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« Torna agli articoli di Paolo Lambruschi
La medicina non sa ancora in quale parte del cervello si trovi la coscienza e neppure dove si colloca l’interruttore che può spegnerla. E non è in grado di stabilire che non si accenderà più. Ma per Gianluigi Gigli, ordinario di neurologia all’università di Udine, la sentenza che ha autorizzato la morte di Eluana ha ignorato tutto questo, accogliendo invece le tesi granitiche di chi pensa che lo stato vegetativo non sia vita umana. Senza porsi dubbi. Sui giornali, ad esempio, il dottor Defanti, l’uomo disposto a togliere il sondino che tiene in vita Eluana, ribadisce che lo stato vegetativo è equiparabile alla vita vegetale. Quindi, a suo dire, la giovane non soffrirà quando partirà per l’ultimo viaggio.
Professor Gigli, cosa ne pensa?
Che la sentenza della Cassazione dello scorso ottobre, su cui si basa il decreto della Corte d’appello che autorizza la morte della giovane, definisce vive le persone in stato vegetativo. È stata presa solo a pezzi e piegata. Se è un vegetale, qualcuno mi spieghi allora perché il tribunale raccomanda di sedarla, una volta tolta l’alimentazione, e di tenerle le mucose bagnate quando le toglieranno l’idratazione. Evidentemente sanno che il 'vegetale' soffrirà. Non si sedano le piante quando si tagliano.
Quindi?
Facciamo chiarezza. Eluana non è in coma, è in stato vegetativo, appunto. La differenza è fondamentale: non vive a letto, dorme e si sveglia, non è attaccata a un respiratore, muove gli occhi. Non può alimentarsi autonomamente, ma sta bene e non assume farmaci.
Come si può affermare che Eluana non è una persona viva?
Non è possibile. Sono apparsi di recente articoli splendidi su riviste scientifiche internazionali che si domandano dove si trovi la coscienza, arrivando a ipotizzare che risieda nel tronco del cervello. Significa che pure un bambino anencefalo prova emozioni. Perché non dovrebbe provarle Eluana Englaro?
Può riaccendersi la vita nella frontiera remota dove si trova la ragazza?
Onestamente più passa il tempo e più le probabilità diminuiscono. Ma sono noti casi di risveglio dopo tempi lunghissimi. Non sappiamo dove sta l’interruttore della coscienza e cosa lo fa scattare. Ma un medico non può mai escludere che lo scatto vitale avvenga.
Allora perché la sentenza milanese sostiene il contrario?
Mi pare una sentenza scritta a più mani e anche un po’ 'strabica' e orientata, che accoglie solo le tesi su idratazione e alimentazione della commissione bioetica voluta nel 2000 dall’allora ministro della Salute Umberto Veronesi e presieduta da Fabrizio Oleari. Ma vi sono altri pareri successivi di commissioni bioetiche non meno autorevoli e non considerati. I quali giudicano ad esempio gli stati vegetativi 'persistenti' e non 'permanenti'. E che ritengono l’alimentazione non accanimento terapeutico, bensì atto dovuto verso un malato non autosufficiente. Pensiamo solo a quei malati di Sla che si alimentano con sondino o cannula e riescono persino a lavorare. Se passa il principio dell’alimentazione come atto terapeutico si apre un fronte pericoloso.
Quale?
Di fatto si autorizza l’eutanasia omissiva. Potrà farsi avanti qualche parente che vuole sospendere l’alimentazione a qualcun altro dei 2500 pazienti in stato vegetativo sostenendo che non voleva finire così. Dopo toccherebbe agli anziani in demenza senile, condizione davvero irreversibile.
I famigliari sostengono di difendere gli interessi della giovane...
Mi permetta di citare la convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina del 1997. L’articolo 9 sui desideri precedentemente espressi dal paziente è stato infatti utilizzato dai giudici per autorizzare il padre a staccare la sonda. Ma è stato ignorato l’articolo 6: sostiene che un intervento non può essere effettuato su persona incapace di dare consenso, se non per suo diretto beneficio. Mi domando che beneficio porti la morte.
Cosa si può fare ancora?
L’associazione Vi.ve, della quale faccio parte, si rivolgerà al procuratore generale di Milano perché faccia ricorso contro la sentenza Englaro della Corte d’appello di Milano perché ha disatteso i principi di diritto espressi dalla Cassazione lo scorso ottobre. C’è poi una possibilità legata all’Avvocatura dello Stato, la quale può intervenire su sollecitazione del Presidente del consiglio o del Ministro della giustizia. Il governo è sensibile agli sconfinamenti politici della magistratura. Bene, in questo caso i giudici introducono nell’ordinamento l’eutanasia omissiva scavalcando il Parlamento, cioè la sovranità popolare. Dal punto di vista etico è in gioco un concetto di civiltà e rispetto del bene indisponibile della vita. La comunità medica è divisa e sta dibattendo sulla vicenda.
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