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« Torna agli articoli di Stefano Magni
La vittoria di François Fillon alle primarie del centro-destra francese ha dell'incredibile. Nicolas Sarkozy, l'ex presidente super-favorito, lo definiva il "signor nessuno" o "il mio ex collaboratore" (era stato primo ministro, durante la sua amministrazione). I sondaggi lo davano quarto, molto indietro a Nicolas Sarkozy, ad Alain Juppé e Bruno Le Maire, con il 10% dei consensi. Nel giro di poche settimane ha vinto il primo turno sorpassando tutti e squalificando Sarkozy. Domenica ha battuto Alain Juppé, con una vittoria schiacciante: 67% dei voti della base di centro-destra. La Manif pour Tous, in particolar modo "Senso Comune", l'interfaccia politica della Manif, ha sempre creduto in lui. Fiducia ben riposta.
RADDRIZZARE LA SITUAZIONE
Cattolico, sposato e con cinque figli, una vita privata molto discreta, Fillon, nel 2007, quando era primo ministro, aveva dichiarato di sentirsi alla testa di "uno Stato fallimentare", per i conti pubblici e per la condizione della sua società civile. Non ha cambiato idea e ha un programma per raddrizzare la situazione, proprio a partire dai principi non negoziabili della famiglia, vita e istruzione. "La famiglia è il fondamento della nostra società, non c'è alcuna ragione che le famiglie siano penalizzate da una politica fiscale ingiusta". In Francia vige il quoziente familiare. Una famiglia con figli è avvantaggiata rispetto a una coppia senza figli e ancor di più a un single. Sebbene questo sistema non sia mai stato messo in discussione, nemmeno nei cinque anni del socialista François Hollande, il governo cambia frequentemente il plafond, cioè il massimo di differenza che una coppia senza figli paga in più rispetto a una famiglia con figli. Hollande aveva abbassato il plafond a 1510 euro. Fillon promette di riportarlo a 3000 euro, raddoppiando l'incentivo fiscale per le famiglie con figli.
Sebbene sia ormai tecnicamente impossibile cancellare la Taubira che istituisce il "matrimonio per tutti" (incluso quello omosessuale), Fillon promette di riformarla profondamente, cancellando l'adozione e vietando l'utero in affitto. Restringerà la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita per le sole coppie di uomo e donna e in casi manifesti di infertilità. Quindi, porte chiuse all'eterologa per le coppie gay. "Dopo il voto della Taubira, contro cui mi sono battuto, ho immediatamente dichiarato che, se fossi diventato presidente, avrei proposto al parlamento di riscrivere il diritto di adozione. Ho lavorato con giuristi ed esperti in diritto di famiglia. Propongo un testo che fissa il principio che il figlio è sempre frutto di un padre e di una madre".
CONSERVATORE NEI PRINCIPI
Per completare la riforma della società, Fillon intende rimettere mano all'istruzione pubblica, introducendo una maggior meritocrazia, punendo l'attuale classe dirigente fatta di "pedagoghi pretenziosi che hanno imposto programmi di chiacchiere e che hanno preso in ostaggio i nostri figli nel nome di un'ideologia egualitarista". Oltre a far iniziare le scuole dell'obbligo ai bambini di cinque anni, il candidato di centro-destra vuole escludere dai benefit pubblici le famiglie degli studenti più assenteisti.
Conservatore nei principi, Fillon lo è anche sulla sicurezza e in politica estera. Vuol dare una svolta sull'immigrazione ponendo fine all'eccessiva accoglienza della politica dell'attuale presidente, fissando quote e prevedendo l'espulsione di tutti gli elementi a rischio. Duro anche il programma sull'islam, che prevede sanzioni per chiunque intrattenga rapporti con lo Stato Islamico, la revoca della cittadinanza a chi va a combattere nelle sue file in Siria e Iraq, il blocco o comunque il maggior controllo dei finanziamenti esteri delle moschee, un maggior controllo sulla predicazione per combattere l'ideologia jihadista fin nelle moschee. Non sarà un programma laicista, comunque: il burkini, ad esempio, non verrà più vietato sulle spiagge. La sua linea di politica estera, coerentemente, prevede una maggior lotta all'Isis nelle sue roccaforti, anche scendendo a patti con Assad e soprattutto con la Russia. Moderatamente euroscettico, non intende ritirare la Francia dall'Ue, ma ridare peso ai governi nazionali. Il vecchio programma gollista dell'Europa delle Nazioni, insomma: meno peso alla Commissione, più peso al Consiglio d'Europa e al dialogo inter-governativo.
COMPLETA RIFORMA DELLO STATO
La novità di questa proposta è che non si tratta del classico programma di destra sociale, ma di un'agenda conservatrice che si integra con una completa riforma dello Stato. Vuole tagliare il numero dei funzionari fino a mezzo milione, aumentare le loro ore di lavoro da 35 a 39, liberalizzare i contratti di lavoro dei privati abolendo le 36 ore di lavoro a settimana (il tetto massimo sarebbe fissato a 48 ore) e "spezzare il monopolio dei sindacati", alzare l'età pensionabile fino a 65 anni, tagliare la spesa pubblica di 110 miliardi, abbassare le imposte dirette sugli utili fino al 25%. Vuole riformare la sanità, creando le condizioni per una maggior competizione fra pubblico e privato. "Che i francesi si assumano le loro responsabilità", dice di questo programma. Ma il pubblico sarà sempre lì a intervenire nel caso i cittadini si ammalino di mali gravi o cronici. Il privato e le tasche dei francesi saranno invece sufficienti per le malattie ordinarie e non mortali.
La destra sociale, come quella del Fronte Nazionale di Marine Le Pen, individua nella globalizzazione dei mercati la principale nemica dell'identità nazionale e della famiglia. La destra conservatrice di Fillon, al contrario, individua nello statalismo il principale disgregatore della società a partire dalla famiglia. La famiglia, per il candidato del centrodestra, deve poter tornare a respirare, essere gravata da meno tasse e meno regole. La sfida più interessante, con i socialisti al tramonto, sarà fra queste due visioni della destra. Quella proposta da Fillon è un caso più unico che raro nella storia recente francese. Se tutte le sue riforme dovessero andare in porto, sarebbe una rivoluzione paragonabile a quella di Margaret Thatcher nel vicino (geograficamente) e lontano (culturalmente) Regno Unito. Ma i milioni di dipendenti pubblici voteranno per lui? La sua è una scommessa forte e proprio per questo molto rischiosa.
Nota di BastaBugie: Robi Ronza nell'articolo sottostante dal titolo "Panzer, ma col sorriso: nasce il Trump style" parla delle bugie dei mezzi di comunicazione che dopo aver inventato i sondaggi contro Trump, adesso anziché un esame di coscienza continuano con le menzogne inventando una differenza tra gli atti del Trump presidente e quanto detto in campagna elettorale dal Trump candidato. In realtà Trump non si muove di un millimetro dagli obiettivi su cui si è impegnato con gli elettori.
Ecco dunque i passi significativi dell'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 novembre 2016:
Con la vittoria poi di Trump nelle elezioni presidenziali americane [...] né il Washington Post né il New York Times se la sentono di [...] lasciare spazio a un salutare esame di coscienza. Non insomma per chiedersi se c'è qualcosa che non va nella propria cultura politica e nelle proposte che ne derivano: non sia mai. Si è imboccata una nuova strada: quella della ricerca e se necessario dell'invenzione di quanto il Trump presidente sia diverso dal Trump candidato. Come dire: l'uomo ha fatto un po' il matto per raccogliere i voti, ma in fin dei conti sa che deve fare quello che diciamo noi. In realtà, se si vanno a vedere nel testo originale le dichiarazioni del nuovo Presidente su cui si stanno facendo i titoli dei giornali ci si accorge che l'uomo non si muove di un millimetro dagli obiettivi su cui si è impegnato con gli elettori.
In questo delicato periodo, in cui non è ancora in carica e sta formando il suo governo, semplicemente usa un tono più benevolo e conciliante nella forma; tutto qui. C'è un documento che al riguardo merita attenzione. Se tratta degli appunti del suo recente incontro a porte chiuse con lo stato maggiore del New York Times, uno dei giornali che gli avevano dato più addosso. Trump ha fatto il gesto di andare lui stesso ad incontrare il direttore e alcune firme importanti del quotidiano nella sua stessa sede. E' significativa pure la documentazione fotografica dell'entrata di Trump nell'atrio della sede del giornale, salutato da una folla di dipendenti, assiepati dietro a delle transenne, che lo fotografano con i loro telefonini. Gli appunti della conversazione, diffusi via Internet mano a mano che l'incontro aveva luogo, si trovano anche tradotti in italiano sul sito de la Repubblica. Dalla loro lettura si capisce quanto furbo e determinato sia Trump, e quanto incapaci siano i suoi interlocutori di capire la nuova realtà cui si trovano di fronte.
Stefano Magni nell'articolo sottostante dal titolo "Trump lancia la riconciliazione e nomina donne forti" parla della nomina di due donne importanti: Nikki Haley andrà all'Onu. Governatrice, imprenditrice, figlia di immigrati indiani, è simbolo dell'integrazione riuscita. Betsy DeVos, paladina della libertà di educazione, è segretaria all'Istruzione e promette una svolta. Al commercio forse andrà Wilbur Ross, figura chiave per la visione economica di Trump.
Ecco dunque i passi significativi dell'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 25 novembre 2016:
Un discorso per la riconciliazione nazionale dopo una delle "campagne elettorali più dure della storia recente della nazione". Così Donald Trump si presenta con un discorso alla nazione, il primo da presidente eletto. Le sue parole sono accompagnate dall'annuncio di due nuove nomine, dense di significato: Nikki Haley sarà ambasciatrice degli Usa all'Onu, Elisabeth "Betsy" DeVos sarà segretaria all'Istruzione. Secondo i media, Wilbur Ross sarà segretario al Commercio.
Il discorso di Trump, pronunciato in occasione del Giorno del Ringraziamento, una delle feste più importanti degli Stati Uniti, è stato tutto all'insegna dei toni rassicuranti e della riconciliazione nazionale. Certo "le tensioni non si risanano in una notte", ha esordito il neo-presidente. Ma "La mia preghiera nel Giorno del Ringraziamento è che curiamo tutte le nostre divisioni e facciamo passi in avanti verso un Paese più forte. Abbiamo davanti a noi l'opportunità di scrivere la storia insieme e di portare un cambiamento reale a Washington, la vera sicurezza nelle nostre città e una prosperità autentica per le nostre comunità. Vi chiedo di unirvi a me in questo sforzo, è ora di recuperare i rapporti di fiducia tra i cittadini". Ha citato Abraham Lincoln, il riunificatore del paese (nella Guerra Civile del 1861-1865), nonché il fondatore del Partito Repubblicano, per esortare la nazione a "parlare con una sola voce e un solo cuore". E così ha anche smentito certe simpatie per il Ku Klux Klan e altri razzisti. "E' questo quel che dobbiamo fare. Questa campagna elettorale storica è finita. Ora comincia una grande campagna per ricostruire il nostro Paese e recuperare la promessa piena di un'America per tutti".
La nomina di Nikki Haley è effettivamente all'insegna della riappacificazione. Se non altro quella all'interno del suo partito. Governatrice della South Carolina, [...] è figlia di immigrati indiani, imprenditrice e politica lanciata dal movimento anti-statalista Tea Party allora ai suoi albori. Fu testimonial d'eccezione di un altro modo di essere immigrata e di un altro modo di intendere la femminilità, rispetto ai cliché multiculturali dei progressisti. "Io sono una figlia orgogliosa di immigrati indiani - aveva dichiarato la Haley nel 2012, durante la campagna elettorale di Mitt Romney - che ogni giorno hanno ricordato a me, ai miei fratelli, a mia sorella, quanto fossimo fortunati a vivere in questo Paese. Nessun giorno è stato facile. Non c'è stato alcun giorno in cui mamma e papà non abbiano speso tutte le loro energie per trasformare la nostra azienda in un successo". La Haley rappresenta bene la famiglia-imprenditrice di immigrati, che si rimbocca le maniche e ha successo senza alcun aiuto. Il governo federale, così come è stato impostato da Obama, è un peso, non un sostegno: "È triste dirlo, ma la parte più dura del mio lavoro continua ad essere questo governo federale, questa amministrazione, questo presidente. Come ho detto, i miei genitori, venendo in America, amavano questa idea: l'unica cosa che ostacola il tuo successo sono i paletti che tu stesso ti poni. Sfortunatamente, negli ultimi anni, puoi anche lavorare duramente, cercare di aver successo, rispettare le regole, ma il presidente Obama cercherà sempre di metterti i bastoni fra le ruote". Da donna repubblicana "che non deve chiedere mai" ad ambasciatrice all'Onu: andrà a rappresentare l'America che ora viene tacciata di razzismo e sessismo. Sempre che qualcuno abbia il coraggio di dirglielo in faccia...
Betsy DeVos è un altro simbolo della politica conservatrice e potrebbe dare il via a un'importante inversione di tendenza nell'istruzione, favorendo la libertà di scelta. Nel 1993, assieme al marito Dick, aveva contribuito alla stesura della legge sull'istruzione nel Michigan, il suo Stato. Da intendersi come la base di partenza per un progetto su scala nazionale per resistere alla progressiva statalizzazione dell'istruzione. L'American Federation for Children (Afc), da lei fondata, ha svolto un importante lavoro di lobbying per sostenere tutti i candidati favorevoli alla libertà di scelta dell'istruzione. Fra questi figuravano anche l'ex governatore della Louisiana Bobby Jindal e l'ex governatore dell'Indiana Mitch Daniels. Quest'ultimo ha effettivamente istituito un sistema di buono scuola nel suo Stato, che il suo successore Mike Pence ha poi ulteriormente esteso. Nelle elezioni di quest'anno, i candidati approvati e sostenuti dall'Afc erano 121, sia locali che nazionali. L'89% di essi è stato eletto. Betsy DeVos non intende la libertà di scelta dell'istruzione solo come "buono scuola", ma come restituzione alla famiglia della facoltà di educare i figli, in tutte le sue forme: "buono scuola, credito d'imposta, scuole virtuali, scuole inter-distrettuali, home schools e charter schools". L'importante è, dal suo punto di vista, arrestare la tendenza attuale che procede speditamente verso il monopolio statale su scala nazionale. Dal suo punto di vista, è esattamente questa la causa del progressivo calo di rendimento delle nuove generazioni. Come si può ben immaginare, la storia di Betsy DeVos è stata caratterizzata da una lotta continua contro i potenti sindacati degli insegnanti. E non c'è da stupirsi che i media, anche in Italia, si stiano ora accanendo contro di lei, mettendola in cattiva luce in tutti i modi. [...]
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