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« Torna agli articoli di Souad Sbai
Matteo Salvini ha manifestato la volontà di creare una consulta per l'islam italiano, quell'organismo del Ministero dell'Interno di carattere consultivo costituito da figure appartenenti al mondo musulmano ritenute influenti e maggiormente rappresentative nel nostro paese.
Se è opportuna la necessità di stabilire intese tra lo Stato e i musulmani in Italia, lo è ancor di più tenere a mente che trattasi di un'impresa tutt'altro che agevole. Deve essere da monito l'esito che ebbe la Consulta istituita l'ultima del precedente governo, nel 2016, dall'ex ministro Angelino Alfano. Quell'esperienza rivelò come non esista un islam italiano né tantomeno ci siano referenti per l'islam. Al contrario, esistono alcune associazioni che rappresentano solo i propri adepti. E dietro alcune di queste associazioni ci sono il Fratelli Musulmani, di cui una frangia consistente è criminale e legata al terrorismo islamista, ad Al Qaeda e all'Isis, il cui progetto a lungo termine è conquistare l'Occidente.
L'atteggiamento di questi gruppi, e tipico dei fondamentalisti islamici, generalmente non è palese. Personaggi di tale natura sono molto bravi a ricorrere alla "taqiyya", ossia al camuffamento delle proprie azioni e alla moderazione nel linguaggio, arrivando addirittura a rinnegare esteriormente la fede e a non praticare i riti previsti dalla religione islamica. Trattasi di figure ingannevoli che si presentano come islam moderato, ma che in realtà sono radicali legati al Qatar, ovvero ai finanziatori dei più rilevanti gruppi terroristici a livello mondiale.
Con questi individui non solo ci si è seduti allo stesso tavolo, rendendoli i principali interlocutori di una comunità che non rappresentano affatto, ma sono stati stretti anche degli accordi.
In Italia i musulmani sono all'incirca un milione e mezzo, ed è importante che non siano rappresentati da una minoranza non eletta e, di conseguenza, non rivelativa del loro pensiero. Anche perché a pagarne le spese, come al solito, sarebbero i musulmani moderati, totalmente intergrati, i laici o semplicemente i cittadini. Se non si fa attenzione questa sarà senz'altro un'ennesima occasione per ricreare quell'ambiente radicale che ha egemonizzato tutto il dibattito interno all'islam.
Non bisogna più dar voce a questa cerchia di persone che giustifica episodi di intolleranza come quelli verificatisi all'interno del centro per lʼimpiego di Monfalcone, in Friuli-Venezia Giulia, compiuti da chi ancora si rifiuta ancora di parlare alle operatrici in quanto donne. Solo l'ultimo di un'infinita serie. I musulmani moderati, e nel nostro paese sono tanti, sono quelli che si ribellano alla diseguaglianza. L'islam non può essere rappresentato da un partito, meno che mai poteva esserlo dalla sinistra che ha usato e manipolato le minoranze che ha detto di voler tutelare, solo per avere blocchi di voto influenti. Atteggiamento tipico quello di incoraggiare il pensiero di gruppo, permettendo agli addetti ai lavori, di dubbia indole, di accumulare status rappresentando le loro comunità fittizie.
Nota di BastaBugie: Rino Cammilleri nell'articolo seguente dal titolo "Come perdere un anno e l'educazione facendo il militare" parla della proposta del ministro dell'Interno di reintrodurre per alcuni mesi il servizio militare e il servizio civile.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 13 agosto 2018:
«Vorrei che oltre ai diritti tornassero a esserci i doveri». Di fronte ai casi di mancanza di educazione e senso civico, «facciamo bene a studiare i costi, i modi e i tempi per valutare se, come e quando reintrodurre per alcuni mesi il servizio militare, il servizio civile per i nostri ragazzi e le nostre ragazze, così almeno impari un po' di educazione che mamma e papà non sono in grado di insegnarti», ha detto il vicepremier Matteo Salvini in visita a Lesina in Puglia.
Per un cattolico non buonista, ma anche per un moderato amante dell'ordine, l'accento sui doveri è buona musica. Tuttavia, il ventilato ritorno alla naja quale inculcatrice di educazione e senso del dovere lascia un attimo perplessi. Infatti, bisognerebbe studiare non solo i costi e i tempi, ma anche - anzi no, soprattutto - i modi. Sì, perché c'è naja e naja, e Salvini, data la sua età, non l'ha sopportata. Va detto subito che si tratta di un vecchio arnese napoleonico inventato dalla Rivoluzione francese: i regni europei si videro aggrediti da milioni di soldati cittadini-in-armi e, per difendersi dalle armate giacobine, dovettero adeguarsi. Il risultato fu lo stesso delle guerre precedenti, con la sola differenza di qualche centinaio di migliaia di morti in più. Da quel momento la guerra non fu più la stessa e i civili tornarono ad essere bersaglio come ai tempi dei barbari. Ci vollero le ecatombi del Ventesimo secolo, ma soprattutto il balzo in avanti della tecnologia, per rendere obsoleti gli eserciti carne-da-cannone.
L'avvento delle guerre asimmetriche, delle guerriglie e del terrorismo organizzato costrinsero le scuole di strategia e tattica ad adeguarsi, e soprattutto a prendere atto del dato che il cittadino-soldato era ormai più d'impaccio che di vantaggio. Ma, al solito, le legislazioni arrivarono per ultime. In Italia, il ritardo fu dovuto anche a quella palla al piede che era il Pci, la cui ideologia ottocentesca lo faceva ragionare in termini di «masse». Il sottoscritto fu uno degli ultimi fessi a vestire la divisa, in qualità di cittadino di sesso maschile. Appartenendo alla generazione del baby-boom degli anni Cinquanta, la cartolina-precetto non arrivava per ranghi stracolmi. Per non svegliare il can che dorme non feci nemmeno la domanda da ufficiale, cui avrei avuto diritto in quanto laureato. Risultato: la cartolina arrivò che avevo già ventotto anni. Soldato semplice in mezzo ai diciottenni. Una volta recluta, feci domande su domande per almeno imparare qualcosa: a usare le armi, a guidare mezzi pesanti, a condurre treni. Niente. Mi assegnarono a un comando di stazione ferroviaria, dove passavo il tempo a certificare i ritardi dei treni per i soldati che tornavano dai permessi o dalle licenze. L'attività speciale era lavare il pavimento dell'ufficio e spolverare la scrivania. Alloggiato all'ospedale militare, dove il pranzo era alle undici e la cena alle diciassette.
Da recluta l'unico addestramento era l'attenti-riposo e marciare con degli inutili Garand americani (pesantissimi fucili a retrocarica) dell'ultima guerra. La dotazione era di materiale scadente (le scarpe da ginnastica erano di gomma, quella dei palloni da calcio per bambini), e chissà chi aveva lucrato gli appalti relativi. Il nonnismo era a volte davvero pesante e le risse per futili motivi non infrequenti. La bestemmia era considerata virile e la pornografia pure: quando i camerati si accorsero che ero un cattolico convinto non tardarono a inondarmene. Insomma, un anno e mezzo buttato, anche perché avevo dovuto lasciare il lavoro (che non ritrovai più) per adempiere gli obblighi di leva. Ho imparato l'educazione? No, lì per sopravvivere dovevi perdere quella che avevi. Ebbene, se il ritorno alla naja auspicato da Salvini è un semplice ritorno al passato, non mi sento di condividerlo. Più realistico, e proficuo, sarebbe rendere più allettante (tramite stipendi e benefits) l'arruolamento volontario in un esercito motivato ed efficiente. E' anche così che gli americani fanno fronte alla disoccupazione giovanile. Meglio, da noi, i lavori socialmente utili.
Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "Quella moratoria sui princìpi non negoziabili" parla dell'astensione della Lega sulla proposta di istituzione di una nuova Commissione parlamentare sui diritti umani che si occupi anche di utero in affitto e cristiani perseguitati la dice lunga sul patto che rende possibile la sopravvivenza di questo governo.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 luglio 2018:
Prima delle elezioni i cattolici, almeno quelli che sanno riconoscere che ad esempio l'aborto è tematica moralmente più rilevante dell'immigrazione e che credere in Cristo è la libertà più importante di tutte, vivevano nell'angoscia pre-voto. Chi votare tenendo fisso come criterio ispiratore la tutela dei principi non negoziabili?
Ora abbiamo un governo con Alberto da Giussano coronato da 5 stelle. E' noto che nel contratto stipulato dalle due parti i principi non negoziabili sono rimasti fuori sia in senso negativo che positivo. Tradotto: voi leghisti non provate a modificare la Cirinnà e voi pentastellati non provate a varare una legge sulla cosiddetta omofobia. Pare proprio che i due contraenti stiano mantenendo le promesse.
A confermarlo c'è un episodio di carattere politico. Il 10 luglio scorso si vota in Senato per l'istituzione di una Commissione straordinaria per i diritti umani, erede della vecchia Commissione dei diritti umani. Fratelli d'Italia, partito che ha le mani libere perché non vincolato da nessun patto, propone, per iniziativa della senatrice Isabella Rauti, un ordine del giorno teso a definire la mission di questa commissione.
La Rauti innanzitutto ricorda che la precedente Commissione operava a senso unico - un senso che guardava solo a sinistra - e che i soli diritti umani oggetto del suo impegno erano quelli dettati dall'agenda del politicamente corretto: "pena di morte nel mondo, la tutela dei diritti fondamentali del fanciullo, il cyberbullismo, la lotta alla tratta degli esseri umani, la battaglia contro le discriminazioni, l'omofobia, la xenofobia".
Poi l'esponente di FdI chiede che la nuova Commissione si occupi anche – incredibile dictu - "dei diritti dei nascituri, della tutela della vita dal concepimento alla morte naturale". Negli obiettivi della vecchia Commissione "manca qualunque riferimento ai diritti del nascituro, il diritto primario. Manca [...] qualsiasi riferimento alla maternità surrogata. Bisogna infatti fare attenzione perché, al di là di come la si pensi, si tratta di una pratica che sfrutta il corpo delle donne e che genera anche la più odiosa delle discriminazioni, quella dei ricchi contro i poveri, di quelli cioè che si possono permettere di affittare l'utero di una donna povera contro quelli che non possono. Si tratta dunque di una pratica da vietare, a nostro avviso, come criminale mercificazione, come reato".
Dalla bioetica si passa alla libertà religiosa per i cristiani: "Manca ancora completamente - continua la Rauti - il diritto alla libertà religiosa e di culto perché manca completamente nelle attività svolte il riconoscimento delle persecuzioni dei cristiani nel mondo, contro i sacerdoti, contro i fedeli e contro le chiese. Non c'è percezione del clima di intolleranza e di odio che esiste nel mondo contro la fede cristiana. Sono state date delle cifre, non le ripeterò, ma voglio ricordare le persecuzioni delle minoranze. Boko Haram stermina la minoranza cristiana in Nigeria. Ricordo anche le uccisioni in Siria e in Iraq totalmente dimenticate, bambini compresi e, ancora, l'esodo di quelle minoranze cristiane costrette a scappare. Insomma, un crimine contro l'umanità di cui non c'è traccia nelle attività della Commissione". L'on. Rauti così conclude: "Fratelli d'Italia chiede che la Commissione si estenda e si occupi in modo esplicito dei diritti del nascituro e della maternità surrogata come reato e che ci si impegni contro le persecuzioni dei cristiani nel mondo". Naturalmente scoppia la bagarre in Senato perché i prog e i liberals sono disposti a morire per le idee degli altri a patto che coincidano con le proprie.
Si passa alla votazione dell'ordine del giorno proposto dalla Rauti. 61 voti contro provenienti da Pd e Leu. Prevedibile. Astenuti: 198 voti tra cui tutti i leghisti. Il motivo? Quello accennato sopra: il contratto con il M5S che prevede di non metter becco in questioni spinose e divisive che potrebbero minare l'unità della coalizione o, per esprimerci in altri ma equipollenti termini, mettere a rischio il posto prenotato in Parlamento e al Governo. L'astensione aumenta il suo peso specifico in termini di valutazione politica se teniamo conto che il voto a favore avrebbe sì conferito alla neo Commissione un certo orientamento, ma non avrebbe impegnato il Governo e il Parlamento ad avvallare le decisioni della Commissione, proprio perché l'ultima parola, banale a dirsi, in materia di esecutivo spetta al Governo e in materia legislativa al Parlamento.
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