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« Torna agli articoli di Paolo Gulisano
Il noto scienziato americano Anthony Fauci lo ha annunciato due giorni fa: un vaccino per il coronavirus dovrebbe essere pronto "entro il prossimo anno, anno e mezzo". Lo riportano i media Usa. L'immunologo ha riferito di aver avuto rassicurazioni dalle aziende produttrici che saranno in grado di realizzare sino ad un miliardo di dosi, consentendo di distribuirlo in tutto il mondo.
In Europa tuttavia c'è ancora più urgenza: negli scorsi giorni l'Agenzia europea del farmaco ha dato delle anticipazioni sulla ricerca in atto in Inghilterra, che sarebbe a buon punto. "Il vaccino funziona", è stato annunciato. "L'obiettivo è distribuirlo senza sperimentazione". Ovvero ottenendo dall'Unione Europea un'autorizzazione speciale per poter mettere in commercio un vaccino fin dal prossimo inverno. Si tratta quindi di forzare tutte le normali procedure attraverso le quali si arriva all'approvazione di un farmaco. Si tratta di saltare tutta una serie di passaggi tecnici ritenuti normalmente indispensabili.
Quello dell'agenzia europea appare come un atteggiamento quantomeno strano: tutti ricordano come si sono comportate alcune agenzie nazionali (tra cui l'italiana Aifa) nei confronti dei farmaci anti-Covid: un'intransigenza assoluta, per esempio nel caso della Clorochina o della terapia con il plasma, con richieste di studi, di trials clinici, di prove incontrovertibili di efficacia. Nel caso del vaccino invece si richiede di trascurare fondamentali passaggi, di introdurre un farmaco privo delle necessarie sperimentazioni, che normalmente richiedono tempo, mesi, anni.
FARE IN FRETTA È LA SCELTA SBAGLIATA
Per il vaccino anti Covid la parola d'ordine è una e netta: fare in fretta. Non a caso tra gli addetti ai lavori si parla di "corsa al vaccino". Ma in Medicina, come in altre scienze, la fretta è un atteggiamento anti-scientifico. Questa fretta viene giustificata dallo stato di emergenza, ma ormai è chiaro che i vari focolai epidemici hanno un decorso tipico, che porta in conclusione all'azzeramento dei morti e dei contagi. Ma è in corso - lo sappiamo bene - una fortissima campagna propagandistica tendente a mantenere uno stato di paura del ritorno del virus. Per questo, si dice, bisognerebbe fare in fretta a trovare il vaccino, trascurando tutte le altre ipotesi terapeutiche che pure vengono sostenute da vari scienziati.
Solo pochi giorni fa abbiamo presentato l'interessante tesi del professor Robert Gallo, uno dei più grandi virologi al mondo, che sembra essere totalmente ignorata. Ormai sembra tutto scritto e deciso: si deve arrivare al vaccino anti Covid. Una scelta che lascia molto perplessi. E i dubbi sono di ricercatori e di scienziati, non di sedicenti "No Vax". Questo termine, tra l'altro, sta diventando una categoria ideologica con cui screditare a priori coloro che si pongono dele domande sull'efficacia e sulla sicurezza delle vaccinazioni. Una parola magica, come "fascista" o "razzista".
In realtà anche molti ricercatori impegnati nello sviluppo di vaccini vogliono proteggere i pazienti, senza però innescare un fenomeno immunologico che è noto da tempo e che in seguito alla vaccinazione potrebbe esacerbare la malattia invece di combatterla. Questo serio e grave problema, di cui né Fauci né tantomeno gli eurocrati impazienti di avere un vaccino parlano, si chiama ADE.
GRAVISSIMI DANNI ALL'ORGANISMO
Se alcuni degli anticorpi prodotti dall'organismo in risposta alla vaccinazione non si legano abbastanza bene al virus - o non sono presenti nella giusta concentrazione - possono "aggrapparsi" a esso ed esacerbare la malattia tramite un processo noto come potenziamento dipendente da anticorpi (antibody-dependent enhancement, ADE).
Nell'ADE, che tra l'altro era l'antica divinità greca degli Inferi, i virus rivestiti di anticorpi ottengono un ingresso tramite i recettori anticorpali sui macrofagi e su altre componenti delle difese immunitarie, neutralizzando le cellule stesse che avrebbero invece eliminato quei virus. In alcuni casi, inoltre, questo processo può innescare una forte reazione infiammatoria, che come abbiamo visto negli scorsi mesi, grazie ai reperti delle autopsie, è estremamente pericolosa perché può innescare fenomeni di vasculite e di tromboembolie diffuse.
Tramite l'ADE il virus può avviare una sovrapproduzione di proteine di segnalazione infiammatoria chiamate citochine, portando a "tempeste di citochine" che possono promuovere la sindrome da distress respiratorio acuto e danneggiare il tessuto polmonare. Quindi, non basta che un vaccino possa indurre la produzione di anticorpi, ma si deve trattare di anticorpi "giusti", e per arrivare a questo obiettivo ci vuole molto tempo e molta prudenza.
Al contrario, un vaccino che determinasse l'ADE porterebbe a danni anche gravissimi all'organismo. L'ADE è già emerso come un problema anche per altri vaccini.
Ci sono ormai chiare evidenze che il Covid-19 è un virus neurotrofico, cioè che svolge un'azione sul sistema nervoso centrale. Se un vaccino venisse realizzato senza criteri di assoluta sicurezza, i meccanismi che abbiamo sopra descritto potrebbero portare a danni cerebrali in un numero imprecisato di persone. Un vero disastro umanitario.
Ma se nonostante tutto un vaccino del genere fosse messo in commercio, e la gente decidesse di sottoporvisi, spinta dalla paura di dover prendere una polmonite da Coronavirus - peraltro curabile con molti tipi di terapie - ritenendola preferibile ad una encefalopatia, crediamo che tuttavia questa scelta debba essere libera e personale, e non obbligatoria e coercitiva.
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