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« Torna agli articoli di Pao
All’Angelus del Papa, la domenica, RaiUno concede dieci minuti: un istante dopo la benedizione, la linea torna nello studio di 'A sua immagine'. Chi vuole ascoltare le parole che Benedetto XVI aggiunge sempre per i fedeli della piazza, deve sintonizzarsi su Sat 2000. Ogni volta che la Rai stacca frettolosamente la linea con quella finestra santa, ammetto che ci rimango male, e come me penso tanti telespettatori. Lui, il vicario di Cristo in terra, accetta umilmente la regola del palinsesto, e noi perdiamo un po’ del suo sorriso, dei suoi affettuosi saluti a quei gruppi con striscioni e bandiere arrivati da tutto il mondo, che scandiscono il suo nome. Parentesi: perché tanta precisione nel collegamento del dopo Angelus, e perché decine di trasmissioni discutibili, se non gratuite, possono 'sforare' di un quarto d’ora? Ma queste è una delle tante, piccole ingiustizie che subisce il nostro Pontefice.
Ecco, per il 2008, io mi auguro un maggiore rispetto (da parte dei programmatori in testa) per le apparizioni televisive del Papa.
Ogni sua parola, da quella storica finestra di mezzogiorno, vale infatti oro per le anime più semplici: quelle dei malati, degli anziani, di creature sparse nei paesi più sfortunati.
Restare collegati altri dieci minuti, credo che non sconvolgerebbe gli equilibri dei palinsesti domenicali. E sarebbe una risposta, significativa, a tutti quei comici che con superficialità e incoscienza, invitano il pubblico a ironizzare sulla figura di Benedetto XVI. Anni fa, costoro si limitavano a imitare le voci dei Pontefici: ricordate Alfredo Papa o Massimo Lopez, o lo stesso Noschese? Quello che accade oggi, ai nostri padri, sembra giustamente un eccesso di cattivo gusto.
Seconda parentesi: rivedo il mio di padre, Giovanni, umorista che per cinquant’anni ha inventato una vignetta al giorno. Non ha mai ironizzato, in una sola battuta o in suo disegno, sulla figura del Papa. «Lo faccio anche per riguardo a vostra madre, che ha studiato dalle suore», diceva a noi quattro figli: ma secondo me era un tenero alibi di cattolico. Torno alla tv di oggi: ironia e molto di più, l’abbiamo trovata in trasmissioni di prima serata, e anche radiofoniche, dove si è tentato di graffiare o macchiare la veste candida di questo dolcissimo Papa. In 'Crozza Italia' il comico Maurizio lo imitava come una figura nevrotica dalla gestualità di un clown, cosparso di pietre preziose. Invenzioni decisamente fuori tema, inaccettabili. E Daniele Luttazzi?
Sospeso il suo 'Decameron' (ufficialmente per un attacco a Giuliano Ferrara) da La7, costui insiste nella presa in giro di Ratzinger al teatro Ambra Jovinelli.
Lo chiama Papa Razzi, e si permette di offendere l’ultima illuminata enciclica 'Spe Salvi': il Papa scrive che la scienza non avrà futuro senza la fede? E allora, da domani, niente antibiotici per lui. Fino all’insospettabile Fiorello, alla radio, che annuncia: «Per prepararsi a un viaggio in Turchia, il Papa fuma tre pacchetti di sigarette al giorno, come un turco». Che malinconia. E soprattutto quanta vigliaccheria: perché pugnalarlo alla schiena? Certo, costoro trovano consensi in una minoranza di disperati, e c’è persino chi paga profumatamente le esibizioni blasfeme: ma non vorrei essere nei loro cuori, e nelle loro anime, quando la sera spengono la luce e fanno un bilancio delle performance antipapali. Sfidare la figura di Benedetto XVI era il loro obiettivo professionale? Infierire contro Cristo in terra?
Nato volontariamente povero tra i poveri, finito sulla croce per salvare onesti e ladroni. Ma sì, per salvare anche loro: creature presuntuose, accecate da un applauso, una risata e un assegno con tanti zeri.
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