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« Torna agli articoli di Roberto De Mattei
Nella storia dei conflitti che hanno sempre accompagnato le vicende umane, la Prima Guerra Mondiale occupa un posto centrale, non solo per l'estensione planetaria e il numero spaventoso delle vittime, ben nove milioni, ma soprattutto per la novità e l'intensità dell'odio tra i popoli che essa accumulò nelle trincee contrapposte. Lo storico francese Jean de Viguerie (Les deux patries. Essai historique sur l'idée de patrie en France, Parigi 1998) mostra come alla dottrina tradizionale della "guerra giusta", per sua natura difensiva, si sostituisce nel '14-'18, una nuova concezione della guerra, offensiva, totale, incessante, che ha le sue radici nella Rivoluzione Francese. Il primo conflitto mondiale fu, in questo senso, una continuazione dell'appello alle armi lanciato l'11 luglio 1792, quando l'Assemblea Nazionale dichiarò "la Patria in pericolo".
È con la Rivoluzione Francese che nasce la parola d'ordine di "annientare il nemico", interno ed esterno, come avvenne con le "colonne infernali" che tra il 1793 e il 1794 sterminarono gli insorti della Vandea. Al concetto tradizionale di "Patria", radicato in un luogo concreto e in una precisa memoria storica, se ne sovrappone, nel XVIII secolo, uno nuovo, associato all'idea dei diritti dell'uomo. La "patria filosofica" degli illuministi è divinizzata fino a divenire un Moloch che autorizza qualsiasi sacrificio.
La continuità ideologica tra la Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione Francese fu teorizzata dagli interventisti, che presentarono il conflitto come una rivoluzione tesa ad instaurare in Europa la "democrazia universale". La "grande guerra" fu - secondo un altro grande storico, l'ungherese François Fejtö - un conflitto ideologico di massa, che ebbe lo scopo di «repubblicanizzare e de-cattolicizzare l'Europa» e compiere, a livello nazionale e internazionale, l'opera interrotta della Rivoluzione Francese (Requiem per un impero defunto. La dissoluzione del mondo austro-ungarico, tr. it. Mondadori, Milano 1994, pagg. 316-333).
L'Austria-Ungheria, da cui ancora emanavano i bagliori del Sacro Romano Impero medioevale, rappresentava il principale ostacolo al progresso dell'umanità. Attraverso la distruzione dell'Impero austriaco, l'obiettivo di un circolo ristretto di uomini politici affiliati alla Massoneria fu, sottolinea Fejtö, quello «di estirpare dall'Europa le ultime vestigia del clericalismo e del monarchismo». Abbeverandosi a queste fonti ideologiche, l'interventismo rivoluzionario vedeva nella guerra il compimento della modernità ossia l'ultima fase di un processo culturale che avrebbe definitivamente liberato l'Europa dagli ultimi residui dell'oscurantismo.
L'esito della guerra del ‘14-'18 fu, di fatto, la "repubblicanizzazione" dell'Europa. Lo storico inglese Niall Ferguson, autore di un'altra opera capitale sul conflitto, ricorda che alla vigilia della guerra discendenti e altri parenti della Regina Vittoria erano seduti sui Troni non solo di Gran Bretagna e Irlanda, ma anche di Austria-Ungheria, Russia, Germania, Belgio, Romania, Grecia e Bulgaria. In Europa solo Svizzera, Francia e Portogallo erano già Repubbliche. «Nonostante le rivalità imperiali della diplomazia prebellica, i rapporti personali tra gli stessi Monarchi erano rimasti cordiali, persino amichevoli: la corrispondenza tra "George", "Willy" e "Nicky", testimonia il protrarsi dell'esistenza di un'élite reale cosmopolita e poliglotta con un certo senso dell'interesse comune» (La Verità taciuta. La prima guerra mondiale: il più grande errore della storia moderna, tr. it. Milano 2002, pag. 559).
La carta postbellica dell'Europa vide l'emergere di Repubbliche in Russia, Germania, Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia e nei tre Stati baltici, oltre che in Bielorussia, Ucraina occidentale, Georgia, Armenia e Azerbaijan (assorbite di forza nell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche nel periodo dal 1919 al 1921).
I trattati di Parigi del 1919-1920 costituirono, osserva a sua volta François Furet, «più che una pace europea, una rivoluzione europea» (Il passato di un'illusione. L'idea comunista nel XX secolo, tr. it. Mondadori, Milano 1995, p. 70), che sconvolse l'equilibrio sul quale si reggeva l'Europa dal Congresso di Vienna. Al Cancelliere austriaco Metternich successe, come architetto del nuovo equilibrio internazionale, il Presidente americano Woodrow Wilson, che si presentò come il profeta di una nuova era in cui, in nome del principio dell'"autodeterminazione dei popoli", le Nazioni libere avrebbero finalmente trovato la via del progresso, della giustizia, della pace. Il diritto assoluto delle nazionalità a costituirsi come Stati indipendenti, proclamato per la prima volta dalla Rivoluzione Francese, veniva così elevato a principio giuridico e a regola suprema della politica internazionale.
Nota di BastaBugie: Massimo de Leonardis nell'articolo seguente dal titolo "Europa 1914. Da cittadella orgogliosa a devastata" parla delle conseguenze disastrose della Prima Guerra Mondiale.
Ecco l'articolo pubblicato su Radio Roma Libera il 2 luglio 2021:
Nel 1914 l'Europa era la "cittadella orgogliosa", all'apogeo del potere mondiale: controllava il 60% dei territori, il 65% degli abitanti, il 57% della produzione di acciaio, il 57% del commercio. Era consapevole e orgogliosa della sua missione civilizzatrice, della quale era parte rilevante l'opera delle missioni cattoliche, sostenute anche da governi laicisti come quello francese, sia pure per meri fini di prestigio e influenza politica. Tutto ciò fu distrutto con il "suicidio dell'Europa", come giustamente è stata definita la Grande Guerra.
Causa scatenante della crisi fu l'assassinio a Sarajevo il 28 giugno 1914 da parte del rivoluzionario bosniaco Gavrilo Princip, la cui mano fu armata da circoli dirigenti serbi, dell'Arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo, erede al trono Austro-ungarico, fervente cattolico e anti-massone, fautore di un progetto di riorganizzazione dell'Impero, che avrebbe consolidato la fedeltà al Trono degli slavi, tarpando le ali alla Serbia. Il 23 luglio Vienna inviò un ultimatum a Belgrado, chiedendo una severa inchiesta e la punizione dei colpevoli. Ciò mise in moto un meccanismo diplomatico e militare, che in poco più di dieci giorni precipitò nella guerra gran parte dell'Europa. [...]
È evidente che la Prima guerra mondiale scoppiò per ragioni classiche di politica di potenza. Tuttavia era in agguato la direttiva ideologica cara alla Massoneria internazionale: il risultato del conflitto doveva innanzi tutto essere la "repubblicanizzazione" dell'Europa e soprattutto l'abbattimento dell'unica Grande potenza cattolica, l'Impero asburgico.
Di lì a poco, la Germania prese la decisione cinica e di corte vedute di inviare Lenin in Russia, allo scopo di farla uscire dalla guerra, che il governo borghese nato dalla rivoluzione di febbraio intendeva invece continuare. La Russia si ritirò dal conflitto, ma furono poste le basi per la creazione del primo Stato comunista. Nello stesso anno entrarono in guerra dalla parte dell'Intesa gli Stati Uniti, portatori di un programma di sovvertimento del tradizionale ordine internazionale e di ostilità alle monarchie. Sempre nel 1917, vero anno chiave della guerra, l'Intesa pose o completò le basi del tuttora insolubile problema del Medio Oriente, dividendosi in zone d'influenza tale area, ma allo stesso tempo da un lato fomentando la rivolta araba dall'altro promettendo agli Ebrei un "focolare nazionale".
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