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« Torna agli articoli di Paolo Gulisano
Lo scrivevamo poco tempo fa, prendendo spunto da un articolo di Science: la crisi pandemica è destinata a durare fino al 2025.
Le notizie arrivate dall'Inghilterra hanno cominciato ad essere utilizzate per aumentare il tasso di paura nella popolazione che è già di per se altissimo: una "variante" del Sars-Cov 2 è stata identificata in Gran Bretagna, e il primo aspetto che è stato enfatizzato è la sua rapidità di trasmissione, che sarebbe fino al 70 per cento più elevata del virus finora dominante. Il condizionale è d'obbligo, perché cosa sappiamo di questa cosiddetta variante inglese del Covid-19? È più mortale o più grave del ceppo originale? Quali sono i sintomi e le differenze tra i due? Al momento le informazioni disponibili suggeriscono che la nuova variante di Covid scoperta in Inghilterra causa gli stessi sintomi del ceppo originale. Chi contrae il virus può quindi avere febbre, tosse secca e stanchezza o anche dolori muscolari, gola infiammata, mal di testa, congiuntivite, diarrea, perdita di gusto e olfatto. Insomma gli stessi sintomi del ceppo virale identificato quasi un anno in Cina. Compresi i sintomi gravi, come la difficoltà respiratorie.
Questo è ciò che proviene come informazioni dalle autorità inglesi. Tuttavia la notizia è esplosa in modo psicologicamente devastante proprio perché fa pensare all'opinione pubblica che dall'incubo pandemico non ci libereremo mai. Nuovi ceppi virali vogliono dire nuovi lockdown, nuove emergenze ospedaliere, il reiterarsi insomma degli scenari che abbiamo già conosciuto. E questo nuovo incubo ha un nome che evoca scenari distopici o fantascientifici: mutazioni.
LE MUTAZIONI VIRALI SONO NORMALI
In realtà le mutazioni virali sono un evento che non ha nulla di eccezionale, perché sono frequenti, quasi la norma in microbiologia. Di fatto ci sono già state varie mutazioni di Covid-19 che si sono diffuse. Non si vede dunque il perché di questa frettolosa enfatizzazione del pericolo del New British Covid. Semmai questo allarme dovrebbe far riflettere sui rischi di quelle scelte riguardanti le terapie da utilizzare contro il Covid-19 che possono aver selezionato un nuovo ceppo e prodotto la mutazione. Un'ipotesi preoccupante che si fa tra i ricercatori inglesi è che le mutazioni si siano sviluppate in un paziente affetto da Covid-19 per circa due mesi e curato con l'antivirale remdevisir, che potrebbe avere selezionato un virus in grado di sfuggire alle terapie.
Posto che - come sembra - la variante d'Oltremanica non sia più grave di quella fattaci pervenire lo scorso anno della Cina, ci sono però una serie di interrogativi riguardanti i nuovi scenari epidemiologici che potrebbero andare a configurarsi. In primo luogo: è possibile riconoscere il nuovo ceppo mutato e distinguerlo da quello originale? Con il test sierologico certamente sì, ma con i tamponi al momento nella stessa Inghilterra non è possibile individuare specificamente la nuova variante.
Quindi - almeno per un po' di tempo - il virus venuto da Albione rappresenterà soprattutto una minaccia fantasma, utile però per rinfocolare la paura e giustificare nuovi lockdown.
NULLA CAMBIA PER I VACCINI
La domanda cruciale poi che molti si pongono è: cosa cambia per i vaccini? Nulla, è la risposta. La road map dell'organizzazione vaccinale prosegue - lei sì - senza alcuna mutazione. Dal presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli al virologo Fabrizio Pregliasco, a Giacomo Gorini, ricercatore dello Jenner Institute dell'Università di Oxford, sono arrivate immediatamente ferme e sicure rassicurazioni: i vaccini predisposti contro il Coronavirus dovrebbero mantenere la loro efficacia.
Tuttavia, secondo un importante immunologo, il professor Andrea Cossarizza, è assolutamente prematuro ipotizzare se la mutazione possa inficiare l'effetto del vaccino. «Dobbiamo basarci su evidenze scientifiche di cui oggi non siamo in possesso», ha affermato. In realtà sappiamo bene che esistono virus, come quelli influenzali, che mutano continuamente e che di conseguenza fanno sì che ogni anno si debbano mettere a punto nuovi vaccini. Potrà essere questo lo scenario futuro del Covid? Diventare un virus stagionale che muta anno per anno, e che ogni anno richiede milioni di nuove vaccinazioni? Potrebbe essere. A questo punto però è lecito chiedersi, di fronte ad un virus con queste caratteristiche, se la soluzione vera non stia nella ricerca sui farmaci che possano efficacemente curare il Covid, in tutte le sue possibili versioni mutate. Una soluzione più semplice e a portata di mano con le scoperte e le evidenze scientifiche in materia di terapia che stanno emergendo.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Paolo Gulisano, nell'articolo seguente dal titolo "Covid fino al 2025, l'assist di Science per il Grande Reset" spiega che tale affermazione non è sostenuta da nessuna evidenza medica e cozza con la storia delle grandi epidemie. Tutto è funzionale a mantenere il clima di terrore, con inevitabili conseguenze sul piano economico, politico e anche antropologico.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 19 dicembre 2020:
Da qualche tempo si parla di Great Reset: il grande rivolgimento economico, sociale, politico, mondiale che è stato avviato utilizzando l'epidemia di Covid. Complottismo? Decisamente no. Basta andare a guardare il numero del 13 novembre dell'importante rivista Science per capire che il Covid, se non ci fosse, bisognerebbe proprio inventarlo, tanto è utile ai grandi cambiamenti, che necessariamente richiedono tempo. E così Science ci dice che l'emergenza Covid durerà fino al 2025, e che fino a tutto il 2022 si dovranno mettere in atto provvedimenti restrittivi delle libertà.
Da un punto di vista strettamente medico, è un'affermazione quantomeno singolare. Le grandi epidemie del passato, dalla Spagnola all'Asiatica, fino alla Sars del 2002, non sono mai durate più di un anno. Per quale motivo questo virus dovrebbe continuare a circolare imperterrito per altri cinque anni? Non viene data alcuna spiegazione scientifica. È una mera ipotesi, che va contro l'evidenza di tutta la storia delle epidemie.
Ma il vaccino? Non sarà lui, come ci viene annunciato da tempo, a liberare il mondo dal grande incubo? Non è detto, ci dice Science. Gli esseri umani sono infettati da diversi coronavirus stagionali con reazioni crociate. Nessuno provoca un'immunità completamente protettiva e le infezioni ripetute sono la norma. I vaccini tendono ad essere meno efficaci delle infezioni naturali nel provocare l'immunità e ci sono rischi di reazioni crociate avverse. Un ricercatore, Chadi M. Saad-Roy, ha quindi utilizzato una serie di modelli semplici per una varietà di scenari immunitari per prevedere futuri immunologici per la Sars-Cov-2, con e senza vaccini. I risultati del modello mostrano che la nostra conoscenza imperfetta del panorama immunitario imperfetto del coronavirus può dare origine a scenari divergenti che vanno dalle epidemie gravi ricorrenti all'eliminazione.
Sì, alla fine il Covid dovrebbe sparire, ma - ci viene detto - ci vorranno cinque anni. Il tempo di una guerra, più o meno la durata della Prima (1914-1918) e della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Fino al 2025 dovremmo vivere nella paura, nel terrore. E questo piano quinquennale avrà inevitabili conseguenze economiche e politiche, ma anche psicologiche e perfino antropologiche, a nostro avviso. Il Grande Reset, appunto.
Secondo lo studio in questione, le misure di allontanamento sociale come le restrizioni alle riunioni pubbliche potrebbero dover rimanere in atto a intermittenza per almeno un altro paio di anni per contenere la diffusione del Covid-19. Queste dure misure che hanno già spinto l'economia mondiale in recessione potrebbero essere necessarie perché, secondo le proiezioni dei ricercatori, nuovi focolai di Sars-Cov-2 potrebbero (il condizionale è d'obbligo) ripresentarsi ogni inverno.
Ancora, e i vaccini? I ricercatori ammettono che potrebbero rivelarsi non sufficientemente efficaci. Almeno fino al 2024. Secondo lo studio, le ricorrenti epidemie invernali di Sars-Cov-2 si verificheranno nel corso dei prossimi anni dopo l'iniziale ondata pandemica più grave. Quindi, secondo le proiezioni dei ricercatori, che curiosamente escludono qualsiasi scoperta farmacologica atta a curare il virus, oltre a negare - ma questo sappiamo che è parte del pensiero mainstream - possibilità di trattamenti già esistenti, e persino mettendo appunto in dubbio l'immediata efficacia dei vaccini, non resta che continuare il distanziamento intermittente.
È molto probabile che tali modelli teorici verranno presto tradotti a livello internazionale in strategie di azione sanitaria ma anche in politiche economiche. Ciò avrà come conseguenza uno stato di guerra permanente, uno sconvolgimento della vita di milioni di persone, costrette a vivere con sempre minori libertà, aspettando che si formi un'immunità di gregge tale da far dichiarare cessato il pericolo. Anche se non è da escludere che la micidiale minaccia di nuove sedicenti epidemie non venga continuamente sbandierata da chi ne ha tutto l'interesse. È il caso di Mark Dybul - uno stretto collaboratore del mitico virologo americano Anthony Fauci - che nei giorni scorsi ha parlato di prossime future nuove pandemie.
Insomma, il clima di terrore e insicurezza deve continuare, e per i prossimi cinque anni la parola Covid non scomparirà affatto. Il tutto, lo ribadiamo con forza, contro ogni evidenza, perché in realtà il Covid potrebbe estinguersi in breve tempo come hanno fatto prima di lui tutti i virus pandemici. Dovrebbero proprio spiegarci perché il virus venuto da Wuhan dovrebbe comportarsi diversamente.
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