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« Torna agli articoli di Stefano Magni
A Washington DC, lungo il National Mall, il grande viale verde che conduce fino al Campidoglio (la sede del Congresso degli Usa), hanno sfilato decine di migliaia di uomini, donne e bambini, almeno 100mila secondo Fox News. Erano i manifestanti della Marcia per la Vita, l'evento annuale inaugurato nel 1973 per protesta contro la sentenza Roe vs. Wade che legalizzò l'aborto in tutta la federazione nordamericana. Molte le autorità presenti, fra cui Paul Ryan (presidente della Camera). Ma anche un ospite speciale, apparso in video dalla Casa Bianca: il presidente Donald Trump. Si tratta di un evento storico, poiché, in tutte le sue 45 edizioni, il grande evento pro life non aveva mai registrato la partecipazione di un presidente in carica.
UN MOVIMENTO NATO DALL'AMORE
"La Marcia per la Vita è un movimento nato dall'amore" - ha dichiarato un Trump, più sereno che mai, nel Giardino delle Rose della Casa Bianca. Una scelta fortemente simbolica. I manifestanti pro-life sono infatti soliti regalare una rosa ad ogni membro del Congresso. "Voi amate la vostra famiglia, amate il prossimo, amate la nazione, amate ogni bambino, nato e nascituro, perché credete che ogni vita sia sacra, ogni bambino è un prezioso dono di Dio. Noi sappiamo che la vita è il miracolo più grande. Lo vediamo negli occhi di ogni nuova madre che culla il suo meraviglioso, innocente, glorioso neonato nelle sue braccia amorose. Io voglio ringraziare ogni persona qui, oggi, e in tutto il nostro paese che lavora col passione e con devozione infaticabile per permettere ad ogni genitore di godere di tutto l'aiuto necessario per scegliere la vita". Si è trattato, sin dall'inizio di un breve, ma intenso discorso, molto emozionale e sentito, apprezzato sinceramente dai militanti pro-life. Ha lasciato di stucco quegli osservatori politici che non si aspettavano una presa di posizione così drastica da parte di un presidente che, sino a nemmeno un decennio fa, era dichiaratamente abortista.
Nel 1999, infatti, intervistato dalla Tv Nbc, Trump si era definito: "molto pro-choice", dove per pro-choice, negli Usa, si intende chi è a favore dell'aborto legale. "Io odio il concetto stesso di aborto - aveva detto anche allora (quando era ancora finanziatore del Partito Democratico) - lo odio, odio tutto ciò che comporta. Soffro quando sento la gente che ne discute. Ma comunque credo nella libertà di scelta". Anche quando l'intervistatore gli aveva posto una domanda sull'aborto tardivo, Trump aveva ribadito: "No, no, sono pro-choice sotto ogni aspetto". Da abortista riluttante, comunque per la libertà di scelta, qualcosa è cambiato nelle dichiarazioni di Trump agli albori della sua corsa alla Casa Bianca, in campo repubblicano, poco prima della sua candidatura, nel 2015. I conservatori, fra i Repubblicani, non gli avevano creduto. Mossa propagandistica e opportunista, si diceva e nella durissima campagna per le primarie, i candidati che avevano un passato di militanti pro-life lo attaccavano a testa bassa. Una volta divenuto presidente, tuttavia, Trump ha dimostrato di credere veramente alla causa. Il suo intervento alla Marcia per la Vita, prima di tutto: finora i presidenti in carica più sensibili alla causa si erano limitati a interventi telefonici nel loro ultimo anno di amministrazione del loro secondo (e ultimo mandato), quando possono concedersi qualche libertà perché ormai hanno finito il lavoro e non devono essere rieletti. Così Ronald Reagan intervenne telefonicamente nel 1987 e George W. Bush nel 2008. Al contrario, Donald Trump ci mette la faccia e lo fa alla conclusione del suo primo anno di amministrazione, dunque quando il suo operato è ancora sotto la lente di ingrandimento dei media e dell'opinione pubblica, a tre anni dalla sua possibile rielezione.
MOSSE CONCRETE
La politica pro-vita rivendicata da Trump nel suo discorso è fatta di alcune mosse concrete, anche se il corpo delle leggi è ancora smilzo, a causa delle opposizioni in Congresso (che arrivano anche da una parte del Partito Repubblicano). "Nella mia amministrazione - ha dichiarato il presidente americano - difenderemo sempre il primo diritto della Dichiarazione di Indipendenza, il diritto alla vita". La prima legge rivendicata è quella che ristabilisce la Mexico City Policy, introdotta da Ronald Reagan e ripristinata da tutti i suoi successori repubblicani: si tratta del divieto di finanziare con fondi federali le Ong che promuovono all'estero politiche di pianificazione familiare. Proprio questa settimana, il presidente ha firmato un ordine esecutivo che istituisce un apposito ufficio per la protezione dei diritti dei medici e paramedici obiettori che rifiutano di praticare aborti. Un'altra legge promossa dall'amministrazione, consente ai singoli Stati degli Usa di tagliare i fondi pubblici del programma Medicaid (programma federale che copre le spese mediche alle famiglie meno abbienti) destinate a Planned Parenthood, il più grande fornitore di servizi abortisti in America. Ancora in fase di discussione al Congresso e caldeggiata dall'amministrazione, c'è la legge contro gli aborti tardivi. Se dovesse passare, renderebbe illegali gli aborti di feti oltre la 20ma settimana, con pene che arrivano fino a 5 anni di carcere per i trasgressori.
La politica di Donald Trump paga, in termini elettorali? Per ora è una scommessa ancora molto ardua. Di sicuro la presa di posizione pro-life è ancora un rischio, stando ai sondaggi. I pro-choice sottolineano sempre che la maggioranza degli americani, almeno più del 50%, è sempre favorevole all'aborto legale. Tuttavia la tendenza si sta invertendo. Come rileva un sondaggio commissionato dai Cavalieri di Colombo, se è vero che la maggioranza è favorevole all'aborto legale in senso lato, ben il 76% degli americani è favorevole a porre limiti alle pratiche abortive e il 63% è per il divieto dell'aborto tardivo.
Nota di BastaBugie: Benedetta Frigerio nell'articolo sottostante dal titolo "Trump celebra la libertà religiosa, la priorità scordata" spiega che mentre Obama ha varato leggi contrarie al credo di parte della popolazione, Trump commemora la libertà religiosa perché "è un diritto sacro elargito da Dio" che precede ogni libertà e ricordando ai credenti ciò che hanno dimenticato.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 gennaio 2018:
"Nessun americano - che sia una suora, un infermiere, un pasticcere o un imprenditore - dovrebbe essere costretto a scegliere tra i princìpi della sua fede e l'ubbidienza alla legge". Sono le parole del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nell'istituzione della giornata commemorativa della libertà religiosa il 16 di gennaio.
Il fatto è sicuramente significativo per due ragioni: la prima è che per otto anni l'amministrazione Obama ha varato leggi contrarie al credo di parte della popolazione recando sofferenza e alimentato la paura di fronte a coloro che sono stati multati, discriminati o licenziati per essersi rifiutati di disobbedire alla propria coscienza (basti pensare cosa hanno patito le Little sister of poor, la Hobby Lobby o le decine di fioristi, panettieri e fotografi a causa della legge). Anni in cui cattolici, protestanti e persone di buona volontà hanno cercato di resistere ad una delle amministrazioni democratiche più radicali della storia, rischiando di vedersi definitivamente privati di ogni libertà da una vittoria della sinistra di Hillary Clinton.
Come aveva promesso in campagna elettorale, Trump ha cercato di arginare la deriva. E non solo lo ha fatto con una velocità e una costanza inaspettate ma ha cercato anche di ingaggiare una battaglia teorica e legislativa d'attacco, abolendo alcune leggi contrarie alla libertà di pensiero approvate da Obama. Infatti, ha continuato il presidente, chi non ha "riconosciuto l'importanza della libertà religiosa, minacciando conseguenze fiscali per alcune forme di espressione religiosa" ha obbligato "le persone a rispettare delle leggi che violano le loro convinzioni religiose (...) perciò subito dopo il mio insediamento, ho fatto fronte a queste problematiche tramite un ordine esecutivo necessario a garantire che gli americani riescano ad obbedire alle loro coscienze senza interferenze ingiuste da parte del governo". Motivo per cui "il Dipartimento di Giustizia ha dato delle direttive alle agenzie federali sull'adeguamento alle leggi protettive della libertà religiosa".
Ma perché la libertà religiosa è così fondamentale? Secondo il presidente americano, "i nostri padri pellegrini, cercando rifugio dalla persecuzione religiosa, credevano nell'eterna verità per cui la libertà non è un dono elargito dal governo, ma un diritto sacro elargito da Dio Onnipotente". Dunque, "la nostra Costituzione e le nostre leggi garantiscono agli americani il diritto non solo a credere a ciò in cui credono, ma di professare liberamente la loro religione". Anche per questo, l'America continuerà a condannare e a "combattere l'estremismo, il terrorismo e la violenza contro i credenti, compreso il genocidio attuato dallo Stato islamico in Iraq e in Siria contro gli yazidi, i cristiani e i musulmani sciiti. Non ci stancheremo di continuare nel nostro impegno a monitorare la persecuzione religiosa e ad attuare politiche che promuovano la libertà religiosa".
In poche parole il presidente degli Stati Uniti ha sancito il primato del diritto naturale, della società e quindi della persona rispetto allo Stato, chiarendo che solo tutelando il suo diritto primario della libertà religiosa si può pensare ad un governo a servizio dei cittadini e non viceversa. Senza un tale baluardo la persona non ha infatti difese, come anche la Chiesa ha sempre sostenuto. Fa ancora pensare, immaginando a cosa sarebbe accaduto ai credenti nel caso in cui le elezioni presidenziali si fossero concluse con la Clinton alla Casa Bianca, che nonostante ciò tanti cattolici avevano seri dubbi sulla scelta fra Trump e la Clinton.
Forse anche perché la mentalità monda è così pervasiva che molti di loro non comprendono più quello che Trump ha invece deciso di predicare senza sosta, ossia che esiste qualcosa di non negoziabile, qualcosa che non si può eliminare senza pesanti conseguenze su tutto l'impianto sociale. Per cui, ha concluso il presidente, invitando "tutti gli americani a commemorare questa giornata con eventi e attività" e senza vergognarsi delle proprie radici cristiane: "Proclamo il 16 gennaio 2018 come Giornata della libertà religiosa (...) nell'anno duemiladiciotto di nostro Signore, duecentoquarantaduesimo dell'indipendenza degli Stati Uniti d'America".
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