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Non è la prima volta che papa Francesco, nei suoi interventi, richiama l'immagine del capitello della basilica di Vézelay, che rappresenta l'impiccagione di Giuda. Lo ha fatto nella recente intervista concessa al settimanale tedesco Die Zeit (9 marzo 2017), reiterando quanto espresso il 16 giugno 2016 di fronte ai sacerdoti di Roma, in occasione dell'apertura del convegno ecclesiale della diocesi, poi il 2 agosto davanti ai vescovi polacchi e il 2 ottobre sul volo di ritorno dall'Azerbaijan. Quattro volte in meno di un anno, segno di quanto al Santo Padre sia cara questa immagine. Ma qual è, secondo il Papa argentino, il significato di questo capitello? Lo spiega in modo esteso ai preti di Roma: "Mi è venuta tra le mani [...] l'immagine di quel capitello della Basilica di Santa Maria Maddalena a Vézelay, nel Sud della Francia [è in Borgogna, nella Francia centrale, n.d.r.], dove incomincia il Cammino di Santiago: da una parte c'è Giuda, impiccato, con la lingua di fuori, e dall'altra parte del capitello c'è Gesù Buon Pastore che lo porta sulle spalle, lo porta con sé. È un mistero, questo. Ma questi medievali, che insegnavano la catechesi con le figure, avevano capito il mistero di Giuda. [...] Gesù si è sporcato di più. Non era un "pulito", ma andava dalla gente, tra la gente e prendeva la gente come era, non come doveva essere". Ritornando dal viaggio apostolico in Georgia e Azerbaijan ha aggiunto: "E se guardiamo bene la faccia di Gesù, le labbra di Gesù sono tristi da una parte ma con un piccolo sorriso di complicità dall'altra. Questi avevano capito cos'è la misericordia! Con Giuda!".
RIABILITARE GIUDA?
È evidente dal testo che la prospettiva con cui Francesco considera benignamente Giuda gli proviene da don Primo Mazzolari (omelia del Giovedì Santo 1958), molto probabilmente tramite padre Raniero Cantalamessa, che in una predica del Venerdì Santo di tre anni fa, tenuta nella basilica di San Pietro proprio alla presenza del Papa, "riabilitò" Giuda in un modo piuttosto curioso: "È vero che [...] Gesù aveva detto a Giuda: "Nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione", ma qui, come in tanti altri casi, egli parla nella prospettiva del tempo non dell'eternità. Anche l'altra parola tremenda detta di Giuda: "Meglio sarebbe per quell'uomo se non fosse mai nato" si spiega con l'enormità del fatto, senza bisogno di pensare a un fallimento eterno". Non così immediata è invece la fonte che può aver fornito questa spiegazione del capitello. Ma, anzitutto, di cosa si tratta? Stiamo parlando di un capitello presente nella splendida basilica cluniacense dedicata a Santa Maria Maddalena, nel piccolo villaggio di Vézelay, che si trova sulla Via Francigena, meta di numerosi pellegrini che vi andavano a venerare le reliquie di S. Maria Maddalena, mentre erano in cammino per Santiago. Il capitello che stiamo considerando è posto sopra il primo pilastro destro della navata centrale, al livello superiore.
PASTORE O BECCHINO?
È piuttosto singolare e anacronistico indicare il personaggio che porta sulle sue spalle il cadavere di Giuda con Gesù Buon Pastore. Anzitutto perché tra l'immagine qui scolpita e quella "tradizionale" del Buon Pastore, rinvenuto nelle catacombe di San Callisto o rappresentato nel mosaico pavimentale di Aquileia, non c'è affinità. Là troviamo un vero e proprio pastore, con i calzari ai piedi ed un agnello sulle spalle, mentre qui troviamo un uomo dall'apparenza di servo, senza calzari, con un cadavere a penzoloni, che lascia pensare ad un semplice necroforo. Non indifferente è anche il fatto che il "becchino" sta conducendo il cadavere del traditore verso occidente, che è tradizionalmente il luogo delle tenebre, dove il sole tramonta, in direzione diametralmente opposta all'Oriens ex alto, fuori dall'aula basilicale, immagine del corpo mistico di Cristo. Inoltre sembrerebbe l'unico caso di rappresentazione di Cristo Buon Pastore nella Francia del XII secolo, oltretutto sbarbato, in un contesto in cui l'iconografia, come si può vedere dal bassorilievo sovrastante il portale che dal nartece conduce alla navata, rappresentava Cristo con la barba, sul modello sindonico. Un po' forzata è anche la spiegazione della bocca del presunto buon pastore, che sembra raffigurare abbastanza chiaramente una smorfia di fatica o di disprezzo. Ma allora da dove può essere venuta un'interpretazione del genere di questo capitello?
COSA C' È DIETRO?
L'ipotesi - e più che un'ipotesi - è che la fonte di ispirazione debba essere ricercata in un famoso testo di Eugen Drewermann, Il Vangelo di Marco. Immagini di Redenzione, che alle pagine 369-370 (Queriniana, Brescia 2015) afferma testualmente: "Nella chiesa di Vezelay [...] si trovano due raffigurazioni di Giuda: una lo mostra con la bocca aperta come in un grido senza fine, come nel dolore di una disperazione che cerca veramente la propria morte; un'altra fa vedere che Gesù lo porta sulle spalle, e la sua bocca è chiusa, il dolore tace - una vittoria della misericordia, al di là della morte, per sempre". Il testo di Drewermann è una rilettura del Vangelo di Marco dalla prospettiva della psicologia del profondo, che non sfugge all'accusa di riduzionismo interpretativo, ma anzi la dichiara apertamente: "Gli spiriti diabolici non sono che spiriti umani - forze dell'anima che l'angoscia ha sospinto nell'Orco dell'inconscio? A questa domanda bisogna rispondere di sì, senza esitazione". Per questa ed altre posizioni decisamente eterodosse, Drewermann venne sospeso a divinis nel 1992 e ridotto allo stato laicale. Secondo il teologo tedesco, il nostro buon Giuda era solo il più angosciato e interiormente scisso tra i discepoli, perché in fondo era quello più acuto e sensibile; aveva capito più degli altri la radicalità dell'annuncio di Cristo: "Forse fu lui il più grande dei discepoli; forse egli soffrì per degli interrogativi che Pietro neppure si figurava. Pietro lo incontriamo più di dieci anni dopo ad Antiochia, e non aveva ancora capito che la fede in Cristo e la fede nella legge si escludevano una volta per tutte". Anzi Giuda è perfino il più coerente di tutti perché "preferisce la contraddizione nei confronti di un Dio che appare in sé disperatamente contraddittorio ad una vita nella contraddizione, e restituisce a Dio il biglietto d'ingresso nella vita". Insomma "Iudas mercator pessimus" è in realtà un uomo che ha sofferto interiormente per la sua acutezza, "l'unico in grado di misurare l'enorme distanza tra il nuovo insegnamento e la vecchia fede, poiché soltanto lui dipendeva abbastanza fortemente dal vecchio per essere scosso e preso fin dentro al cuore dalla nuova predicazione di Gesù". Per questo la misericordia deve aver per forza trionfato anche su di lui, indipendentemente da lui. Giuda diventa così il perfetto emblema della pecorella smarrita e salvata, nel nuovo tempo della misericordia che salva sempre e comunque.
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