaminazione", si afferma. Un'affermazione totalmente falsa e che rischia di gettare ulteriore discredito su Macron e su un esecutivo che, ormai palesemente e ingiustificatamente, con questi divieti vuole erodere la fede dei cattolici.
L'arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, è stato il più diretto: "Questa è una misura totalmente stupida che contraddice il buonsenso. Trenta persone in una chiesa di un piccolo villaggio, lo capiamo, ma a Saint-Sulpice è ridicolo! Alcuni parrocchiani vengono in 2000 in alcune parrocchie di Parigi. Ci fermeremo a trentuno... È ridicolo! (...) che alcuni membri del governo possano essere ignoranti della religione, ci può stare, ma che siano ignoranti della medicina è grave nel bel mezzo di una crisi sanitaria! Abbiamo proposto di occupare un terzo della capacità abituale, lasciando uno spazio di 4 metri quadrati intorno ad ogni fedele. Ciò corrisponde perfettamente allo standard sanitario richiesto a tutti i luoghi aperti al pubblico. Questo è quello che viene imposto ai negozianti . È tuttavia sorprendente che lo permettiamo per i negozianti e che non lo permettiamo per la Chiesa...".
Le proteste proseguiranno, ferme, rispettose e composte. E cresceranno i vescovi - come già annunciato da monsignor Norbert Turini - che inviteranno i propri sacerdoti a "non impedire a nessun fedele di partecipare alla Messa, indipendentemente dal numero dei presenti, purché si mantengano i 4 metri quadrati di distanza".
Pregiudizio? Non prendiamoci in giro, questa è guerra ai fedeli di Cristo e alla Sua Presenza sacramentale. Guerra che, nello Stato di New York, ha ingaggiato anche il governatore Andrew Cuomo dalla fine del mese di ottobre contro ogni celebrazione pubblica, intimando la chiusura di chiese cattoliche, sinagoghe e case di preghiera. Il 12 novembre, il vescovo della Diocesi cattolica di Brooklyn (New York) aveva fatto ricorso direttamente alla Corte Suprema, in quanto si palesava una chiara violazione della Costituzione e del diritto alla libertà di culto. «Mentre questo ordine esecutivo di Cuomo chiude effettivamente le chiese e gli altri luoghi di culto, tutte le attività ritenute "essenziali" dal Governatore - compresi i supermercati, i negozi di animali, gli enormi negozi di ferramenta e gli uffici dei broker - possono rimanere aperte senza alcuna limitazione di capacità, anche nelle zone "rosse" più restrittive. Nelle zone "arancioni", anche la stragrande maggioranza delle attività non essenziali, compresi i grandi magazzini, può rimanere aperta senza limitazioni, ma le chiese non possono». Queste le parole di allora.
Quella di mercoledì sera è quindi una vittoria per la libertà religiosa. La Corte Suprema - con una maggioranza di 5-4, resa possibile anche grazie al primo voto decisivo di Amy Coney Barrett - ha affermato che Andrew Cuomo ha preso decisioni illegittime, imponendo limiti e ingiuste chiusure verso i luoghi di culto, con la scusa della pandemia. La Corte ha stabilito che c'è stata violazione del Primo Emendamento della Costituzione. Il relatore Neil Gorsuch ha definito le imposizioni di Cuomo sfavorevoli per i luoghi di culto. "È tempo - ha scritto il giudice Gorsuch - di chiarire che, mentre la pandemia pone molte gravi sfide, non c'è alcun modo tollerato dalla Costituzione per approvare decisioni degli organi esecutivi che riaprono negozi di liquori e di biciclette, ma chiudono chiese, sinagoghe e moschee". Parole sante! E grazie al voto di Amy Coney Barrett, nominata da Trump al posto della liberal Ruth Bader Ginsburg, le stravaganti opinioni del presidente della Corte e giudice, in teoria conservatore, John Roberts Jr., sono divenute irrilevanti: certo, colpisce che abbia ancora una volta votato con la truppa dei giudici liberal su un argomento e un diritto così dirimente.
L'ordinanza del tribunale si è occupata di due richieste: una presentata appunto dalla Diocesi cattolica di Brooklyn, l'altra da due sinagoghe, da un'organizzazione ebraica ortodossa e da due individui. Entrambe le richieste erano dirette a denunciare le restrizioni di Cuomo contro la libertà di culto. Questa decisione potrà liberare anche dalle ingiustizie subite dalle chiese in altri Stati federati, come in California, dove l'arcivescovo Salvatore Cordileone è in prima linea nella battaglia per le Messe.
Intanto, quattro Diocesi del Kentucky si sono ribellate all'ennesimo governatore democratico che impone la sospensione delle celebrazioni eucaristiche e religiose sino al prossimo 13 dicembre. A nome di tutti ha parlato il vescovo di Louisville, Joseph Kurtz: "In questo momento non sospenderemo le liturgie pubbliche, ma incoraggeremo tutti ad agire in modo responsabile, rispettando la gravità di questa pandemia e la salute e la sicurezza di tutti". A buon intenditore, anche se progressista di Roma, liberale di Dublino, massone di Parigi o democratico di New York, dovrebbero bastare poche parole: alla Messa non rinunciamo.
Nota di BastaBugie: Ermes Dovico nell'articolo seguente dal titolo "Macron ha violato la libertà di culto (e lo dicono i giudici)" ci aggiorna sulla situazione in Francia. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Conferenza episcopale francese contro il Governo Macron, che ora deve rivedere la sua linea. Segno che la mobilitazione dei vescovi paga.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 1° dicembre 2020:
La decisione del Governo Macron di continuare a limitare a 30 il numero di fedeli che possono partecipare alla Santa Messa è «ingiustificata», «sproporzionata» e «illegale». Il 29 novembre, prima domenica di Avvento, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Conferenza episcopale francese (Cef) contro l'esecutivo, che dopo giorni di promesse aveva confermato il limite arbitrario delle 30 persone, senza tenere conto delle diverse dimensioni delle chiese. I giudici hanno dato tre giorni di tempo (che scadono domani) al governo guidato dal premier Jean Castex per rivedere i criteri di questa illegittima restrizione al culto.
Si tratta di un passo avanti di grande significato, stante anche il fatto che lo scorso 6 novembre proprio il Consiglio di Stato aveva sostanzialmente approvato la linea governativa, pur chiedendo all'esecutivo di proseguire il dialogo con i vescovi e avanzare una proposta per il 16 del mese così da permettere un più facile accesso alle chiese. Da allora Macron e compagni hanno però continuato a fare melina, fino all'annuncio di giovedì scorso di Castex che aveva detto in conferenza stampa che la questione Messe sarebbe stata ritrattata solo a partire dal 15 dicembre. L'ennesima presa in giro, a cui la Cef - presieduta dall'arcivescovo di Reims, Éric de Moulins-Beaufort - ha risposto appunto con un nuovo ricorso giudiziario, uno dei quattro (compreso quello dell'associazione laica Agrif) presentati contro l'articolo 47 del decreto del 27 novembre.
Quel che colpisce (positivamente), stavolta, non è solo l'accoglimento del ricorso ma anche le parole usate dal Consiglio di Stato. Secondo i giudici, «il divieto assoluto e generale di qualsiasi cerimonia religiosa con più di trenta persone, quando nessun'altra attività autorizzata è soggetta a tale limitazione fissata indipendentemente dalla superficie dei locali in questione, non risulta giustificato dai rischi propri di tali cerimonie». Ricordiamo che i vescovi avevano proposto di adottare uno spazio di sicurezza di quattro metri quadrati a fedele o di riempire la chiesa fino a non più di un terzo della capienza. Proposte ignorate dal governo. L'organo di giustizia amministrativa evidenzia il «carattere sproporzionato rispetto all'obiettivo di salvaguardia della salute pubblica» e ciò «costituisce quindi, tenuto conto del carattere essenziale della componente in questione della libertà di culto, una violazione seria e manifestamente illegale rispetto a quest'ultima».
Il Consiglio di Stato riconosce poi un'evidenza che smonta l'odierno relativismo laicista. Questa: «Se alcuni locali aperti al pubblico diversi dai luoghi di culto rimangono chiusi [il riferimento è innanzitutto a teatri e cinema, come nota anche Le Figaro, ndr], le attività che vi vengono svolte non sono della stessa natura e le libertà fondamentali che sono in gioco non sono le stesse». In buona sostanza i giudici riconoscono che la professione della fede - che per i cattolici ha la sua fonte e il suo culmine nella celebrazione della Santissima Eucaristia - è una libertà che per sua natura richiede una maggior tutela di altre. È importante, anche dal punto di vista giurisprudenziale, che questo minimo buonsenso sia stato recuperato, trattandosi di qualcosa che la cultura dominante ormai disprezza e disconosce, vedi per esempio i Veltroni di casa nostra che sulla tv pubblica parlano (con tanto di applausi) come se il Sacrificio di Gesù che si rinnova fosse una specie di servizio ludico o ricreativo.
Dunque, la mobilitazione dei laici e dei vescovi contro l'ingiustizia verso la fede cattolica ha sortito un primo, significativo, effetto. Il 25 novembre l'arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, aveva definito «ridicolo» e contro ogni logica il limite delle 30 persone applicato tanto alla chiesetta di campagna quanto all'enorme chiesa di San Sulpizio, la più grande della capitale dopo Notre-Dame. Nella stessa occasione, parlando con Radio Notre Dame, aveva lamentato come il governo stesse trattando i vescovi «come bambini», nonostante il pressoché generalizzato rispetto delle misure sanitarie. E sempre Aupetit, di fronte a quell'ulteriore imposizione da parte della maggioranza politica, aveva detto di dover valutare se obbedire o no, aggiungendo che già oggi «ogni volta che entriamo nelle nostre chiese rischiamo di essere assassinati dal terrorismo islamico [...]. Forse il signor Darmanin [il ministro dell'Interno, ndr] invierà la polizia con i manganelli durante la Messa, sarebbe uno spettacolo incredibile. Vedremo».
Le parole di Aupetit, che per il suo ruolo di arcivescovo di Parigi ha un'autorevolezza e visibilità di prim'ordine, non sono isolate perché altri vescovi hanno reagito con spirito di fortezza alla prevaricazione dello Stato. [...] Alcuni di questi pastori hanno anche garantito protezione ai fedeli nel caso di problemi con le autorità civili per il superamento del limite delle 30 persone per Messa.
Tra i più determinati monsignor Ginoux, che in una lettera alla Diocesi ha ricordato la Legge di separazione tra Chiesa e Stato del 1905, e ha aggiunto che «le chiese rimangono aperte» e i fedeli sono liberi di andarci «senza che alcuna autorità abbia il potere di stabilire un divieto». Perciò, scriveva il vescovo di Montauban un paio di giorni prima che il Consiglio di Stato si pronunciasse, «chiedo che le Messe riprendano nella diocesi alle consuete ore domenicali, applicando il protocollo sanitario in vigore (Circolare diocesana n° 3), che noi abbiamo sempre rispettato». Se i sacerdoti o i comuni fedeli «dovessero ricevere una multa alla fine della Messa, dovrebbero rifiutarsi di pagarla sul posto. Chiedo che questi fatti mi siano comunicati e incaricherò l'avvocato della diocesi di seguirli».
Dopo queste incoraggianti prese di posizione e il ricorso della Cef è arrivata appunto la decisione della giustizia amministrativa. Il governo (ri)formulerà quindi la sua linea. Ma ora sa che ci sono dei vescovi - sostenuti da migliaia di fedeli mobilitatisi anche prima degli stessi pastori - che non sono tanto facilmente disposti a mettere da parte i diritti di Dio e, con essi, il loro bisogno di Salvezza.
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