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« Torna agli articoli di Roberto De Mattei
Ogni tanto si leggono articoli agghiaccianti su cui però vale la pena di riflettere. Ne segnalo uno della giornalista Daniela Hamaui su "La Repubblica" del 26 maggio, dal titolo "Noi con tanti followers, ma soli nella vita vera".
Così inizia l'articolo: "Zero amici, zero relazioni, zero complicità, zero anima gemella. Nessuno con cui condividere un segreto, nessuno da amare e da cui essere riamati. Nessuno a cui confessare la propria solitudine e il desiderio di avere appunto almeno un amico. Solo un grande zero"
In queste poche righe la giornalista ci offre la fotografia terribile della situazione psicologica ed esistenziale dei giovani di oggi, americani ed europei, immersi nei social network, ma incapaci di rapporti sociali. L'Occidente sta diventando una società di numeri, di individui. Nel mondo dell'interconnessione, ognuno vive isolato. E mentre Mark Zuckerberger continua a fissare un tetto massimo di 5000 amici da aggiungere su Facebook, la realtà, sempre più distopica, scrive la giornalista, sta andando nella direzione opposta: "la distanza tra il nostro io virtuale e quello concreto è diventata siderale: da una parte si cerca di arrivare a 5000 amici su Facebook, di avere l'agognato like, di essere seguiti da schiere di followers, dall'altra ci si accorge che questi numeri non rappresentano nulla e che avere un amico vero nella vita di tutti i giorni è sempre più difficile".
SPOSARSI SENZA IL PARTNER
In Giappone, molte giovani donne decidono di celebrare il loro matrimonio da sole, un matrimonio dove c'è tutto salvo lo sposo. "Non hanno il tempo di cercarlo e soprattutto non sanno se lo troveranno, così intanto si sposano con sé stesse". Si parla tanto di inclusione e di condivisione, eppure i solitari sono diventati una maggioranza. Per contrastarla cominciano a spuntare società tipo "Rent a friend", "noleggia un amico" che offrono un po' di compagnia a pagamento. Il Covid è stato certamente un acceleratore: lockdown, lavoro da remoto hanno cancellato incontri, feste, occasioni per conoscersi, ma non si può attribuire la colpa di tutto alla pandemia. La solitudine diffusa e pervasiva si era già insinuata molto prima tra di noi, scrive la giornalista de "La Repubblica" che però a questo punto si mostra incapace di risalire alle cause reali e profonde del fenomeno che descrive con esattezza e preoccupazione.
Ebbene possiamo tentare di dare una risposta: la prima causa dell'incapacità a costruire legami sociali come l'amicizia è iniziata con l'attacco alla famiglia, che è la culla della società, perché è il luogo della trasmissione della vita, dello sviluppo della persona umana e dell'educazione, il luogo dove si costruiscono e consolidano i primi legami sociali naturali. La famiglia non è solo l'unione provvisoria di un uomo e di una donna, ma è un'istituzione sociale, con una sua unità spirituale e materiale di cui Dio ha fissato la costituzione e i diritti. Oggi zero famiglia, zero amici.
Negli ultimi cinquant'anni, a partire dalla Rivoluzione del Sessantotto, la società familiare, è stata scardinata. Questa istituzione non solo accompagnava l'uomo nel suo sviluppo, ma costituiva, con la sua rete di affetti, anche un sostegno per lui nelle ore difficili dell'età matura. Valori ed affetti sopravvivono solo dove esistono ancora brandelli di famiglie che resistono. E queste famiglie non solo esistono ancora, ma continuano a riformarsi, perché la famiglia non è una realtà storica destinata ad estinguersi, ma è una realtà naturale, inestirpabile dalla società umana di cui costituisce il fondamento.
LA FAMIGLIA SALVERÀ QUESTO MONDO
Ma dietro la famiglia c'è un ordine sociale naturale, che oggi viene sistematicamente negato e capovolto. Quest'ordine sociale ha il suo architrave in Dio, che è il fondamento della società perché Dio è l'alfa e l'omega di tutto ciò che nell'universo esiste. Il primo rapporto sociale di amicizia non è quello dell'uomo con l'uomo, ma quello dell'uomo con Dio e questo rapporto si coltiva solo quando l'uomo riconosce la sua natura di essere creato, che tutto riceve da Dio, verso il quale non ha nessun diritto, ma solo doveri, a cominciare da quello di amarlo.
Susanna Tamaro, in un articolo sul "Corriere della Sera" dello scorso anno, ha ricordato un episodio della vita di santa Edith Stein che, da filosofa atea, entrò per caso in una piccola chiesa e venne folgorata dalla visione di un'anziana donna che pregava in solitudine con le borse della spesa accanto. "Lì intravide un invisibile confine: un luogo sospeso nel tempo, dove era possibile raccogliersi in un qualsiasi giorno feriale ed entrare in un intimo dialogo con l'eterno. Fu l'inizio della sua conversione".
La società dell'interconnessione, disconnette l'uomo non solo dai propri simili, ma innanzitutto da Dio, sostituendo alla solitudine il frastuono dei social. Nella solitudine, nel raccoglimento, nel silenzio dell'anima, gli uomini trovano Dio, mentre nella dissipazione e nell'agitazione lo perdono. C'è una frase efficace del sacerdote Joseph Roux (1834-1905), che va ricordata: "la solitudine vivifica, l'isolamento uccide". Nella società contemporanea tutto sembra organizzato per impedirci i momenti di riflessione e di solitudine, i momenti in cui l'anima è sola con sé stessa e può porsi le grandi domande sul proprio destino
La società della globalizzazione e dell'interconnessione è la società dell'isolamento da Dio e dai propri simili. Una società senza amici, senza famiglia, senza Dio: la società del grande zero.
Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 2 minuti) dal titolo "Disconnessi dalla realtà" si può percepire l'importanza del problema di cui ha parlato il precedente articolo.
https://www.youtube.com/watch?v=9U8Qhs96SU4
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