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QUELLO CHE NON LEGGERETE MAI SUL NEW YORK TIMES
Storie ordinarie di preti che donano la loro vita a Gesù e al prossimo
di Rino Cammilleri
 

Il missionario salesiano uruguayano Martín Lasarte ha inviato al New York Times, senza ottenere risposta, una lettera che è stata pubblicata dall’agenzia Zenit nel maggio 2010. Il New York Times, come è noto, è stato capofila nell’accusare il clero cattolico di pedofilia. Riporto qualche stralcio: «E’ curioso constatare (…) il disinteresse per migliaia e migliaia di sacerdoti che si consumano per milioni di bambini, per gli adolescenti e i più sfortunati nei quattro angoli del mondo (…). Penso che al vostro mezzo informativo non interessi il fatto che io abbia dovuto trasportare su percorsi minati nel 2002 molti bambini denutriti da Cangumbe a Lwena (Angola), perché il governo non si rendeva disponibile e le Ong non erano autorizzate; che abbia dovuto seppellire decine di piccole vittime tra gli sfollati della guerra e i ritornati; che abbiamo salvato la vita a migliaia di persone a Moxico con l’unico posto medico in 90mila kmq, o che abbia distribuito alimenti e sementi; o che in questi 10 anni abbiamo dato un’opportunità di istruzione e scuole a più di 110mila bambini (…). Non interessa che con altri sacerdoti abbiamo dovuto far fronte alla crisi umanitaria di circa 15mila persone negli alloggi della guerriglia, dopo la loro resa, perché gli alimenti del governo e dell’Onu non arrivavano (…). Non fa notizia che un sacerdote di 75 anni, p. Roberto, di notte percorra le vie di Luanda curando i bambini di strada, portandoli in una casa di accoglienza perché si disintossichino dalla benzina, che alfabetizzi centinaia di detenuti; che altri sacerdoti, come p. Stefano, abbiano case in cui i bambini picchiati, maltrattati e violentati cercano un rifugio, e nemmeno che fr. Maiato, con i suoi 80 anni, vada casa per casa per confortare i malati e i disperati (…). Non fa notizia che più di 60mila dei 400mila sacerdoti e religiosi abbiano abbandonato la propria terra e la propria famiglia per servire i fratelli in lebbrosari, ospedali, campi di rifugiati, orfanotrofi per bambini accusati di stregoneria o orfani di genitori morti di Aids, in scuole per i più poveri, in centri di formazione professionale, in centri di assistenza ai sieropositivi (…) e soprattutto in parrocchie e missioni, motivando la gente a vivere e amare (…). Non fa notizia che il mio amico p. Marcos Aurelio, per salvare alcuni giovani durante la guerra in Angola, li abbia portati da Kalulo a Dondo e tornando alla sua missione sia stato ucciso a colpi di mitragliatrice; che fr. Francisco e cinque catechiste siano morti in un incidente mentre andavano ad aiutare nelle zone rurali più sperdute; che decine di missionari in Angola siano morti per mancanza di assistenza sanitaria, per una semplice malaria; che altri siano saltati in aria a causa di una mina, mentre facevano visita alla loro gente. Nel cimitero di Kalulo ci sono le tombe dei primi sacerdoti che giunsero nella regione (…). Nessuno aveva più di 40 anni (…). La verità è che non cerchiamo di fare notizia, ma semplicemente di portare la Buona Novella, quella notizia iniziata senza rumore la notte di Pasqua. Fa più rumore un albero che cade che un bosco che cresce».

 
Fonte: Antidoti, 31 maggio 2010