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« Torna agli articoli di Stefano Magni
Si pensava che le elezioni del 2000 fossero state le peggiori della storia recente degli Usa, quando il risultato finale (vittoria di George W. Bush) venne decretato dalla Corte Suprema dopo un riconteggio dei voti in Florida. Le elezioni del 2020 sono già molto peggio. A decidere il vincitore, oltre agli elettori, saranno molto probabilmente postini e giudici. E liste elettorali che includono anche elettori bicentenari, ovviamente defunti ma ancora in grado di votare. Ieri Trump ha ancora denunciato brogli e ha annunciato che farà battaglia legale, in conferenza stampa.
Il problema non si porrebbe se l'esito fosse stato una chiara vittoria di uno dei due candidati. Così doveva essere, secondo i sondaggi: avrebbe dovuto essere una facile vittoria di Joe Biden. Invece i sondaggi hanno clamorosamente sbagliato previsioni, come nel 2016. [...] È lecito chiedersi se i sondaggi abbiano commesso un errore statistico grossolano per la seconda volta di fila, o se la loro sotto-stima dell'elettorato di Trump fosse voluta. In ogni caso, il loro pronostico ha contribuito ad inquinare la campagna elettorale, cambiando completamente la percezione della realtà fino all'ultimo giorno prima del voto.
Sebbene lo spoglio non sia ancora finito, la campagna di Trump sta denunciando brogli e chiedendo riconteggi negli Stati chiave. La decisione di Trump di ricorrere viene rappresentata dalla narrazione mediatica come un sopruso, quando non un tentativo di golpe. Va detto, prima di tutto, che ricorrere alla Corte Suprema non è un atto eversivo, in un governo della legge è legittimo: anche Al Gore ha chiesto il riconteggio nel 2000, senza per questo passare per golpista. Anzi: tuttora la vittoria di Bush è estremamente contestata. Se nel 2000 si era votato in circostanze normali, nel 2020 le elezioni sono state straordinariamente atipiche, perché a causa della pandemia, 100 milioni di persone hanno votato in anticipo, di cui 64 milioni per posta.
IL VOTO PER POSTA È MENO AFFIDABILE
Il voto per posta, contro cui si era battuta fino all'ultimo respiro l'amministrazione Trump è di per sé meno affidabile di quello ai seggi. Ogni Stato fissa le sue regole e alcuni hanno dimostrato controlli veramente laschi. In Pennsylvania, Stato-chiave per la vittoria, non è richiesto né il timbro postale che faccia fede per la data del voto, né la firma della ricevuta di ritorno. In North Carolina accettano voti fino a 9 giorni dopo l'Election Day. L'Arizona, altro Stato determinante, a spoglio già iniziato da 48 ore, ieri ha decretato che si accetteranno voti postali fino al 10 novembre: una regola cambiata in corsa. Quando Trump chiede di smettere di scrutinare e la campagna di Biden chiede di "contare ogni voto", si intende proprio questo: contare solo i voti depositati nell'urna entro il 3 novembre o fino a quando lo decidono le autorità locali? Come controllare che si sia votato effettivamente solo fino al 3 novembre?
Il voto postale, oltre ad essere sicuramente meno anonimo, più soggetto a pressioni e manipolazioni, è meno sicuro. In queste elezioni, stando a quel che denunciano i repubblicani, hanno votato anche i morti. Era già nell'aneddotica prima dell'Election Day la scheda spedita dal gatto di una famiglia di Atlanta, in Georgia. Il gatto è risultato poi esser anche morto. Sebbene fosse un uomo, William Bradley, classe 1902, è morto nel 1984, eppure "ha votato" in Michigan. Sempre nel Michigan, a Detroit, l'elettore più anziano finora scoperto è nato nel 1823, un uomo bicentenario.
Se ci si deve affidare al servizio pubblico postale, ci si deve prima di tutto fidare della sua correttezza ed efficienza. Un'associazione conservatrice di giornalismo investigativo, Project Veritas ha scovato, con un giornalista sotto copertura, un postino dell'Arizona (altro Stato determinante e conteso) intento a spacciare schede bianche non utilizzate perché inviate a indirizzi sbagliati. Infine, ma non da ultimo, il servizio postale è imparziale? Il sindacato delle poste ha dato il suo sostegno ufficiale a Joe Biden già in agosto.
Quante saranno queste anomalie non è dato saperlo, ma anche nei conteggi stessi c'è qualcosa che non torna. Fra le 3 e mezza e le 5 del mattino del 4 novembre, in Wisconsin sono stati scrutinati 140mila voti... tutti per Biden, 200mila in Michigan e 1 milione in Pennsylvania. Sono arrivati tutti assieme e tutti alla stessa ora. I "fact checkers" affermano che sia tutto regolare, ma che si tratti solo di un modo di contare e registrare i voti per candidato. La campagna di Trump ne dubita, soprattutto considerando che queste ondate di voti blu, compatte e sincronizzate, hanno ribaltato due risultati su tre (Wisconsin e Michigan). Lasciano a bocca aperta i dati sull'affluenza. In Wisconsin ha veramente votato l'89% dell'elettorato? Come abbiamo visto anche ieri, in alcune contee dello Stato-chiave del Midwest il numero di voti ha superato quello degli aventi diritto. In due seggi era addirittura il 200% degli iscritti.
UN'ANOMALIA DIFFICILE DA SPIEGARE
Più in generale, il dubbio viene confrontando i dati sul voto al Congresso e quello per il presidente. Normalmente il partito al Congresso gode di una stima inferiore presso l'elettorato del presidente che esprime. La fiducia nell'istituzione del Congresso è mediamente più bassa rispetto a quella riposta nel presidente. Eppure, nel voto del 2020 i Repubblicani guadagnano punti alla Camera (sei seggi in più) e stanno conservando la maggioranza in Senato. Eppure il presidente perde. È un'anomalia statistica veramente difficile da spiegare. Altra anomalia è storica: come dimostrano tutte le ultime elezioni, chi vince Florida e Ohio vince anche il Paese. Sarebbe praticamente la prima volta che un presidente vince in entrambi gli Stati e però perde le elezioni.
Non stupisce affatto che vi siano denunce di brogli, specie se, appunto, le circostanze di voto sono così difficili e il voto per posta è tanto esteso quanto inaffidabile. Stupisce invece la foga con cui viene smentita categoricamente ogni ipotesi di broglio elettorale da parte dei mass media. Quegli stessi mass media che per quattro anni hanno denunciato "interferenze" da parte della Russia nelle elezioni vinte da Trump nel 2016, ora parlano di "disinformazione" sui brogli, probabilmente sempre di provenienza russa. Oltre a ciò, si scatena la furia censoria con cui i social network, Twitter in particolar modo, cancellano tutti i post in cui si denunciano brogli sospetti. Censurare tutto quel che dice una delle due parti politiche in corsa elettorale, cancellare i commenti del presidente stesso, è o non è una "interferenza" peggiore ancora rispetto a quella attribuita alla propaganda russa nel 2016? Senza queste notizie non è possibile capire gli appelli di Trump e della campagna repubblicana: appaiono come futili lamentele o inviti alla sovversione. Alla fine del processo elettorale, però, non saranno i mass media a sentenziare sulla regolarità del voto, ma i giudici della Corte Suprema. E non è il massimo della vita, per la democrazia liberale più antica.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Stefano Magni, nell'articolo seguente dal titolo "Vince Joe Biden, chi ha dubbi sul voto è un eversivo" parla delle elezioni Usa dove non c'è ancora un presidente eletto ufficialmente. Evidenti i brogli elettorali negli Stati chiave, ma chiunque ne parli, perfino il presidente degli USA, viene censurato da Twitter per diffusione di fake news.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 5 novembre 2020:
Alla mezzanotte (ora italiana) del 4 novembre, appare ancora abbastanza confuso il risultato delle elezioni americane: una vittoria di Biden, ma già dimezzata in partenza. Il presidente in carica, Donald Trump, non intende concedere la sconfitta, perché denuncia presunti brogli elettorali, soprattutto negli Stati-chiave di Pennsylvania, Michigan, Wisconsin. E intanto i Repubblicani stanno ottenendo altri successi che azzoppano la nuova (ancora eventuale) amministrazione democratica: si avviano alla conferma della maggioranza in Senato e riducono le distanze alla Camera, oltre a conquistare uno Stato in più, il Montana.
La campagna di Trump e il suo avvocato Rudy Giuliani denunciano sospetti di brogli elettorali "massicci" in Pennsylvania, dove un gran numero di schede votate e spedite per posta "arrivano da Marte", per usare le parole dell'ex sindaco di New York. Sempre in Pennsylvania, la campagna di Trump ha denunciato l'espulsione di rappresentanti di lista repubblicani dai seggi nel corso dell'Election Day, la presenza di attivisti democratici che volantinavano sin dentro le cabine elettorali e l'inspiegabile chiusura dei seggi elettorali prima dell'orario di lavoro... ma solo quelli nelle aree già note come filo-repubblicane. Lo stesso Giuliani si appresterebbe a far causa anche ad un altro Stato, probabilmente il Michigan, dove la conta dei voti ha registrato delle stranezze di ogni genere. Se fino alla mezzanotte del 3 novembre appariva ormai certa la vittoria di Trump, la maggioranza si è invertita di colpo, dando la maggioranza a Biden, per un pugno di voti. Secondo una proiezione del 4 novembre Biden avrebbe conquistato gli ultimi 138mila voti in un blocco unico. In pratica, dopo una certa ora, gli scrutatori hanno trovato solo schede con il voto a Biden? Su sollecitazione della Corte Suprema, è risultato trattarsi di un errore delle autorità di una contea che avrebbe sbagliato a riportare il dato elettorale, aggiungendo uno zero. Ma intanto la maggioranza si è ribaltata di colpo. Normale che i team di avvocati di Trump ora voglia andare a fondo.
Il problema è che questa legittima voglia di trasparenza, in una tornata elettorale unica nel suo genere (100 milioni di voti postali e anticipati, 2 mesi di votazioni) passa per essere un "tentativo di colpo di Stato" di Donald Trump. Media, social media e manifestanti si comportano di conseguenza. Le televisioni che hanno seguito in diretta il voto (tutte, inclusa Fox News) hanno seguito la regola di non attribuire la vittoria a Trump negli Stati che di volta in volta si aggiudicava, a meno che lo scrutinio non fosse completo al 100% (al contrario, anche gli Stati con meno della metà dei voti contati, venivano assegnati ai Democratici se questi erano in testa). I social media, in particolar modo Twitter, avevano già annunciato di voler cancellare tutti gli eventuali messaggi prematuri di vittoria di Donald Trump, proprio per limitarne l'eventuale carica eversiva. Siccome la realtà è ricca di imprevisti, è stato Joe Biden, a seggi appena chiusi, a tenere un piccolo discorso a Wilmington nel "suo" Delaware, che era praticamente un discorso di vittoria: dopo aver invitato gli elettori già in coda a votare anche dopo la chiusura dei seggi, ha chiesto la fiducia dei suoi, si è detto certo dell'esito positivo del voto in un momento in cui (altra stranezza) lo spoglio veniva interrotto per una lunga pausa in molti Stati ancora in bilico in cui il presidente era in vantaggio, fra cui la Pennsylvania. La risposta di Trump non si è fatta attendere su Twitter e il social, come promesso, ha censurato il messaggio. Il testo recitava: "Siamo avanti, ALLA GRANDE, ma stanno cercando di rubarci le elezioni. Non glielo dobbiamo permettere. Non si deve poter votare dopo la chiusura dei seggi". Dopo pochi minuti era invisibile e non più condivisibile. Sarebbe stato il primo di una lunga serie di messaggi, anche del presidente, cancellati deliberatamente da Twitter. E nel corso della giornata anche fonti di informazione legati al partito repubblicano, giornalisti indipendenti conservatori e osservatori di parte del Gop sono stati sospesi. Vietato dalle regole del social anche condividere notizie sugli strani casi dello spoglio nel Wisconsin (sospetto che vi fossero più voti che elettori) e del Michigan (l'incredibile 100% registrato da Biden nelle ultime 138mila schede di cui sopra): tutte "fake news", cancellate dal social e poi smentite pubblicamente dai fact checkers.
Eppure era Trump ad aver rubato la vittoria nel 2016, grazie agli hacker russi... su quel sospetto si è svolta un'indagine durata quasi tre anni. Indagare sul sospetto di brogli democratici, al contrario, è considerato un atto di eversione a favore di Trump. Ad avere i media e i social media dalla propria parte, si può questo ed altro.
IL VIDEO CHE YOUTUBE CI HA CENSURATO
Nel seguente video (durata: 18 minuti) dal titolo "Cosa c'è dietro alle elezioni americane 2020" si può vedere un reportage dettagliato su tutto ciò che ha condizionato pesantemente il duello Trump-Biden.
Avevamo pubblicato il video su YouTube, ma ci è stato rimosso con una motivazione di sole due parole: "Contenuti inappropriati". Probabilmente per YouTube la libertà vale solo se dici quello che vogliono loro, altrimenti sei "inappropriato"!
https://rumble.com/vcjqhu-tutti-i-brogli-delle-elezioni-americane-2020-trump-biden.html
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